A proposito dei reati tributari: l'estraneità al reato nella confisca per equivalente dei beni della società

AutoreDomenico Potetti
Pagine483-489
483
Rivista penale 5/2013
Dottrina
A PROPOSITO DEI REATI
TRIBUTARI: L’ESTRANEITÀ
AL REATO NELLA CONFISCA
PER EQUIVALENTE DEI BENI
DELLA SOCIETÀ
di Domenico Potetti
SOMMARIO
1. La società è soggetto estraneo al reato? Introduzione. 2.
La giurisprudenza di legittimità in tema di conf‌isca sui beni
dell’ente. 3. Soluzione def‌initiva della questione sul piano
generale della conf‌isca. 4. L’elemento soggettivo del terzo
estraneo.
1. La società è soggetto estraneo al reato? Introduzione
Com’è noto, la c.d. conf‌isca tributaria è stata introdotta
dall’art. 1, comma 143, della l. n. 244 del 2007, il quale
prevede che nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis,
10 ter, 10 quater e 11 del d.l.vo n. 74 del 2000, si osservano,
in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322 ter
c.p. .
La questione in esame è quella della conf‌isca tributaria
dei beni della società quando il reo ne sia l’amministra-
tore.
Da una mera lettura dell’art. 322 ter c.p. si evince che
(a parte il concetto di disponibilità, che non affronteremo
in questa sede per ragioni di spazio) la soluzione della que-
stione sta essenzialmente (anche se non esclusivamente)
nella discussa estraneità della società rispetto al reato del
suo amministratore.
A tale proposito, un’imperfezione letterale dell’art.
322 ter c.p. sta in ciò, che l’elemento della estraneità al
reato, ostativo alla conf‌isca, è previsto solo per la conf‌isca
ordinaria, ma non per quella per equivalente; ma ciò non
può signif‌icare che esso non si applichi anche alla conf‌isca
per equivalente.
Diversamente opinando ne deriverebbe una collisione
(che l’interprete deve quindi evitare) quantomeno con la
tutela costituzionale della proprietà, il cui sacrif‌icio (nei
confronti del soggetto estraneo al reato) sarebbe, in quan-
to tale, ingiustif‌icato (art. 42 Cost.).
Correttamente quindi la Cassazione (1) ha affermato
che i beni (da sequestrare, in quel caso) non devono ap-
partenere a persona estranea al reato; condizione, questa,
comune a tutte le ipotesi di conf‌isca di cui all’art. 322 ter
c.p..
Ciò posto, secondo parte della dottrina (2), anche
nell’ipotesi di scissione fra autore del reato ed ente - bene-
f‌iciario di esso, sarà comunque possibile applicare la conf‌i-
sca per equivalente sui beni sociali in quanto, anche se i
beni appartengono formalmente alla società (benef‌iciaria
dell’evasione), il suo amministratore (reo), sia di fatto che
di diritto, ne ha comunque la disponibilità.
Inoltre, sostiene questa dottrina, l’amministratore, sal-
vo che non si provi la sua c.d. infedeltà (cioè l’aver agito
per un proprio interesse), il che pare diff‌icile nei reati
tributari, opera comunque nell’interesse della società be-
nef‌iciaria dell’evasione; pertanto, quest’ultima non potrà
essere considerata estranea al reato.
Tale opinione è stata a sua volta criticata da altra dot-
trina (3), la quale ha sostenuto che questa linea ermeneu-
tica non integrerebbe una mera interpretazione estensiva
dell’art. 322 ter c.p., bensì una vera e propria analogia le-
gis, fondata sulla necessità di valorizzare le (condivisibili)
istanze politico-criminali sottese all’introduzione della
conf‌isca per equivalente nel sistema penale tributario.
Per questa via, però, si violerebbe il divieto costitu-
zionale di applicazione analogica della legge penale, che
vincola il giudice alla stretta osservanza di quanto il legi-
slatore è chiamato, sulla base dell’art. 25, comma 2, Cost.,
a stabilire tassativamente.
Del resto, si è proseguito, una volta svelata la natura
della conf‌isca di valore quale autentica sanzione penale,
caratterizzata da tratti aff‌littivo-sanzionatori, ne deriva
l’applicazione delle garanzie consistenti nel principio di
tassatività e nel divieto di analogia.
Altre voci critiche rispetto alla soggezione dei beni del-
l’ente (cui appartenga il reo amministratore) alla conf‌isca
per equivalente si sono levate proprio invocando l’estra-
neità della società rispetto al reato (4).
Su questo versante, in dottrina (5) si è ritenuto che
l’estraneità al reato caratterizza tutti coloro che non han-
no preso parte alla realizzazione dell’illecito, vale a dire
l’autore e i compartecipi, sicché una persona andrebbe
considerata estranea al reato in quanto non abbia concor-
so, né materialmente né moralmente, al reato stesso.
Secondo questa tesi, andrebbe quindi considerata
estranea al reato la persona giuridica (mera intestataria

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