Privatizzazione e contrattualizzazione dei rapporti di lavoro e nuovi assetti giuridici dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni*

AutoreUmberto Carabelli - Maria Teresa Carinci
Pagine31-97

Page 31

@2.1. Il lavoro pubblico in Italia: alcuni cenni storici

In Italia la configurazione giuridica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche come rapporto di pubblico impiego affonda le sue radici nel periodo immediatamente successivo alla creazione dello stato unitario (1861), e si è perfezionata e consolidata nel corso del secolo successivo, resistendo sostanzialmente intatta fino alla riforma degli anni ’90.

La concezione di fondo da cui essa trae ispirazione è quella del pubblico impiegato (funzionario) quale soggetto abilitato a manifestare la volontà della pubblica amministrazione e ad agire per conto di essa. Originariamente riferita all’impiego alle dipendenze dello stato, tale concezione – rappresentabile in termini di immedesimazione organica del dipendente con l’amministrazione di appartenenza – è stata progressivamente riferita a tutte le altre amministrazioni, con conseguente applicazione ai rapporti di lavoro inter- correnti con queste ultime del modello di regolazione previsto per i dipendenti statali, quantunque la sua attuazione sia avvenuta normalmente tramite normative differenziate. per altro verso, il superamento dell’originaria natura onoraria dell’incarico di funzionario, tramite previsione di una remunerazione corrispettiva per lo svolgimento dell’attività – reso necessario dalla complessificazione e progressiva estensione delle funzioni statuali e dalla necessità di strutture ed uffici permanenti cui adibire stabilmente funzionari professionalmente affidabili –, segna l’emergere, accanto al profilo organico dell’inserzione nella struttura organizzativa dell’amministrazione di appartenenza, del profilo più squisitamente ‘lavoristico’ della prestazione svolta. Viene così a configurarsi una duplicità di rapporti, quello organico e quello di servizio, tra loro inestricabilmente intrecciati, quantunque il secondo sia destinato ad essere ‘sacrificato’ al primo, per inderogabili ragioni di prevalenza dell’interesse pubblico connesso all’esercizio dell’attività della pubblica amministrazione: il funzionario pubblico è l’‘elemento personale’ della struttura burocratico-organizzativa, e dunque si ritiene che anche la sua attività lavorativa, espressa nel rapporto di servizio, in quanto innestata sul tronco del rapporto organico, debba condividere con la struttura amministrativa l’afflato pubblicistico che ne caratterizza l’azione. Di qui l’inevitabile assoggettamento anche del suo Page 32 rapporto di lavoro all’esclusiva disciplina unilaterale legislativa e regolamentare, e poi, più specificamente, il riconoscimento della natura pubblicistica del medesimo. si comprende dunque come non esistano, in questa prospettiva, margini di sovrapposizione con il rapporto di lavoro alle dipendenze dei datori di lavoro privati: tra il pubblico impiego e la locatio operarum, che poi, a cavallo del ’900, si sarebbe configurata – grazie al fondamentale apporto teorico di Lodovico Barassi – come contratto di lavoro subordinato, non v’è alcuna omogeneità, restando il primo nel regno del diritto pubblico e amministrativo e confluendo il secondo in quello del diritto privato.

A parte la pretesa (comunque particolarmente apprezzabile) di colorare di generali valori etici la specificità dell’impiego pubblico, dovendo il funzionario agire per l’interesse generale dei cittadini e degli utenti dei servizi pubblici, non è certo estranea alla radicale separazione giuridica delle due figure di lavoratore, maturata sin dalle origini dello stato unitario, una valenza ideologica, consistente nell’interesse, da parte delle forze politiche al potere, di mantenere una netta separazione tra i salariati delle fabbriche industriali – ineluttabilmente attratti dalle parole d’ordine del socialismo montante – ed i novelli funzionari pubblici – che, invece, sogliono appartenere ad una simpatetica borghesia impiegatizia1.

Grazie anche all’opera della giurisprudenza amministrativa – alla quale, a partire dal 1923, viene affidata la cura integrale (giurisdizione esclusiva) delle controversie tra dipendenti pubblici ed amministrazione – il pubblico impiego viene alla fine ad essere fondato – secondo la teoria dominante – su alcuni principi che possono essere così sintetizzati:

– il pubblico impiegato intrattiene con l’amministrazione un duplice rapporto: quello organico, di incardinamento nell’ufficio, sulla base del quale egli esercita i relativi poteri; quello di servizio, che implica lo svolgimento di una prestazione lavorativa, e che dunque si atteggia come vero e proprio rapporto di lavoro;

– il rapporto di lavoro del dipendente pubblico non ha un fondamento contrattuale, ma deriva da un atto unilaterale di nomina della pubblica amministrazione;

– esso è disciplinato da leggi e regolamenti e la sua gestione avviene attraverso atti amministrativi;

– per effetto di ciò il pubblico impiegato è soggetto (non ad una subordinazione tecnico-funzionale, come il dipendente privato, ma) ad una subordinazione di tipo gerarchico, in quanto connessa alla struttura gerarchica degli uffici, alla quale corrisponde una supremazia speciale della pubblica amministrazione;

– il pubblico impiegato non può vantare – se non in via eccezionale – diritti soggettivi perfetti nei confronti dell’amministrazione datrice di lavoro, ma solo interessi legittimi, e cioè posizioni soggettive affievolite dalla soggezione all’interesse pubblico, della cui eventuale lesione è giudice la magistratura amministrativa. Questa configurazione del pubblico impiego – passata indenne attraverso la parentesi dello stato fascista, ed anzi consolidatasi alla luce dello spirito autoritario che lo connotava – non è stata contraddetta, bensì è apparsa semplicemente consacrata, dalla nuova Costituzione dello stato repubblicano, secondo le interpretazioni prevalenti nel periodo immediatamente successivo alla sua entrata in vigore nel 1948. La disposizione più significativa a tale riguardo è l’articolo 97, il quale al co. 1 prevede che «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione» (norma in cui viene rinvenuta conferma del rilievo unitario dell’organizzazione amministrativa, inclusiva di strutture e personale), mentre al co. 2 precisa che «nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari», per poi concludere al co. 3 statuendo che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge». A tali previsioni fa poi riscontro quella dell’art. 98, co. 1, secondo la quale «i pubblici impiegati sono al servizio della Nazione», ed ancora quella dell’art. 54, co. 2, in forza della quale «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge».

È da sottolineare che l’inquadramento del precedente sistema di principi all’interno della normativa costituzionale, oltre a consolidarlo ulteriormente, gli conferisce una particolare forza di resistenza rispetto agli interventi del legislatore ordinario.

Le mutazioni sociali e politiche degli anni ’60 e ’70 (‘autunno caldo’, primi governi di centro-sinistra a partecipazione socialista) fanno emergere, peraltro, nella prassi e nella teoria, un diverso atteggiamento nei confronti del lavoro pubblico. sul fronte dell’esperienza sindacale, le tensioni di quegli anni si propagano anche nelle pubbliche amministrazioni – dove sin dall’avvento della Repubblica si rinviene un sindacalismo di tipo autonomo e corporativo, particolarmente disponibile a compromettersi con la politica – testimoniando come il conflitto collettivo nelle organizzazioni complesse non abbia necessariamente una radice di classe, ma dipenda soprattutto dalla distribuzione del potere al loro interno.

Lo stato non resta indifferente a tali mutazioni. E così, mentre rispetto allo sciopero la Corte costituzionale smantella il divieto previsto per i pubblici dipendenti dalle norme del Codice penale del 1930 (v. § 26.2.1), rispetto all’azione sindacale, a partire dal 1968, si registra, da un lato, l’attribuzione ai dipendenti pubblici di diritti sindacali sostanzialmente corrispondenti a quelli previsti per il settore privato dallo statuto dei lavoratori (L. n. 300/1970 e, dall’altro, il riconoscimento legale della contrattazione collettiva come strumento di definizione della disciplina dell’impiego pubblico. si tratterà di una contrattazione che – conformemente alla tradizione del sindacalismo pubblico – si rivelerà solitamente poco conflittuale, caratterizzata da logiche più di scambio politico che di reale negoziazione sindacale. Ma soprattutto, tale riconoscimento legislativo, che interessa via via i vari settori della pubblica amministrazione (ospedalieri, stato, Regioni, parastato), non rende la contrattazione collettiva fonte diretta di regolazione dei rapporti di lavoro: formalmente gli accordi conclusi hanno sempre bisogno, per acquisire efficacia, di essere recepiti in atti della p.a. (decreti, regolamenti ecc.), nel rispetto del principio generale secondo cui il pubblico impiego è regolato solo da fonti unilaterali2.

Page 34

Sul piano della teoria generale, poi, la dottrina più sensibile ai mutamenti in atto, nonché al bisogno di innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione, comincia a riflettere sulle rigidità del sistema: basti pensare alla inadeguatezza del principio della immedesimazione organica rispetto alla ormai enorme quantità di dipendenti pubblici (tanto operai che impiegati) che svolgono prestazioni a rilievo puramente interno, parificabili a quelle di qualsivoglia lavoratore del settore privato, non assolvendo assolutamente a funzioni organiche di rilievo esterno. E, d’altro canto, significativo in questo senso è anche il riconoscimento della natura tout court privatistica...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT