Le problematiche procedurali

AutoreVentura, Nicoletta
Pagine73-114
CAPITOLO SECONDO
LE PROBLEMATICHE PROCEDURALI
Sommario: 1. I fondamenti del problema della procedibilità nei confronti dell’ufficiale
di polizia sotto copertura. 2. Segue. Dal superamento della tradizionale prospettiva
speculativa all’approccio processualpenalistico: evoluzione dello stato e del metodo
dell’elaborazione. 3. Lo status endoprocedimentale del cosiddetto “agente provocato-
re”: analisi esegetico-sistematica. Possibili soluzioni. 4. Agente under cover e ufficio
di testimone: criteri di individuazione del regime testimoniale. 5. L’utilizzabilità en-
doprocessuale degli elementi di prova acquisiti dell’agente under cover. 6. Segue. Il
connesso problema dell’identità dell’ufficiale under cover. Proposte de iure condendo.
Profili comparatistici. 7. Segue. L’utilizzazione della relazione di servizio. 8. Azione
investigativa sotto copertura e principi del “giusto” processo penale: esiti della me-
diazione legislativa. 9. Segue. La posizione processuale del “provocato” nel “giusto”
processo penale. 10. Segue. Le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.
1. I fondamenti del problema della procedibilità nei confronti
dell’ufficiale di polizia sotto copertura.
Per meglio comprendere la problematica relativa alla posizione
processuale dell’agente under cover, sembra opportuno operare una
preventiva individuazione dei relativi fondamenti di ordine sostantivo.
Al riguardo, il dato di partenza, di stampo prettamente normativo, si
individua nella legge speciale – in particolare, nel comma 1 dell’art. 9
della citata Legge n. 146/2006 – che stabilisce la non punibilità degli
ufciali di polizia giudiziaria impegnati nello svolgimento di opera-
zioni sotto copertura, in relazione ai comportamenti illeciti simulati,
assunti nell’esercizio delle proprie funzioni. È questo il fulcro attorno
al quale pare gravitare l’anzidetta problematica. Ancorché questione di
ordine sostanziale, la scriminazione della condotta dell’agente under
cover – l’ «entrapment (letteralmente “trappola”)», secondo il diritto
anglosassone133-, sembra comunque necessitare di una qualche ries-
133 Al riguardo, in dottrina, BALSAMO-LO PIPARO, La prova “per sentito dire”. La testi-
monianza indiretta tra teoria e prassi applicativa, Milano, 2004, 170 s., ove si considera la
74   UNDER COVER   
sione ai ni dell’individuazione dello status che l’indicato soggetto
assume in sede processuale e precisamente, dal punto di vista della
procedibilità nei suoi confronti134.
Il problema nasce dalla considerazione che quest’ultimo assume
condotte incriminate sia pure per ragioni di servizio e nonostante ciò,
gode dell’impunità. Per comprendere le ragioni di una simile determi-
nazione legislativa, occorre esplorare le radici dell’incriminazione. In
verità, la necessaria offensività del reato dovrebbe essere valutata in
termini di «proiezione della funzione preventiva del diritto»: attesa la
tutela apprestata dalla norma penale a beni o interessi giuridici, la pre-
venzione rimarrebbe, di fatto, «priva di oggetto, quando il bene non
subisce neppure una esposizione a pericolo»; inoltre, la valenza norma-
tiva dello stesso concetto di offensività risalterebbe solo quando la le-
sione o la mera esposizione al pericolo del bene giuridico tutelato non
risulti talmente esigua da corrispondere ad una «non-offesa»135. Sicché,
in generale, al ne di stabilire la ricorrenza dei presupposti essenziali
per ritenere sussistente la causa di giusticazione in discorso, bisogna
considerare che alla «individuazione di un contenuto offensivo del re-
ato» non corrisponde, come automatica conseguenza, l’identicazione
di «un momento puramente obiettivo dell’illecito», sebbene tenda a
prepararne «l’avvento»: se è vero che l’oggetto del reato non si identi-
ca con l’offesa di beni o interessi giuridici determinati derivante
dall’illecito penale, bensì con un «diritto soggettivo» che preesiste ri-
spetto alla commissione del fatto-reato, allora discende che il precetto
penale rileverebbe quale conditio sine qua non per la sussumibilità di
un fatto concreto in una fattispecie legale e dunque, dal punto di vista
della «funzione sistematica della sua costruzione»136.
previsione in questione in prospettiva comparatistica, con riguardo specifico per l’esperienza
inglese e quindi, per l’entrapment. Inoltre, v. VINCIGUERRA, Diritto penale inglese compa-
rato. I principi, Padova, 2002, 415 ss.; nella letteratura straniera, MARCUS, The entrapment
defense, 3a ed., Lexis & Co., 2003, passim e PARKER, The serpent beguiled me and I did eat.
The constitutional status of the entrapment defense, in Yale L. J., 1964, 942 ss.
134 Nella recente dottrina, G. RUGGIERO, Intervento, in AA.VV., Criminalità transnazio-
nale fra esperienze europee e risposte penali globali, cit., 484 s.
135 La considerazione risale a PAGLIARO, Imputazione obiettiva dell’evento, in Riv. it. dir.
proc. pen., 1992, 807; al riguardo, per esemplificare, l’A. cita l’ipotesi di sottrazione di una
comune pietra, scambiata per un diamante grezzo: in tal caso, si realizzerebbe la sottrazione di
una cosa mobile altrui che, «pur corrispondendo in pieno, secondo concetti descrittivo-pregiu-
ridici, alla fattispecie di furto non integra reato alcuno», in quanto trattasi di cosa priva di valo-
re; così, nell’ipotesi di appropriazione di un foglio di carta da lettere dell’ufficio, da parte del
pubblico ufficiale che ne abbia fatto uso per scrivervi appunti di carattere personale, si realiz-
zerebbe invero un’offesa del tutto «esigua» dal punto di vista normativo, sì da corrispondere ad
una «non-offesa».
136 In tal senso, PADOVANI, Alle radici di un dogma: appunti sulle origini dell’antigiuri-
dicità obiettiva, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 547. In argomento, si veda, altresì, MORO, La
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In ogni caso, perché possa parlarsi di realizzazione di un illecito
penale, deve postularsi «la violazione di un diritto soggettivo», intesa
quale situazione di contrasto tra «l’azione ed un dato di valore giuri-
dico» che evidenzia un «doppio legame», per un verso, con l’ambito
propriamente obiettivo, impersonale (l’anzidetta violazione del diritto
soggettivo) e per altro verso, con il contesto soggettivo, personale; la
predetta situazione conittuale, però, non deve essere intesa in senso
assoluto, ma piuttosto, come rientrante nella sistematica del reato senza
bisogno di ulteriore qualicazione, essendone incontestabile l’antigiuri-
dicità e l’ininuenza dell’eventuale consenso dell’avente diritto137.
Sembra dedursi, dunque, che l’illiceità del fatto-reato dipende dal
nocumento cagionato da quest’ultimo ad un altrui diritto vantato su
beni o interessi giuridici: ad esso si riconoscerebbe una specica fun-
zionalità in ambito giuridico-penale, dal momento che l’oggetto giuri-
dico del reato è costituito – proprio – da «diritti subiettivi in senso lato
(come lo sono tutti gli interessi tutelati dal diritto)»138 o da «posizioni
giuridiche del soggetto passivo» del reato stesso, il quale può agire in
relativa difesa, proponendo un proprio atto di volontà (la querela o
l’istanza) e realizzando così le condizioni per la procedibilità in sede
processuale penale – quanto meno nei reati perseguibili a querela -139.
Non rileva, quindi, che le categorie di diritto positivo coinvolte in
subiecta materia non possano vantare una matrice – a rigore – penali-
stica140, essendo state elaborate in altri ambiti ordinamentali, né che «i
concetti tecnici di diritto subiettivo in senso stretto, potestà, interesse
subiettivazione della norma penale, Bari, 1942, 65 ss.; VASSALLI, voce Potestà punitiva, in
Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, 73 ss.
137 Cfr. PADOVANI, Alle radici di un dogma: appunti sulle origini dell’antigiuridicità
obiettiva, cit., 548 ss. In ogni modo, va chiarito che il riguardo è per il profilo effettuale, con-
sistente nell’esclusione della punibilità e dunque, attinente al giudizio di imputazione.
138 Per una definizione di diritto soggettivo, SANDULLI, Manuale di diritto amministrati-
vo, Napoli, 1987, 114, il quale ritiene che, nell’ambito del diritto amministrativo, ci si trova in
presenza di un diritto soggettivo, allorché «a tutela di un interesse in ordine a un certo bene
esista una norma di relazione – vale a dire una norma, la quale, nel consentire al suo titolare,
in quanto tale, il vantaggio di certe possibilità (di comportamenti e pretese) per lui utili (e cioè
nel prevedere un suo agere licere), garantisca e protegga tale interesse, attraverso idonei stru-
menti, in modo pieno nei confronti di (uno o più o tutti gli) altri soggetti, delimitando le rispet-
tive sfere giuridiche -». Ad avviso di RESCIGNO, Manuale del diritto privato italiano, 7a ed.,
Napoli, 1987, 98, nel diritto privato, il diritto soggettivo rappresenta «la figura di prerogativa
dotata di maggiore ampiezza di libertà, per il privato a cui è accordata. (…) La legge parla di
«diritto», e intende «diritto soggettivo», a proposito dei poteri del proprietario, del titolare di un
diritto reale su una cosa altrui, del creditore. (…) Riguardato sotto il profilo della tutela giuri-
sdizionale (…) il diritto soggettivo assume, più specificamente, il nome di azione».
139 Così PAGLIARO, Diritto penale, cit., 240.
140 Con la notazione che la sede elaborativa della categoria in questione si individua in
ambiti ordinamentali diversi da quello penalistico, come è dato dedursi altresì dall’assenza di
una definizione sostantiva della medesima a livello di diritto penale.

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