Principi generali del diritto e clausole generali nel diritto giudiziario

AutorePietro Rescigno
Occupazione dell'autoreProfessore emerito di Diritto civile nell’Università di Roma “La Sapienza”, è accademico dei Lincei, ed autore di numerose opere e scritti in vari settori del diritto.
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Ringrazio per l’invito il collega Mariani Marini, responsabile delle attività culturali del Consiglio, e Guido Alpa, che ha voluto inserire un mio breve inter- vento nel discorso che riguarda temi rilevanti dell’esperienza: a partire da quella “via giudiziale” al diritto segnalata nelle parole introduttive, che sottolineavano il progressivo affermarsi della iuris dictio rispetto alla legislazione considerata in passato come fonte di produzione unica ed esclusiva. Alpa ha messo in luce come la creatività esercitata soprattutto dai giudici sia compatibile con la certezza: sono valori presenti nell’ordinamento, che possono entrare in confl itto e che assiduamente cercano, con la nostra mediazione, momenti di possibile conciliazione.

Mi è affi data una breve rifl essione sui princìpi generali e sulle clausole generali, verosimilmente in ragione delle occasioni di incontro con questa materia avute in una lunga attività di rifl essione e di studio. Ai princìpi generali venne dedicato, or sono vent’anni, un convegno ai Lincei. Delle clausole generali ho avuto modo di occuparmi, con particolare riguardo all’area del diritto privato, nell’introdurre un libro apparso in una mia collana di monografi e, opera di un magistrato colto ed impegnato come Federico Roselli: libro riguardante il controllo della Cassazione sull’uso dello strumento operativo che con quella formula indichiamo. Come ci è stato ricordato, delle clausole generali si avvale soprattutto il giudice del merito, chiamato a reagire con immediatezza ai nuovi istituti, e quindi alle esigenze ed aspettative della società in cui vive, per decidere del fatto ricostruito in termini di comportamento degli uomini e di valutazione della loro condotta. Il tema evoca, alla stregua della comune ed elementare convinzione, nozioni come buona fede, correttezza, lealtà: la considerazione dei modi dell’agire umano sotto tali aspetti appartiene appunto all’osservazione ed al giudizio che si esprime nella fase di merito. L’impegno tecnicamente più delicato consiste nel segnare il confi ne che la Suprema Corte, chiamata al controllo di legittimità, deve rispettare, ma che in realtà può superare nel costruire essa stessa nozioni come quelle elencate, ed altre al concetto di clausola generale parimenti riconducibili, di guisa che a loro volta i giudici del merito vedano poi arricchita la capacità e l’ambito stesso del giudizio grazie all’insegnamento dalla Cassazione impartito.

Princìpi e clausole generali appaiono come argomenti connessi, e interferiscono in notevole misura col problema della certezza e con quello della nomofi lachìa, qui affi dato alla trattazione di Sergio Chiarloni. Mi limito a ripercorrere in tratti brevissimi le personali esperienze cui accennavo, cominciando dai princìpi generali. La nozione appartiene al discorso del giurista già in virtù della norma delle preleggi sopravvissuta sia al lavoro di modifi ca e abrogazione che il legislatore ha compiuto su quel corpo di disposizioni, sia a una sorta di erosione e logorio che molte di loro hanno conosciuto, per così dire, dall’interno. Tale ca-Page 54pacità di “tenuta” si è manifestata pur trattandosi di una norma tra le più criticabili, perché vi si rispecchia una concezione del diritto in chiave tutta positivistica e statualistica, che era certamente l’idea propria del tempo in cui fu scritto il codice civile. In quell’epoca i princìpi generali furono materia di contrasto e di polemica: un dibattito che rappresentò nel suo complesso un momento di note- vole ed apprezzabilissima...

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