Prime riflessioni in tema di modifiche al sistema della prescrizione (D.D.L. 29 agosto 2014)

AutoreAntonio Esposito
Pagine969-971
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Rivista penale 11/2014
Dottrina
Prime riflessioni in tema
di modifiche al sistema
della Prescrizione
(d.d.l. 29 agosto 2014)
di Antonio Esposito
Il disegno di legge sulla prescrizione presentato dal Go-
verno costituisce un intervento molto contenuto che non
intacca la sostanza della riforma della L. ex Cirielli del 2005
che, come è noto, ha tagliato notevolmente i tempi di pre-
scrizione. Tale normativa non viene toccata nel suo mecca-
nismo di base che ha ancorata la prescrizione al massimo
della pena aumentata di un quarto con la conseguenza che
delitti come la corruzione e la truffa ai danni dello Stato
(e, quindi, anche le truffe comunitarie), la frode f‌iscale e
l’interposizione f‌ittizia dei beni di provenienza delittuosa si
prescrivono in sette anni e mezzo essendo stato f‌issato un
termine di base di sei anni aumentabile di un quarto.
In proposito, va ricordato che, già nel febbraio 2005, il
C.S.M. ebbe, con riferimento all’esame della legge ex Ci-
rielli, ad avvertire, inascoltato, che: “Se si tiene conto della
durata media di un processo di merito si può ragionevol-
mente concludere che quasi tutti i processi per reati puniti
con la pena della reclusione compresa nel massimo tra i
cinque e i sei anni sono destinati a sicura prescrizione”.
Del resto, la stessa Commissione “Fiorella”, nella sua
relazione dell’aprile 2013, aveva avvertito che si rendeva
“opportuna una correzione del meccanismo attualmente
disegnato dalla legge n. 251/2005, nella misura in cui – per
effetto dell’aumento di un solo quarto del termine prescri-
zionale base in presenza di cause interruttive – concede alla
giurisdizione un tempo estremamente limitato per giungere
alla sentenza def‌initiva dal momento in cui viene compiuto
il primo atto interruttivo, spesso rappresentato (specie
nei reati di gravità medio-bassa) dall’esercizio dell’azione
penale. Rispetto, ad es., ai delitti che si prescrivono oggi in
sei anni, ai sensi dell’art. 157 comma 1, se l’azione penale
viene esercitata in prossimità della scadenza di tale ter-
mine la giurisdizione avrà a propria disposizione poco più
di un anno e mezzo per celebrare l’udienza preliminare, il
giudizio di primo grado, quello di appello e quello di cassa-
zione, senza contare gli eventuali giudizi di rinvio: un tempo
manifestamente insuff‌iciente per giungere a una sentenza
def‌initiva, e durante il quale il processo sarà inesorabilmen-
te destinato a prescriversi, anche là dove sia stato possibile
giungere a una sentenza di condanna in primo grado”.
La Commissione evidenziava “l’esigenza, fortemente
avvertita dalla prassi, di assicurare alla giurisdizione tempi
congrui per l’accertamento dei reati e l’ascrizione delle re-
lative responsabilità, evitando lo spreco di energie proces-
suali che troppo spesso oggi si verif‌ica quando la prescrizio-
ne matura dopo l’espletamento di accertamenti complessi,
frequentemente già sfociati in sentenze di condanna non
def‌initive. Una simile situazione frustra la legittima pretesa
punitiva dello Stato e le istanze di tutela della vittima del
reato, disincentivando al contempo i riti alternativi e favo-
rendo la presentazione di impugnazioni a scopo puramente
dilatorio per conseguire l’obiettivo della prescrizione”.
Ora, a fronte di una normativa che – pur avendo adotta-
to un sistema processuale il quale, con l’acquisizione della
prova in dibattimento, ha raddoppiato i tempi dei processi
– ha irragionevolmente ridotto i termini di prescrizione
determinando l’estinzione di circa 150.000 processi l’anno
(secondo una stima effettuata nel 2011 dal C.S.M.), ci si
sarebbe aspettato un intervento radicale sull’istituto della
prescrizione quanto meno con la rimodulazione del ter-
mine di base, aumentandolo – per i reati per i quali oggi è
previsto il termine di base di sei anni (tra i quali, come si
è detto, la corruzione, la truffa aggravata, la frode f‌iscale
e l’interposizione f‌ittizia di beni) – da sei a dieci anni e
con l’aumento da un quarto alla metà in caso di atti in-
terruttivi. Viceversa, si è soltanto intervenuti sull’istituto
della sospensione della prescrizione col prevedere che il
termine di prescrizione si fermi per due anni dal momento
della sentenza di condanna in primo grado, cui fa seguito
un altro anno in caso di successiva condanna in appello.
Tale previsione appare illogica giacché, ancora una volta,
si fonda sull’idea che la prescrizione del reato possa fungere
da sanzione alla durata non ragionevole del processo, prin-
cipio che, viceversa, non ha nulla a che vedere con la pre-
scrizione poiché sia la Convenzione europea, sia la giurispru-
denza di Strasburgo, sia il precetto sancito dall’art. 111 della
Costituzione esigono che, in tempi ragionevoli, si pervenga
ad una pronuncia nel merito della controversia (che assolva
o condanni) non ad una pronuncia di mero rito, come quella
che consegue anche alla dichiarazione di estinzione del reato
che si risolve in un meccanismo che ostacola l’accertamento
sul merito della questione dedotta in giudizio.

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