Profili di tutela nelle CC.DD. vendite a catena di vetture

AutoreNicoletta Corneli
Pagine494-496

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  1. Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte ha ribadito alcuni importanti principi in tema di «vendita a catena».

    Il fatto storico prende le mosse da un incidente stradale in cui è rimasto coinvolto il proprietario di un'auto, acquistata appena venti giorni prima.

    Il soggetto sinistrato, dichiarando che l'incidente era stato provocato da un difetto del sistema frenante del veicolo, ha citato in giudizio sia il venditore diretto (concessionario) sia il rivenditore intermedio (il distributore italiano), chiedendo la risoluzione dell'atto di compravendita della vettura ed il risarcimento dei danni subiti.

    In primo grado le richieste dell'attore vengono accolte; proposto gravame dalle parti soccombenti l'esito finale è stato ribaltato sia in secondo grado e poi confermato in Cassazione, con la condanna del consumatore nei confronti del rivenditore intermedio per le spese del giudizio.

    Nel caso di specie, infatti, si era eccepita una carenza di legittimazione passiva, a carico del rivenditore intermedio, in quanto nei suoi confronti nessuna azione compete al soggetto danneggiato il quale, invece, potrebbe esperire azione extracontrattuale agendo giudizialmente verso il fabbricante dell'auto stessa.

    In considerazione di ciò, la sentenza in commento statuisce la condanna del venditore diretto alla restituzione del prezzo dell'auto a seguito della dichiarata risoluzione del contratto di compravendita, riconoscendo un'azione contrattuale in capo all'attore.

    Salva l'azione di rivalsa della stessa concessionaria nei confronti del proprio venditore (rivenditore intermedio).

  2. Da questa sentenza si ricavano alcuni profili tipici della figura «delle vendite a catena» quali, ad esempio, l'autonomia di ciascun contratto di vendita inerente lo stesso bene e, quindi, l'azione contrattuale di ogni acquirente nei confronti del proprio dante causa e, stante la certezza del nesso eziologico tra il danno sofferto ed il vizio di costruzione del bene lamentato, il riconoscimento di una responsabilità aquiliana imputabile al costruttore del bene.

    Il difetto di legittimazione passiva rispetto all'azione extracontrattuale, in capo al rivenditore intermedio, in quanto solo importatrice dell'autoveicolo, deve essere condiviso.

    Tale orientamento trova conforto in altre pronunce della S.C. 1, secondo cui «anche nelle c.d. vendite a catena l'azione contrattuale di risarcimento del danno sorge solo nei confronti del diretto venditore in quanto, nonostante l'identità dell'oggetto e del contenuto delle rispettive obbligazioni, ciascuna vendita ha una propria autonomia che non consente di trasferire nei confronti dei precedenti venditori, l'azione risarcitoria del compratore danneggiato; ciò non impedisce al rivenditore di rivolgersi al proprio venditore per essere rivalso di quanto egli potrà essere costretto a versare a sua volta al subacquirente (...).

    Né esclude la possibilità della diversa azione extracontrattuale esperibile da ogni compratore contro il fabbricante, per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando, tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell'altrui sfera giuridica».

    Ne esce confermato il concetto della responsabilità contrattuale inter partes, mentre nel campo della responsabilità ex art. 2043 c.c., il principio del neminem laedere spiega i suoi effetti erga omnes e coinvolge tutti coloro che hanno prodotto il bene difettoso.

    Sulla responsabilità del fabbricante in un'altra sentenza interessante 2 si è affermato che «il fabbricante-venditore di una cosa è responsabile ex empto verso il compratore per i vizi in essa riscontrati, ma altresì a titolo di illecito, del danno sofferto dai terzi in dipendenza di tali vizi, che rendono la cosa pericolosa (...). Tale responsabilità extracontrattuale del fabbricante, che svincolata dal termine di prescrizione stabilito dall'art. 1495 c.c., e soggetta al termine prescrizionale previsto dall'art. 2947 c.c., è configurabile anche nel caso in cui il terzo danneggiato sia un imprenditore che si avvale del prodotto come strumento della sua attività e può ricadere anche a carico di una pluralità di soggetti, ove questi, pur se in fasi diverse abbiano contribuito alla fabbricazione del prodotto difettoso. Dalla natura extracontrattuale di tale responsabilità e dalla diversità dell'oggetto dei successivi atti traslativi, ne consegue che la responsabilità dei fabbricanti, la quale grava su ciascuno di essi con vincolo di solidarietà ai sensi dell'art. 2055 c.c., va ripartita nei rapporti interni, in base alla gravità delle rispettive colpe».

    Un discorso a parte merita la responsabilità del produttore c.d. assembler, che si identifica con colui che compone, dando vita al prodotto finale, vari pezzi del prodotto stesso, fabbricati da altre imprese.

    Questa ipotesi ricorre nella produzione dei beni complessi e sofisticati che vengono immessi nel mercato dopo diverse fasi produttive e di controllo.

    I soggetti coinvolti sono numerosi, ma la dottrina non ha dubbi nel ritenere responsabile sia il fabbricante del prodotto finito, ex artt. 2049 e 2050 c.c., sia i singoli produttori dei pezzi, responsabili in solido ex art. 2055 c.c. se con la loro attività hanno contribuito a creare il vizio del prodotto e, quindi, il successivo danno.

    Il fabbricante-venditore è inoltre responsabile, sia per i vizi della cosa sia a titolo di illecito, per i danni subiti dall'acquirente o da terzi...

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