Il principio dell'effettività e della prevalenza dell'uso dell'immobile locato

AutoreAntonio Mazzeo
Pagine653-663

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    Relazione svolta al Convegno del Coordinamento legali della Confedilizia tenutosi a Piacenza l'11 settembre 2004.

@1. Il mutamento dell'uso contrattualmente previsto dell'immobile locato. L'elemento soggettivo e l'elemento oggettivo

A) Premessa in tema di uso della cosa. Contenuto dell'obbligo del conduttore di utilizzare la cosa secondo la destinazione convenuta.

Alla stregua della norma definitoria dell'art. 1571 c.c., contenuto fondamentale e tipico del contratto di locazione è l'obbligazione del locatore di assicurare al conduttore il godimento di una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.

Attraverso la stipula del contratto di locazione viene, pertanto, attribuito al conduttore un diritto personale di godimento, (come tale) necessariamente a contenuto speciale, comportante, cioè, la facoltà di trarre dalla cosa locata una o una serie limitata di concrete utilità e non, invece, una generica e indeterminata facoltà di godimento.

La specialità del diritto del conduttore si evince dall'analisi dell'art. 1575, n. 2, c.c. (che, tra le obbligazioni del locatore, indica quella di mantenimento della res locata in stato da servire «all'uso convenuto») e dalla simmetrica norma dell'art. 1587 c.c., che, nell'elencare le obbligazioni del conduttore, fa riferimento alla facoltà del conduttore stesso di servirsi della cosa per l'uso determinato nel contratto o per quello che può altrimenti presumersi o (desumersi) dalle circostanze (art. 1587, n. 1, c.c.) 1.

In particolare, tale ultima disposizione, nell'individuare il tipo e il grado di diligenza (quella «del buon padre di famiglia») che il conduttore deve osservare nel servirsi della cosa in conformità all'uso convenuto o a quello in concreto presumibile, in realtà tende a stabilire il preciso obbligo del conduttore stesso di non servirsi della cosa per un uso diverso.

L'art. 1587 c.c. richiama implicitamente il contenuto dell'art. 1176, primo comma, c.c., nella parte in cui detto articolo dispone che «nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia» e la prescrizione acquista un peculiare rilievo in tema di locazione in quanto l'uso della diligenza media (che è parametro caratterizzante l'adempimento dell'obbligazione in genere da parte del debitore) va riferito, in subiecta materia, all'uso della res locata, nel senso che siffatta diligenza assurge ad elemento qualificante dell'uso e della destinazione della cosa che in sé e per sé non sarebbe un'obbligazione del conduttore, ma che diventa tale con riferimento al modo di comportamento nel godimento 2.

In tema di locazione, l'uso dell'ordinaria diligenza assume, quindi, il particolare significato di utilizzo della cosa senza compiere alcun abuso nel godimento di essa: abuso consistente in un qualunque comportamento lesivo degli interessi del locatore 3.

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire il significato dell'obbligo in questione evidenziando che l'osservanza della diligenza del buon padre di famiglia nella utilizzazione della cosa locata implica la necessità di un uso che non alteri lo stato della cosa sotto i profili strutturale, tipologico, di destinazione o funzionale e di decoro ed ha, in particolare, escluso che la disposizione dell'art. 1590 c.c., che pone a carico del conduttore l'obbligo di restituire la cosa locata nello stato in cui l'ha ricevuta, attribuisca al conduttore la facoltà di modificare lo stato della cosa nel corso del rapporto.

Conseguentemente qualora alteri, sia pure in parte, lo stato della cosa, il conduttore viola un'obbligazione principale, e, cioè, di rilevante interesse, posta a suo carico dalla legge, il cui inadempimento può anche giustificare la risoluzione del contratto 4.

Circa l'ambito temporale di operatività dell'obbligazione, va, pertanto, sottolineato che la stessa è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall'altro obbligo, sancito dall'art. 1590 c.c., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l'osservanza dell'obbligazione di cui all'art. 1587, n. 1, e di agire nei confronti del conduttore inadempiente sia per la risoluzione del contratto, sia per la riduzione in pristino o l'esecuzione delle necessarie opere di manutenzione ed in ogni caso per il risarcimento dei danni 5.

Sotto il profilo della rilevanza della violazione dell'obbligo, l'inadempimento deve corrispondere ai requisiti indicati nell'art. 1455 c.c.: non deve essere, cioè, di scarsa importanza avuto riguardo all'interesse del locatore e deve, altresì, essere colpevole.

B) L'abuso della cosa. Casistica.

L'uso della cosa locata, come si è detto, è quello determinato in contratto ovvero desumibile dalle circostanze e non può essere unilateralmente modificato dal conduttore, in assenza di diversa normativa.

La casistica in tema di uso non conforme è molto ampia in considerazione della molteplicità e varietà di rapporti che possono instaurarsi tra le parti del contratto ed anche nei confronti dei terzi.

La giurisprudenza ha, peraltro, evidenziato, pur nella multiformità delle situazioni concrete, un elemento unificante e caratterizzante le pur diverse violazioni, sottolineando che l'abuso della res locata diviene rilevante ai fini della responsabilità del conduttore ex art. 1587, primo comma, c.c., tutte le volte in cui, durante lo svolgimento del rapporto, vengano alterate oltre misura la corrispettività e l'equilibrio sinallagmatico delle prestazioni.

Generalmente, si sono riscontrati abusi nelle modificazioni dello stato di fatto che fossero tali da immutare la na-Page 654tura e la destinazine del bene, valutate alla stregua dell'interesse del locatore.

In questo senso si è espressa la Suprema Corte, la quale ha rilevato che la modificazione dell'uso della cosa locata, come motivo di risoluzione del contratto per colpa del conduttore, va intesa non in senso assoluto e astratto, ma in senso relativo all'interesse del locatore, il quale ha diritto non solo a non vedere pregiudicato in suo danno l'equilibrio giuridico-economico del patto locatizio, ma anche alla conservazione della res locata, con il suo status di liceità urbanistica, le sue caratteristiche catastali, le sue strutture originarie e la sua destinazione assentita 6.

Peraltro, si è ritenuto che integri gli estremi dell'abuso anche la mera condotta del conduttore arrecante molestia agli altri abitanti del fabbricato, pur in assenza di modificazioni dirette della cosa locata, in quanto incidente sul contratto e sulla sua esecuzione 7.

C) Mutamento d'uso. Nozione e disciplina. Venendo più specificamente al tema che ci occupa e collegandoci alla premessa formulata, deve, in primo luogo, rilevarsi come il mutamento di destinazione della cosa locata nel corso del rapporto locativo costituisca, concettualmente, violazione dell'art. 1587, n. 1, c.c., nella parte in cui detta disposizione prescrive che il conduttore deve servirsi della cosa locata «per l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze», con conseguente possibilità di esperimento, da parte del locatore, delle azioni da inadempimento contrattuale.

Più precisamente, da una corretta lettura della menzionata norma si ricava l'esistenza di un'obbligazione negativa del conduttore, concretizzantesi nel dovere di non adibire la cosa ad usi diversi da quello convenuto o altrimenti desumibile dalle circostanze, con la conseguenza che il conduttore il quale esorbita dall'uso consentito non solo incorre in responsabilità extracontrattuale nei confronti del proprietario o titolare di altro diritto reale sulla cosa, ma diviene debitore inadempiente ad un obbligo contrattualmente assunto.

Ne discende che il locatore, in quanto tale, indipendentemente dalla qualità di titolare di un diritto reale sul bene locato, qualora accerti che il conduttore ha adibito la cosa ad uso diverso da quello consentito, può giovarsi dei mezzi di tutela propri del creditore insoddisfatto, e, in particolare, del rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento (vertendosi in materia di contratto con prestazioni corrispettive) 8.

Ovviamente, non ogni esorbitanza dall'uso consentito potrà essere causa di risoluzione del contratto per inadempimento, operando, nell'ipotesi in esame, la regola dell'art. 1455 c.c. (già richiamata), secondo cui solo l'inadempimento di non scarsa importanza in relazione all'interesse di controparte legittima il rimedio della risoluzione contrattuale (fatta salva in ogni caso la possibilità della tutela risarcitoria).

Peraltro, la normativa codicistica risulta integrata, in subiecta materia, dalla speciale previsione dell'art. 80 della legge 27 luglio 1978, n. 392. Siffatta norma - nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità dell'inciso «e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione» 9 - stabilisce, infatti, che il mutamento di destinazione della cosa locata rispetto all'uso pattuito costituisce causa di possibile risoluzione del contratto (in tal modo introducendo una causa speciale di risoluzione negoziale), ma aggiunge che, in mancanza di tempestiva azione (entro tre mesi dall'avvenuta conoscenza dell'arbitrario cambiamento) da parte del locatore, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo del bene ovvero a quello prevalente nell'ipotesi di mutamento parziale d'uso (con decorrenza dalla scadenza del termine trimestrale).

È nota la ratio dell'articolo 80: che è quella di applicare agli immobili locati il regime giuridico corrispondente al loro uso effettivo ed, al contempo, di evitare che il locatore venga a subire, per iniziativa del conduttore, una disciplina del rapporto diversa da quella convenzionalmente pattuita.

È noto, altresì, che il concetto di «uso diverso da quello contrattuale», che...

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