Sulla proporzione fra offesa e reazione nell'ambito della scriminante per legittima difesa
Autore | Umberto e Riccardo Mignosi |
Pagine | 935-936 |
Page 935
-
Introduzione. - Com'è noto, la legittima difesa (vim vi repellere licet, dei Romani) è una causa di giustificazione; essa, da tempo immemorabile, si trova espressamente riconosciuta in tutte le legislazioni penali. Il nostro codice penale la prevede nell'art. 52: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa».
Sul fondamento di questa scriminante si è molto discusso. Tra le tante, un'opinione molto suggestiva è quella del MANZINI 1, secondo cui l'aggredito è giustificato perché esercita una funzione pubblica: trovandosi lo Stato nell'impossibilità di intervenire tempestivamente, vi sarebbe una delegazione della potestà di polizia al privato per ragioni di necessità. Questa spiegazione non è però soddisfacente, soprattutto perché i poteri del delegato non possono essere diversi da quelli del delegante, mentre l'aggredito avrebbe la facoltà di reagire con azioni che, di regola, non sono consentite agli organi di polizia e contro fatti che non presentano gli estremi di un reato.
La reazione è autorizzata dall'ordinamento giuridico perché l'offesa all'aggressore è indispensabile per salvare l'interesse dell'aggredito. Poiché questo interesse per la società ha un valore superiore a quello dell'aggressore, manca nel fatto quel danno sociale che giustifica l'intervento dello Stato con la sanzione punitiva.
La legittima difesa implica da un lato un'aggressione; dall'altro una reazione. Sia l'aggressione che la reazione sono sottoposte a condizioni.
-
Requisiti dell'aggressione.
1) Oggetto dell'attacco deve essere un diritto. Il codice, usando l'espressione «diritto», ha esteso la facoltà di difesa a tutti i diritti indistintamente. Vi sono perciò compresi anche i diritti patrimoniali.
Ma è opportuno ricordare che l'art. 2 della Convenzione dei diritti dell'uomo consente l'omicidio per legittima difesa soltanto di fronte ad un attacco alla vita o alla libertà delle persone.
Riguardo alle modalità dell'aggressione, non si richiede una violenza perché il codice parla solo di «offesa». La legittima difesa, quindi, è ammessa anche di fronte al pericolo di uso di mezzi non di per sè violenti (per es. di un gas o di un narcotico) ed inoltre dinanzi ad un atteggiamento passivo, come nel caso dell'individuo che, piantandosi davanti all'uscio, cerchi di impedirmi di entrare. Non è necessario che la minaccia si sia concretata nel tentativo di un delitto.
2) La minaccia al diritto deve essere ingiusta, e cioè in contrasto con i comandi dell'ordinamento giuridico. Per l'ingiustizia dell'attacco non è peraltro necessario che questo concreti un reato e tanto meno che l'aggressione sia punibile. La legittima difesa, quindi, è ammessa contro il fatto illecito di persone che godano di un'immunità penale (per es. il rappresentante di un governo estero). È pure consentita contro gli individui non imputabili, e...
-
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA