Profili Di Tutela Della Famiglia Nel Sistema Penitenziario

AutoreMarco Grande
Pagine95-99
95
dott
Arch. nuova proc. pen. 2/2018
DOTTRINA
PROFILI DI TUTELA DELLA
FAMIGLIA NEL SISTEMA
PENITENZIARIO
di Marco Grande
Abstract
Rilevata, da un’analisi complessiva del sistema nor-
mativo penitenziario italiano, l’elevata sensibilità profu-
sa dal legislatore, anche in ottemperanza a princìpi co-
stituzionali e sovranazionali, nei confronti dei rapporti
tra recluso e famiglia, ne vengono dall’autore tracciate,
seppur in modo sintetico, le linee codif‌icate di tutela.
By an overall analysis of the Italian penitentiary re-
gulatory system, observed the high sensitivity lavished
by the legislator, also in compliance with constitutional
and supranational principles, towards the relationships
between prisoner and family, the coded protection lines
are traced by the author, although in a synthetic way.
SOMMARIO
1. Premessa. 2. La scelta dell’istituto penitenziario. 3. I rap-
porti con i familiari. Il concetto di famiglia. 4. I rapporti con
i familiari in casi particolari. 5. Il rapporto genitoriale con
f‌igli minori. 6. L’assistenza penitenziaria e post-penitenziaria
alle famiglie. 7. La tutela dei rapporti economici nell’interes-
se delle famiglie.
1. Premessa
Le relazioni familiari costituiscono una indispensabile
fonte di realizzazione della vita e della personalità dell’in-
dividuo. E la famiglia assume rilievo costituzionale quale
formazione sociale essenziale al pieno sviluppo della per-
sona (artt. 2, 29, 30 e 31 Cost.).
Del resto, «l’unità familiare» è un valore che la Costitu-
zione stessa, expressis verbis, riconosce e garantisce (art.
29, comma 2°). Così come pure avviene anche a livello so-
vranazionale (1).
In alcuni casi, tuttavia, «l’unità familiare» stessa su-
bisce delle limitazioni, occasionate dallo status di chi è
sottoposto a legittime restrizioni della libertà personale.
Limitazioni, queste, che sono bensì profondamente ag-
ganciate ad esigenze di sicurezza e di difesa sociale (2),
ma che, inevitabilmente, comportano una intensa com-
pressione dei diritti soggettivi del detenuto, che si traduce
in un distacco dal «mondo esterno», soprattutto, dalla di
lui sfera affettiva.
Gli effetti della limitazione della libertà di un soggetto
hanno poi intuibili ricadute anche sui familiari del de-
tenuto stesso, i quali, a loro volta, vengono chiaramente
compressi nella possibilità di avere con lui contatti diretti
o indiretti in modo incondizionato, potendoli invece avere
solo secondo tempi e modalità stabiliti dall’ordinamento.
Occorre allora ricercare un punto di equilibrio tra le
esigenze di giustizia – connesse alla necessità di tenere
una persona in stato di restrizione – e il rispetto dei di-
ritti fondamentali (3), in cui, senza dubbio alcuno, è da
ricomprendersi anche quello concernente la tutela delle
relazioni familiari.
A questi f‌ini, ben apprezzabilmente, il sistema peni-
tenziario, tra gli elementi del trattamento del recluso, ri-
comprende quello di agevolare «i rapporti con la famiglia»
(art. 15, comma 1, ord. penit. (4)), dedicando, in ogni
caso, particolare cura a «mantenere, migliorare o ristabi-
lire le relazioni dei detenuti e degli internati con le fami-
glie» (art. 28 ord. penit.).
È ben chiaro, dunque, che là dove i rapporti familiari
esistano, occorre mantenerli per evitare che l’esperienza
carceraria li distrugga. Se, invece, detti rapporti siano già
di per sé precari, l’amministrazione dovrà indirizzare i pro-
pri sforzi verso un loro miglioramento. Quando, inf‌ine, detti
rapporti siano completamente assenti, compito dell’ammi-
nistrazione sarà quello di ristabilirli, dovendo invero la di-
rezione, in tal caso, fare segnalazione al centro di servizio
sociale per gli opportuni interventi (5), così come disposo
dall’art. 37, comma 11, reg. esec. ord. penit. (6)
E, già nel suo incipit, per vero, il menzionato reg. esec.
dichiara di mirare a promuovere tramite il trattamento
penitenziario, oltre al resto, «un processo di modif‌icazio-
ne» «delle relazioni familiari», «che sono di ostacolo ad
una costruttiva partecipazione sociale» (art. 1, comma 2).
L’attenzione del sistema penitenziario per i rapporti fa-
miliari si proietta poi nella «predisposizione dei program-
mi di intervento per la cura dei rapporti dei detenuti e
degli internati con le loro famiglie», «concertata fra i rap-
presentanti delle direzioni e degli istituti e dei centri di
servizio sociale» (art. 61, comma 1, reg. esec.).
È agevole intuire come proprio grazie alla cura di que-
ste relazioni si tende ad evitare una intollerabile emargina-
zione del detenuto, assicurandogli la possibilità di mante-
nere un contatto con il mondo esterno, riducendo inoltre i
rischi derivanti dal c.d. “processo di prigionizzazione” (7).
Ma altre e ulteriori sono le previsioni normative ap-
positamente congegnate dal sistema penitenziario per la
tutela delle relazioni familiari.
2. La scelta dell’istituto penitenziario
Attesa la particolare importanza del mantenimento dei
contatti diretti tra i soggetti reclusi e i loro familiari, appare
determinante, in primis, la cristallizzazione del principio di
c.d. “territorializzazione dell’esecuzione della pena” (8).
Ciò, in quanto il mantenimento, così come il recupero
e l’evoluzione, dei rapporti familiari, può ricevere un con-
siderevole apporto dalla scelta dell’istituto ove la pena (o
comunque la detenzione) va eseguita, se l’istituto stesso
è individuato in relazione al criterio della vicinanza alla
residenza della famiglia (9).

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