Principi generali sulle impugnazioni

AutoreStefano Ambrogio
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@1 Le impugnazioni

Dal punto di vista etimologico il termine impugnazione deriva dal latino pugnare che significa lottare, combattere. Nel caso specifico, l'oggetto contro cui si lotta è la sentenza (Tonini).

L'impugnazione può definirsi come quel rimedio esperibile da una parte per rimuovere un provvedimento giurisdizionale svantaggioso, invocando il controllo di un giudice differente da quello che ha emesso il provvedimento medesimo (Tonini).

I mezzi di impugnazione si distinguono in:

- ordinari che sono l'appello e il ricorso per cassazione esperibili entro i termini fissati dal legislatore. Trascorso tale termine senza che le parti abbiamo proposto impugnazione, la sentenza passa in giudicato diventando irrevocabile;

- straordinari che sono quei mezzi di impugnazione, come la revisione e il ricorso per cassazione per errore materiale o di fatto, esperibili contro provvedimenti divenuti irrevocabili.

Nel concetto di "mezzi di impugnazione" sono compresi anche i ricorsi al tribunale per il riesame, i quali tuttavia trovano una loro peculiare disciplina negli artt. 309-311 c.p.p. (Cap. 14, par. 6); in ogni caso, si sottolinea che anche ai procedimenti incidentali in materia di libertà personale sono riferibili i principi che saranno esaminati in questo capitolo. Il riesame è considerato un mezzo di impugnazione ordinario.

Non rientra, invece, nel concetto di "mezzo di impugnazione" l'opposizione, strumento che consente all'interessato di richiedere una nuova valutazione al giudice competente per la fase in corso (si pensi alla opposizione al decreto del p.m. in tema di restituzione di cose sequestrate ai sensi dell'art. 263 c.p.p.) o al medesimo giudice che ha emesso il provvedimento pregiudizievole (si pensi all'opposizione al decreto penale di condanna ai sensi dell'art. 461 c.p.p.). Tuttavia, va sottolineato che la dottrina (Mendoza) equipara l'opposizione, che comunque darebbe vita ad un secondo giudizio, ad una vera e propria impugnazione, anche se soggetta a regole particolari, specificamente dettate per ciascuna della fattispecie per le quali è prevista.

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In materia di impugnazioni si distingue tra:

- impugnazione per vizi di merito con la quale l'interessato può richiedere una nuova valutazione dei fatti oggetto del giudizio, sulla base di errori derivanti dalla lettura degli elementi di prova assunti nel procedimento;

- impugnazione per vizi di legittimità, con la quale l'interessato può lamentare un'erronea interpretazione o applicazione della legge.

Come vedremo mentre l'appello può avere ad oggetto sia vizi di merito che di legittimità, il ricorso in cassazione può essere fondato solo su vizi collegati alla violazione di legge.

Il diritto di impugnare spetta in generale a tutte le parti del processo. Ai sensi dell'art. 568 c.p.p., comma 3°, in particolare, il diritto di impugnazione spetta a colui al quale la legge espressamente lo conferisce: se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse.

La dottrina (Riccio) ha sottolineato che l'unico principio costituzionale fissato in tema di impugnazione è quello della parità di condizioni tra le parti alla luce delle norme di cui agli artt. 3 e 24 Cost.; invero la Corte costituzionale ha sempre annullato le norme del codice abrogato che prevedevano l'impugnazione del provvedimento solo da parte del p.m. e non anche dell'imputato.

Il codice abrogato non prevedeva la possibilità per l'imputato di impugnare le sentenze di proscioglimento o di assoluzione per estinzione del reato per prescrizione o amnistia, nonostante tali pronunce presuppongano un giudizio di colpevolezza dell'accusato, e la Corte aveva dichiarato l'illegittimità, per violazione del diritto di difesa, delle norme che non riconoscevano all'imputato il diritto di impugnare le sentenza di proscioglimento con le formule predette o, ancora, con la formula "perché il fatto non costituisce reato", anche nell'ipotesi in cui non fosse applicabile una misura di sicurezza.

Il legislatore, con l'adozione del nuovo codice di rito, ha stabilito il principio per il quale l'imputato ha diritto di impugnare le sentenze di proscioglimento e di assoluzione, ma nello steso tempo, nel caso di procedimenti speciali come il rito abbreviato e il patteggiamento, ha fissato dei limiti all'appellabilità delle sentenze (addirittura negata per la sentenza di applicazione pena che può essere impugnata solo in Cassazione). Questi limiti sono giustificati dal principio della libera esplicazione della personalità dell'imputato che ha scelto il rito, accettando così la normativa speciale (Riccio).

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I MEZZI DI IMPUGNAZIONE

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@2 I principi in tema di impugnazioni

L'art. 568 c.p.p. fissa i principi generali in tema di impugnazioni penali che sono:

- principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (1° comma), secondo il quale sono ammesse soltanto le impugnazioni previste dalla legge. Ad esempio, in assenza di espressa previsione, non può ritenersi ammesso alcun mezzo di gravame in relazione alle ordinanze in materia di incidente probatorio;

- principio della ricorribilità in Cassazione delle sentenze e delle ordinanze in materia di libertà (2° comma), che pone un'eccezione rilevante al principio di tassatività in quanto, in coerenza con la regola fissata dal

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7° comma dell'art. 111 Cost., è prevista, a prescindere dalla previsione di eventuali ulteriori strumenti di impugnazione, la possibilità di impugnare il provvedimento per vizio di legittimità dinanzi alla Corte di cassazione. In virtù di questo principio, tutte le sentenze inappellabili, quali ad esempio quelle che condannano l'imputato alla sola ammenda (art. 593 c.p.p.), sono comunque soggette a ricorso per cassazione;

- principio dell'interesse, stabilito anche in materia di procedura civile. Il quarto comma dell'art. 568 c.p.p sancisce, infatti, che per proporre impugnazione è necessario avervi interesse; si pensi, ad esempio, alla totale mancanza di interesse da parte dell'imputato a impugnare la sentenza di proscioglimento con formula piena, ovvero perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso, la quale è in assoluto la più vantaggiosa per l'accusato, mentre un interesse può residuare, ai fini delle ulteriori valutazioni in sede di responsabilità civile o disciplinare, nel caso di sentenza che assolve l'imputato perché il fatto non costituisce reato, dando per accertato che egli lo abbia commesso;

- principio di conversione e conservazione, secondo il quale l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta (5° comma). Così in caso di erronea qualificazione data dal soggetto interessato al proprio atto di impugnazione e nonostante, quindi, sia proposta dinanzi ad un giudice incompetente, quest'ultimo deve correggere la qualificazione e inviare il ricorso al giudice competente, convertendo l'atto e garantendo gli effetti. Si...

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