Processo penale come giuoco d'arte e scienza: riflessioni a 'voce alta'

AutoreIvan Borasi
Pagine122-125
730
var
7-8/2016 Rivista penale
VARIE
PROCESSO PENALE COME
GIUOCO D’ARTE E SCIENZA:
RIFLESSIONI A “VOCE ALTA”
di Ivan Borasi
Penso, scruto e ragiono delle quotidiane convenzioni,
quasi come endoxa (1) riconosciute, di cui il costume
giudiziario si connota, arrivando alla conclusione che tali
elementi non di mero vezzo sono connotati, quanto di tra-
dizione (2); il dovuto ossequio agli attori processuali, il
linguaggio forbito delle diatribe giudiziali, l’eleganza sce-
nica degli abiti indossati in udienza, la presenza composta
dell’accusato di fronte al giudicante all’opera, rappresen-
tano esempi di condotte non prescritte formalmente, a
possibile valenza indiretta, nella variabilità della scelta
umana, anche giuridica f‌inale.
Non di f‌inzioni (3), o fantasie aggiuntive, quindi, devo
parlare, quanto di funzioni incidenti il giudizio terminale,
come frutto articolato di un insieme di complessione (4)
fra rapporti, soggetti e comportamenti.
La giustizia (5) umana, di cui troppo spesso si conf‌ida
come infallibile, anestetizza la visuale d’insieme neces-
saria per una valutazione comunque scevra da “condizio-
namenti subliminali”, aventi sì come prodromo la previa
conoscenza degli stessi, al f‌ine però di una cosciente
espunzione in sede di valutazione f‌inale.
Per pensare in modo compiuto ed informato ad un “ga-
rantismo al tempo del giusto processo” (6), non è altri-
menti possibile ritenere l’ambito giuridico come a compar-
timento stagno rispetto alla società, ed alle manifestazioni
aff‌ini della stessa.
L’analisi degli elementi di contatto, e divisione, tra il
processo penale da un lato, le arti e scienze dall’altro, rap-
presenta una sf‌ida utile per comprendere sino in fondo i
meccanismi interni del primo, in un’ottica culturale sce-
vra da rif‌lessi di una determinata forma mentis precristal-
lizzata.
Porre un parallelo tra f‌igure apparentemente lontane,
permette di costruire un patrimonio elementare specula-
tivo, buono per tutte le stagioni, anche e soprattutto in
chiave lato sensu evolutiva.
Nel ripensare al ruolo dei soggetti comunque incidenti
la vicenda del giudizio penale, provo ad astrarre la logica
giuridica tralatizia ed a compartimento stagno, per foca-
lizzare l’attenzione in medio ai particolari comportamen-
tali sedimentatisi, il più delle volte in modo automatico
e ripetitivo, come patrimonio indiscusso degli attori la
vicenda di complessione.
Tale tentativo, certamente complicato per la normale
riluttanza ad estraniarsi dalla mentalità formata, permet-
te di evidenziare parallelismi evidenti con altre branche
di rappresentazione (7), sintomi chiari di un embrionale
inf‌lusso nell’evoluzione del sistema come all’attualità.
Non solo di comportamento umano materiale, quasi
in un’ottica antropologica, si deve parlare, ma anche di
dichiarazioni, frutto di ragionamenti e valutazioni, ester-
nate secondo una logica e concatenazione temporale, più
o meno predeterminata. Spesso tali azioni sono risulta-
te come una conseguenza giuridica, mentre altre volte
hanno esse stesse creato ex novo effetti giuridicamente
rilevanti. In altre parole, anche un patrimonio di valenza
iniziale non giuridica, può avere quantomeno un rif‌lesso
speculativo, e signif‌icativo indiretto, sull’agone proces-
suale penale; si pensi da ultimo alla sempre maggiore
valenza assegnata alle buona fede e lealtà nei rapporti
processuali.
Solo mentalizzando le sfumature lessicali più imper-
cettibili al normale susseguirsi tradizionale, e le parentesi
di costume, non solo giudiziario in senso proprio, più o
meno presenti nei vari giudizi, è possibile, a prima far ap-
parire e classif‌icare possibili formanti, per solo poi cercare
di f‌issarli in chiave utile.
Lo stile discorsivo, volutamente diretto, dello scritto, è
importante per non solo colorare il tentato salto d’analisi,
ma pure per consentirlo. Nel fare ciò, non si sottace come
sia stato dapprima ispirato, e poi guidato, da certa dottri-
na illuminata, un esponente fra tutti il CARNELUTTI, cer-
cando di metabolizzare le ragioni f‌ilosof‌iche d’argomen-
tazione della stessa, senza voler straripare in una ricerca
fuori tema; si vuole signif‌icare, quindi, la volontà, o quan-
tomeno il tentativo, di mantenere sempre vivo il legame
presupposto tra arte, scienza e diritto, anche processuale
applicato (8), senza sottovalutare l’inevitabile inf‌lusso di
dogmatica (9) e topica (10) giuridica, lette anche in chia-
ve f‌ilosof‌ica.
Fondamentale distinzione primaria, deve effettuarsi
tra “relazioni nel diritto”, o fra insiemi dello stesso, e “rela-
zioni del diritto”, id est con il rapporto di culture parallele
(11); ebbene, questi elementi fanno parte di un medesimo
coacervo che nel giudizio, anche e soprattutto penale, si
fondono in una chiave di verità tendenziale (12), def‌inibi-
le anche come processuale.
Innanzitutto, il legame de quo porta a considerare il
processo penale come un rito, nelle componenti antropo-
logica e fenomenologica, celebrato quasi a valenza liturgi-
ca (13), da vedersi secondo i modelli operativo-funziona-
le, cosciente e formale (14).
In puncto, splendide risuonano le parole del CORDE-
RO, che evoca il rito come uno “...svolgimento conforme al
prescritto quanto a forma, sequela, tempo” (15), le quali
preparano il campo ad una visione come primariamente
d’ordine e classif‌icazione (16), inf‌luenzata dai punti vista
di partenza (17).
La dimensione simbolica del rito, anche processuale,
all’attualità deve essere letta in chiara interdipendenza
con il momento temporale, al f‌ine di cogliere, con mag-

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