Il principio di non contestazione

AutoreAngelo Danilo de Santis
Pagine125-145
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Il principio di non contestazione
ANGELO DANILO DE SANTIS
SOMMARIO: 1. Il principio di non contestazione. - 2. Il processo del lavoro come “laboratorio” della
tecnica della non contestazione: l’onere di prendere posizione circa i fatti affermati dalla contro-
parte. - 3. L’onere di prendere posizione e la tecnica della non contestazione nella interpretazione del-
la giurisprudenza. - 4. La riformulazione dell ’art. 115 c.p.c. - 5. Le principali questioni poste dalla
nuova collocazione d el principio de lla non contest azione. - 5.1. Segue: le questioni irrisolte.
1. Il principio di non contestazione
In tempi recenti, il perseguimento della ragionevole durata del processo ha
indotto la giurisprudenza ad adottare soluzioni che, spesso, si sono risolte in
una riduzione degli spazi di effettività della tutela giurisdizionale, in nome di
un eccessivo ossequio della rapidità «a tutti i costi»; il che si è tradotto, non di
rado, in un pregiudizio per la ricerca della «verità materiale» e della «giusta
composizione della controversia».
L’esasperazione di questo principio, che con elevata frequenza ispira la
giurisprudenza di legittimità ad una vera e propria riscrittura delle norme pro-
cessuali1, unitamente all’irrigidimento del sistema di preclusioni, ha investito
anche le regole riguardanti le modalità di formazione del convincimento del
giudice, soprattutto in relazione agli oneri di «prendere posizione» circa le alle-
gazioni delle parti avversarie, e di contestazione specifica.
L’istruzione probatoria rappresenta la fase di ciascun processo attraverso la
quale il giudice forma il proprio convincimento, fondandolo sui fatti rilevanti ai
fini del decidere; in tal senso, il nostro ordinamento, tradizionalmente, conosce
tre principi generali espressi in modo esplicito da norme positive: quello della
1 Si pensi, per considerare soltanto gli arresti più recenti, allo stravolgimento dell’art. 37 c.p.c.
ad opera di Cass., sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883, Corriere giur., 2009, 372, con note di R. CAPO-
NI, Quando un principio limita una regola (ragionevole durata del processo e rilevabilità del difetto
di giurisdizione) e di F. CUOMO ULLOA, Il principio di ragionevole durata e l’art. 37: rilettura costi-
tuzionalmente orientata o riscrittura della norma (e della teoria del giudicato implicito)?; nonché
Foro it., 2009, I, 810, con nota di G.G. POLI, Le sezioni unite e l’art. 37 c.p.c. e su cui v. le riflessioni
svolte da V. COLESANTI, Giurisprudenza «creativa» in tema di difetto di giurisdizione, in Riv. dir.
proc., 2009, 1125 e da C. CONSOLO, Travagli «costituzionalmente orientati» delle Sezioni Unite
sull’art. 37 c.p.c., ordine delle questioni, giudicato di rito implicito, ricorso incidentale condizionato
(su questioni di rito o, diversamente operante, su questioni di merito, ibid., 1141; si veda anche
l’operazione ermeneutica compiuta da a Cass., sez. un., 30 luglio 2008, n. 20604, Foro it., 2009, I,
1130, con nota di A.D. DE SANTIS, Opposizione a decreto ingiuntivo per crediti di lavoro e conse-
guenze della violazione del termine per la notifica del ricorso e del decreto (e anche del ricorso in
appello), nonché Lav. giur., 2009, 33, con note di G. GUARNIERI, Notifica del ricorso in appello: svol-
ta rigorosa delle sezioni unite e della sezione lavoro, e di A. LACARBONARA, Improcedibilità
dell’appello se la notifica è inesistente, e Corriere giur., 2009, 199, con nota di A. PILLONI, Le sezioni
unite e il divieto di rinnovazione di notifica inesistente nella prospettiva del giusto processo, poi se-
guita da Cass. 12 settembre 2008, n. 23571, Foro it., 2008, I, 1508.
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disponibilità della prova (art. 115 c.p.c.), quello della valutazione della prova
secondo il prudente apprezzamento del giudice (art. 116 c.p.c.) e quello del-
l’onere della prova (art. 2697 c.c.)2.
L’art. 45, 14° comma, l. 18 giugno 2009, n. 69, ha modificato l’art. 115
c.p.c., introducendo ex positivo jure un quarto principio, secondo il quale il
giudice deve fondare la propria decisione (anche) sui fatti «non specificatamen-
te contestati dalla parte costituita»3.
Sembra sufficientemente chiaro il significato di fondo di questa innovazio-
ne: la circostanza che una parte ometta di prendere posizione circa i fatti allega-
ti dall’avversario a sostegno della propria domanda o eccezione, o comunque
ometta di contestare in modo specifico tali fatti, consentirà al giudice, per tutti i
processi instaurati dopo il 4 luglio 2009, inclusi ovviamente quelli regolati secondo
il rito del lavoro, di reputare veri i fatti medesimi senza bisogno di prova4.
In generale, deve ritenersi che la non contestazione operi nei confronti dei
fatti costitutivi, indispensabili per l’individuazione del diritto fatto valere in
giudizio (per i diritti c.d. eterodeterminati), cioè quelli allegabili al giudizio sol-
tanto dall’attore, in virtù del principio della domanda (art. 99 c.p.c.), che riserva
solo all’attore l’individuazione del diritto fatto valere in giudizio; dei fatti im-
peditivi, modificativi, estintivi, i quali, posti a fondamento di eccezioni in senso
stretto, devono essere allegati al giudizio dal convenuto; di tutti gli altri fatti, e
cioè i fatti costitutivi concorrenti (nei diritti c.d. autodeterminati) e dei fatti im-
peditivi, modificativi, estintivi posti a fondamento di eccezioni rilevabili
d’ufficio, che possono emergere anche dagli atti del processo, cioè emergere da
allegazioni della parte cui nuocciono, dall’interrogatorio libero, da documenti,
testimonianze e altre risultanze istruttorie ivi comprese le consulenze tecniche5.
2 Cfr. A. PROTO PISANI, Allegazione dei fatti e principio di non contestazione, in Foro it., 2003,
I, 604.
3 La norma risulta così riformulata: «salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fon-
damento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non spe-
cificatamente contestati dalla parte costituita. // Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a
fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza».
4 G. BALENA, La nuova pseudo-riforma della giustizia civile (un primo commento alla l. 18 giu-
gno 2009, n. 69), in Giusto proc. civ., 2009, 776, spec. 817 ss.; C.M. CEA, Trattazione e istruzione nel
processo civile, Napoli, 2010, passim.
Sembrano evidentemente superate le questioni relative alla presunta insussistenza, nel nostro
processo civile, di un onere di prendere posizione sui fatti affermati dalla controparte, la cui ragione si
rintraccerebbe nella assimilazione, operata da una parte delle dottrina e della giurisprudenza, tra con-
tumacia e inattività della parte costituita (cfr. C.M. CEA, La tecnica della non contestazione nel pro-
cesso civile, in Giusto proc. civ., 2006, 184 e ss.; v., per ampi riferimenti, A. CARRATTA, Il principio
della non contestazione nel processo civile, Milano, 1995, 166 ss., il quale evidenzia come la non
contestazione, in quanto comportamento che si traduce nel silenzio o nell’inerzia della parte costitui-
ta, abbia tratto la propria origine dalla categoria generale dell’inattività processuale, della quale pure
fa parte la contumacia; ne sarebbe conseguita una sovrapposizione concettuale, frutto dell’egemonia
nel pensiero giuridico in ordine alla neutralità della contumacia, che avrebbe trascinato con sé anche il
contegno non contestativo).
5 Cfr. A. PROTO PISANI, Allegazione dei fatti e principio di non contestazione nel processo civile,
in Foro it., 2003, I, 604; D. BUONCRISTIANI, L’allegazione dei fatti nel processo civile. Profili siste-
matici, Torino, 2001, passim.

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