Principi generali

AutoreAngelo Sannelli
Pagine11-63

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@Considerazioni introduttive

L‟immigrazione, rappresenta un fenomeno inevitabile, dovuto alle differenze di reddito fra Nord e Sud del mondo, e al processo di depauperamento delle risorse del Sud da parte delle imprese multinazionali, secondo il modello di “sviluppo” attuale, deciso in ultima istanza dal capitale finanziario, che impone ovunque regimi repressivi, devastazione ambientale e la distruzione dei circuiti economici tradizionali.

Ogni tentativo di arginare tale fenomeno, con logiche di contenimento repressivo, risulta necessariamente inefficace e conduce unicamente alla violazione massiccia dei diritti umani dei migranti.

L‟immigrazione, peraltro, tramite la produzione di rimesse, che costituiscono oggi una risorsa di crescente importanza per i Paesi poveri e la creazione di stabili legami sul piano sociale, economico, culturale e umano ispirati a una logica di interdipendenza e solidarietà globale, può rappresentare una risorsa strategica per il superamento del gap Nord-Sud.

Va tuttavia tenuto presente, che tale gap potrà essere definitivamente eliminato, in prospettiva storica, solo imponendo un nuovo modello di sviluppo centrato sulla soddisfazione dei bisogni effettivi delle popolazioni dei Paesi poveri che porterà a una forte attenuazione degli attuali ritmi migratori.

Tanto premesso, sono evidenti le difficoltà per un “nuovo” Paese di immigrazione come l‟Italia di costruirsi un proprio modello di riferimento. La politica migratoria è un indicatore significativo e sintetico della capacità complessiva del Paese d‟arrivo di misurarsi con il fenomeno. Proprio per questa ragione utilizzeremo l‟evoluzione della normativa come una delle chiavi di lettura che ci permettono di delineare una prima ricostruzione storica del fenomeno, arrivando a sottolineare come il dato più Page 12 significativo della situazione di questi ultimi anni sia rappresentato dalla emergenzialità dell‟intervento e dalla mancanza di una scelta politica di riferimento chiara e precisa, in grado di indirizzare l‟azione amministrativa e di governo. Non appare sorprendente che su una materia così delicata e ricca di implicazioni abbia prevalso un atteggiamento sostanzialmente dilatorio, teso più a governare le tensioni del momento che non a operare interventi di maggior respiro. Il modello italiano, ammesso che sia possibile usare questa espressione, si è così sviluppato in questi anni quasi spontaneamente, ricercando, di volta in volta, il punto di equilibrio tra le diverse spinte, interne ed esterne, più che come sintesi di un autonomo e maturo percorso di decisione politica1.

Le linee di sviluppo della normativa italiana non sono molto diverse da quelle degli altri Paesi dell‟Unione europea. La limitazione dell‟immigrazione irregolare è uno dei punti su cui più si concentra l‟attenzione del mondo politico e dell‟opinione pubblica. Su questo aspetto è stata più volte lamentata la scarsa efficacia dei controlli alle frontiere e l‟assenza di norme e di strutture adeguate a garantire l‟esecuzione dei provvedimenti di espulsione. A tal riguardo non c‟è dubbio che gli altri Paesi europei si sono sicuramente dotati di strumenti più efficaci di quelli italiani, ma non tali da eliminare il fenomeno; anzi, la sempre maggiore diffusione dell‟immigrazione clandestina su scala mondiale dovrebbe far seriamente riflettere sulla possibilità di fermare un processo sociale di tale ampiezza con meri strumenti repressivi. Proprio per superare questi limiti una delle linee su cui si muovono i governi dei Paesi occidentali è quella di sviluppare nuove strategie di contenimento, non basate esclusivamente sull‟irrigidimento dei controlli alle frontiere, ma tese a coinvolgere nella gestione del problema anche i Paesi di provenienza dei flussi.

Considerata la complessità del fenomeno i Paesi membri dell‟Unione europea stanno tentando di affrontare questo problema in una prospettiva più complessiva di interesse Page 13 comune e non demandata solamente ai Paesi più direttamente coinvolti. È chiaro a tutti, infatti, che le politiche in materia di immigrazione attuate in un certo Paese hanno inevitabilmente effetto anche sugli altri Paesi. Emerge pertanto la necessità di un approccio coordinato di questo fenomeno, sia dal punto di vista delle condizioni di ingresso e di soggiorno, sia in materia di integrazione dei migranti. L‟immigrazione è una sfida tanto per il diritto interno quanto per il diritto comunitario ed internazionale.

@Il fenomeno immigrazione - tra passato e presente, in vista di un futuro comune

Negli Stati Uniti le prime disposizioni di controllo sull‟immigrazione sono state introdotte nella legislazione alla fine dell‟ottocento, mentre nei Paesi europei è solo durante il primo conflitto mondiale che vengono emanati provvedimenti per regolare e controllare tale fenomeno.

Negli anni cinquanta e sessanta prevale un atteggiamento liberale nel controllo delle frontiere. Nei decenni seguenti, la trasformazione dell‟immigrazione da fenomeno temporaneo a fenomeno permanente e strutturale determina una radicale inversione di tendenza, con un progressivo aumento di interesse verso il controllo dei flussi e la gestione della crescita delle collettività immigrate.

Il fenomeno migratorio assume sempre più una veste e una dimensione globale e plurinazionale, mentre la risposta politica tarda a farsi carico del relativo impegno che potrebbe permettere di sviluppare le opportune forme di collaborazione e di cooperazione internazionale e regionale, indispensabili per affrontare un problema di carattere transnazionale.

In Italia i primi flussi di immigrazione si verificano durante un periodo in cui la legislazione in materia è praticamente inesistente, tanto che una delle cause più frequentemente indicate per spiegare l‟inizio di tali flussi è proprio l‟assenza di una normativa adeguata e di controlli efficaci, nel momento in cui i tradizionali PaesiPage 14 d‟arrivo mettono in atto politiche di ingresso sempre più restrittive. Tale vuoto legislativo, comune peraltro agli altri Paesi dell‟Europa meridionale che divengono a luoghi d‟immigrazione dopo esserlo stati di immigrazione, si trova a rappresentare un potente fattore d‟attrazione per quelle correnti migratorie che negli anni precedenti trovavano il loro sbocco naturale nell‟Europa centro settentrionale.

Con la fine dell‟800 e l‟aumento dei flussi migratori, il dibattito circa la problematica della regolamentazione dell‟immigrazione si vivacizzò ulteriormente: in Italia si contrapposero due indirizzi dottrinali. Al riguardo il primo2 sosteneva l‟inclusione del diritto dello straniero a soggiornare in Italia, tra i diritti civili riconosciuti all‟uomo in quanto tale e quale presupposto per l‟esercizio degli stessi diritti civili attribuiti dall‟ordinamento3. Tale diritto non poteva essere compresso per la necessità generica di mantenere l‟ordine pubblico, ma occorreva una norma esplicita che prevedesse come pena principale o accessoria a determinati reati l‟espulsione dello straniero. Secondo questa corrente dottrinale dalla qualificazione del diritto a soggiornare quale diritto civile derivava, poi, la necessità di riconoscere allo straniero una piena facoltà di tutelare il proprio diritto attraverso mezzi giurisdizionali4.

Il secondo indirizzo 5 , più moderato, riteneva che quello dello straniero fosse un interesse legittimo e non un diritto assoluto che, in quanto tale, poteva essere limitato da esigenze di ordine pubblico valutate discrezionalmente dall‟autorità pubblica.

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Con l‟entrata in vigore del codice Zanardelli del 1889, venne modificata la disciplina dell‟espulsione che, da questo momento, assunse solo funzione esclusivamente preventiva e non più sanzionatoria e venne riservata alla competenza dell‟amministrazione6.

Il Testo unico di pubblica sicurezza dello stesso anno7 prevedeva una nutrita tipologia di provvedimenti di espulsione; in particolare si distingueva tra espulsione dello straniero condannato per delitto (di competenza dei prefetti) e quella disposta per tutelare l‟ordine pubblico (di competenza del Ministro dell‟Interno). Tra le novità previste da questo corpus normativo figurava anche l‟allontanamento degli stranieri dai comuni di frontiera, il respingimento dalla frontiera e il rimpatrio volontario o facoltativo per chi era sospetto o privo di mezzi di sostentamento idonei al proprio mantenimento in Italia. Non fu invece prevista una disciplina positiva relativa alle modalità di ingresso e di soggiorno.

Il legislatore di fine ottocento, quindi, si limitò a disciplinare solo alcuni aspetti dell‟immigrazione senza pensare ad una normativa a tutto tondo; di conseguenza, la disciplina vigente risultava piuttosto scarna e lasciava all‟autorità di polizia ampia discrezionalità in fase attuativa8.

In Italia un minimo di legislazione esiste, ma si tratta di provvedimenti dell‟epoca fascista, scaturiti in un periodo in cui lo Stato italiano è tutt‟altro che un Paese di immigrazione. La materia è regolata dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931.

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Il problema dell‟ingresso e soggiorno degli stranieri viene considerato semplicemente in termini di tutela dell‟ordine pubblico, rispecchiando l‟ideologia autoritaria del regime. Nel dopoguerra la citata normativa risulta sostanzialmente inapplicata.

Con il passare degli anni, la massiccia presenza di stranieri pone sempre più in evidenza le carenze delle disposizioni regolatrici della materia, richiamando l‟attenzione del legislatore sulla necessità di colmare tali lacune normative. Al riguardo, fin dal 1977 la Corte costituzionale afferma che tale problematica, “per la delicatezza degli interessi che coinvolge, merita un riordinamento da parte del legislatore, che tenga conto delle esigenze di consacrare in compiute ed organiche norme le modalità e le garanzie delle fondamentali libertà umane collegate con l‟ingresso ed il soggiorno degli stranieri in Italia”. Alla carenza...

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