Processo penale e accertamento tributario
Autore | Enzo Musco |
Pagine | 923-932 |
923
Rivista penale 10/2012
Dottrina
PROCESSO PENALE E
ACCERTAMENTO TRIBUTARIO
di Enzo Musco
SOMMARIO
1. L’utilizzazione in sede tributaria delle informazioni acqui-
site nel corso del procedimento penale. 2. Gli effetti procedu-
rali della notizia di reato: la proroga dei termini dell’accer-
tamento. 2.1. (Segue): l’indeducibilità dei costi da reato. 3. I
rapporti tra procedimenti.
1. L’utilizzazione in sede tributaria delle informazioni
acquisite nel corso del procedimento penale
La possibilità di utilizzare in sede tributaria le infor-
mazioni acquisite nel corso delle indagini penali consente
all’amministrazione finanziaria l’apertura di interessanti
prospettive sul fronte dell’accertamento, contribuendo,
seppure indirettamente, ad un ampliamento dei poteri
di acquisizione di dati ed elementi. Non può sottacersi,
infatti, che gli strumenti di cui può avvalersi l’attività d’in-
vestigazione penale sono più penetranti rispetto a quelli
dell’accertamento tributario per cui la conoscenza di atti,
documenti o notizie acquisiti mediante la prima consente
sovente il recupero d’imposta cui gli uffici finanziari non
potrebbero altrimenti addivenire operando in via autono-
ma. D’altra parte è ben evidente che la tipologia di atti
coinvolti è ampia: processi verbali dell’attività compiuta
nell’ambito delle indagini penali e del processo penale,
ispezioni, perquisizioni, verbalizzazioni della polizia giu-
diziaria, veri e propri provvedimenti giurisdizionali, quali
ordinanze di custodia cautelare, sequestri, sentenze ecc..
Ma la questione principale che comporta l’utilizzo in
sede tributaria delle informazioni acquisite nel corso delle
indagini penali, attiene ai diversi valori ed interessi, spes-
so contrapposti, tra i quali la normativa deve cercare un
equo contemperamento, in relazione ai quali si tratta di
precisare: le condizioni che rendono possibile che il ma-
teriale possa trasmigrare dal procedimento a quo (quello
penale); la tutela degli interessi del soggetto passivo del
procedimento penale e di eventuali terzi; la compatibilità
della circolazione del materiale istruttorio con le regole
del procedimento ad quem, cioè quello tributario.
La prima problematica concerne le interferenze tra
procedimento tributario e le indagini penali sotto il profilo
della congruità della circolazione del materiale probatorio
con il segreto investigativo. La disciplina è contenuta nel-
l’art. 63 del D.P.R. n. 600/1973 per le imposte sui reddito
e nell’art.33 del D.P.R. n. 633/1972 per l’I.v.a. secondo cui
la Guardia di finanza, previa autorizzazione dell’autorità
giudiziaria, anche in “deroga all’art. 329 del codice di
procedura penale (che tutela il segreto delle indagini),
utilizza e trasmette” agli uffici delle imposte documenti,
dati e notizie acquisiti direttamente o riferiti ed ottenuti
dalle altre forze di polizia nell’esercizio dei poteri di poli-
zia giudiziaria.
L’attuale testo è il risultato di una serie di interventi
legislativi che si sono sviluppati nella prospettiva di am-
pliare progressivamente le possibilità di circolazione del
materiale probatorio.
Infatti, con il D.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 il legislatore,
superando il vincolo del segreto istruttorio che si estende-
va sino al momento del deposito degli atti al termine del-
l’istruzione come previsto dall’art. 372 del c.p.p. del 1930,
modificava il disposto dell’art. 33 del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600 e dell’art. 63 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
ammettendo la trasmissione e l’utilizzazione da parte del-
la Guardia di finanza di elementi, dati e notizie agli uffici
finanziari “previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria
in relazione alle norme che disciplinano il segreto istrut-
torio”.
Alcuni aspetti della disciplina introdotta dal D.P.R.
463/1982 sono apparsi subito chiari: l’autorizzazione era
possibile in relazione ai dati acquisiti in procedimenti per
qualsiasi reato, non soltanto per quelli tributari; l’autoriz-
zazione riguardava unicamente gli elementi raccolti dalla
Guardia di Finanza, non da altri corpi di polizia. Secondo
parte della dottrina (1), questa la limitazione sarebbe sta-
ta frutto di una macroscopica inadeguatezza legislativa,
apparendo assurdo che l’imputato dovesse subire conse-
guenze fiscali solo se l’Autorità giudiziaria si era avvalsa
dell’aiuto di essa e non, per esempio, di quello dei Cara-
binieri; l’autorizzazione doveva essere previa rispetto al-
l’utilizzo ed alla trasmissione, cosicché un’autorizzazione
tardiva non aveva efficacia sanante; la norma riguardava
solo gli elementi acquisiti nei confronti dell’imputato, non
di altri soggetti coinvolti nelle indagini.
Prima con la normativa antiriciclaggio (art. 5 commi 14
e 15 della legge 5 luglio 1991, n. 197) - mediante la quale
è stata concesso alla Guardia di finanza di utilizzare e tra-
smettere dati e documenti acquisiti direttamente o riferiti
e ottenuti da altre forze di polizia nei confronti dell’impu-
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA