Il profilo metodologico. Aspetti generali

AutoreVentura, Nicoletta
Pagine115-141
CAPITOLO TERZO
IL PROFILO METODOLOGICO
SEZIONE PRIMA
ASPETTI GENERALI
Sommario: 1. Tecnica della dissimulazione investigativa e lex specialis: ratio della pe-
culiare opzione sistematico-legislativa. 2. Segue. Qualche osservazione sui vantaggi
e sugli inconvenienti derivanti dall’adozione di un tale metodo legislativo in subiecta
materia. 3. Segue. Le obiezioni dottrinali. 4. Le investigazioni simulate della poli-
zia giudiziaria come indice normativo dell’adozione di una metodologia processuale
differenziata. 5. Il trend legislativo alla connessione tra incriminazione e soluzioni
procedimentali diversificate. 6. Segue. I riverberi sul piano della disciplina normativa
dell’attività sotto copertura della polizia giudiziaria. 7. Il piano applicativo: selettività
operativa dell’istituto. 8. Segue. Dal carattere simmetrico delle disposizioni dettate in
materia all’assimilabilità degli effetti. 9. La specialità delle operazioni sotto copertura
dell’organo di polizia nella prospettiva normativo-internazionale. 10. Segue. I rilievi
critici degli studiosi.
1. Tecnica della dissimulazione investigativa e lex specialis:
ratio della peculiare opzione sistematico-legislativa.
Sotto il prolo metodologico-normativo, la materia dell’attività
sotto copertura della polizia giudiziaria sembra persuasa da una pecu-
liare opzione di politica legislativa, quella di afdarne la regolamenta-
zione alla normazione speciale, piuttosto che includerla nella sede
della codicazione. Senza dubbio, una scelta sistematica di siffatto te-
nore riette la specialità dell’argomento nel suo complesso; nel con-
tempo, in essa sembra riverberarsi l’inusso di una – predominante –
logica di tipo emergenziale: quest’ultima, per il suo essere connessa a
contingenti exploits delinquenziali registrati in un determinato periodo
storico, pare caratterizzata da una forte vocazione al soddisfacimento
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di prevalenti istanze di difesa sociale235 e naturaliter orientata verso
una concezione permeata da un’essenza giustizialista – peraltro, con-
validata dalla giurisprudenza di legittimità costituzionale che ha elabo-
rato il modulo assertivo «difesa della società dal delitto»236, nonché da
ulteriori regole stabilite in sede istituzionale237-, oltre che conforme ad
235 Sullo specifico punto, CAVALLARI, Lineamenti essenziali del processo penale dalla
Costituzione al nuovo codice, in Legisl. pen., 1991, 768; lo studioso osserva che la tecnica
della legislazione dell’emergenza ha implicato l’emanazione di provvedimenti legislativi «che,
per reagire alla crescita del terrorismo e della criminalità organizzata, sono chiaramente
orientati(e) a prevalenti esigenze di difesa sociale (Amodio), rafforzamento dei poteri della
polizia, limitazioni delle garanzie difensive, ampliamento dei casi e della durata della custodia
cautelare». Inoltre, si veda: MELILLO, L’agire provocatorio fra ricerca della notizia di reato
e ricerca della prova, cit., 97, il quale osserva come non appaia «sufficiente dire che si tratta di
strumenti individuati, sotto l’onda emergenziale, per rafforzare l’azione di contrasto di gravi
fenomeni criminali, accettandosi il rischio di pericolose compressioni della sfera di garanzie
individuali»; SPANGHER, Premessa, in AA.VV., Le nuove norme sulla tutela della sicurezza
dei cittadini (c.d. “Pacchetto sicurezza”), Commento coordinato da Spangher, cit., XI, secondo
cui, per la reale intenzionalità sottesa alla Legge 26 marzo 2001, n. 128, quest’ultima sembra
«inserirsi, unitamente alla l. n. 2 del 2001 (c.d. decreto antiscarcerazioni) nel novero – ormai
tradizionale – delle risposte emergenziali operanti – con innesti normativi – su profili diversifi-
cati delle varie materie attinenti alla politica criminale». In ogni modo, non va taciuto che, pur
rappresentando una reazione immediata e diretta a preoccupanti escalations criminose, il feno-
meno della legislazione dell’emergenza è stato – talora – stigmatizzato in ambito dottrinale, ove
non si è mancato di sottolinearne l’inclinazione a denaturare la funzione del legiferare in linea
generale e quindi, non soltanto con riguardo a casi particolari che impongono in modo prepon-
derante un intervento normativo. Così GAROFOLI, Giudizio, regole e giusto processo. I tor-
mentati itinerari della cognizione penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 514, secondo cui la
legislazione d’emergenza nascerebbe «in contrasto con le più elementari regole di produzione
legislativa», dal momento che si tratterebbe di «legge che guarda al singolo caso – o alla plu-
ralità di casi che hanno determinato l’aspettativa legislativa -», finendo, però, «giocoforza per
scardinare ampi settori normativi»; e ciò, a parere dell’A., dipenderebbe dalla relativa funzione
di reazione – e non già di regolamentazione -, posto che, così legiferando, si «accentua con
forza l’effettività della norma e l’asprezza della sanzione, volutamente dimenticando che il di-
ritto è soprattutto sguardo unitario, esercizio logico, rigore linguistico».
236 Al riguardo, v. Corte cost., sent. (18 maggio) 3 giugno 1992, n. 255, in Giur. cost., 1992,
1961 ss. (con nota di ILLUMINATI, Principio di oralità e ideologia della Corte costituzionale
nella motivazione della sent. n. 255 del 1992). In dottrina, si consulti: BONSIGNORI, Nuovi
profili processuali delle indagini motu proprio della polizia giudiziaria, in AA.VV., Le nuove
norme sulla tutela della sicurezza dei cittadini (cd “Pacchetto sicurezza”), Commento coordi-
nato da Spangher, cit., 166 s.
237 Si pensi allo Schema di delega legislativa per l’emanazione di un nuovo codice penale
(cfr. La riforma del codice penale, in Doc. giust., 1992, n. 3, 386 ss.), redatto, oltre dieci anni
or sono, da una commissione composta da autorevoli giuristi, nominata dall’allora Guardasigil-
li (Giuliano Vassalli) e presieduta dal Prof. Antonio Pagliaro. La considerazione di tale proposta
di riforma del codice penale – benché, oramai, obsoleta – dipenderebbe dal fatto che essa pro-
pone uno schema progettuale interessante, soprattutto per quanto concerne la parte speciale
dello stesso codice penale. In particolare, secondo l’anzidetta proposta, l’attuale rubrica del ti-
tolo V del Libro II del codice penale – in cui è sistematicamente collocato l’art. 416 bis c.p. –
sarebbe stata sostituita dalla seguente intitolazione: «Dei reati contro la sicurezza collettiva».
Tale modifica – come precisato nella Relazione illustrativa – avrebbe inteso specificare ulterior-
mente la connotazione dommatica del bene giuridico protetto dalle norme incriminatrici con-
template nel titolo così rubricato ed individuabile nella “sicurezza collettiva”; e ciò, in quanto
sarebbero state ravvisate maggiori concretezza e «sintonia con la struttura democratica dello

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