Modifiche in tema di prevenzione antimafia e di confisca ex art. 12-sexies Legge N. 356 del 1992

AutoreGiovanni Mattencini
Pagine127-159
CAPITOLO 4
MODIFICHE IN TEMA DI PREVENZIONE
ANTIMAFIA E DI CONFISCA
EX ART. 12-SEXIES LEGGE N. 356 DEL 1992
di Giovanni Mattencini
SOMMARIO: 4.1. Associati ad organizzazioni di tipo mafioso e soggetti ad essi equi-
parati al fine di applicazione delle speciali misure di prevenzione – 4.1.1. Qualità di
indagato e pericolosità sociale – 4.1.2. Non necessità dell’avviso orale del questore,
divieti aggiuntivi ed interinali – 4.2. Soggetti legittimati ad avanzare richiesta di
applicazione delle misure – 4.3. Riserva al procuratore distrettuale (e suoi sostituti)
delle funzioni di pubblico ministero nel procedimento di prevenzione – 4.3.1. Ap-
plicazione di magistrati del pubblico ministero in materia di misure di prevenzione
– 4.4. Irrogabilità disgiunta delle misure di prevenzione ed irrogabilità ultra mortem
di quelle patrimoniali – 4.5. Le altre modifiche in tema di confisca: i presupposti del
provvedimento – 4.5.1. … le attività di dispersione e la confisca per equivalente
monetario – 4.5.2. … fittizietà di intestazioni e di trasferimenti di beni per praesum-
ptionem legis – 4.5.3. … la revoca delle assegnazioni o destinazioni dei beni confi-
scati – 4.6. La riabilitazione dalle misure di prevenzione adottate nei confronti delle
persone indicate dall’art. 1 della legge n. 575 del 1965 – 4.7. La confisca speciale
comminata dal giudice penale in caso di condanna per reati in materia di armi, di
stupefacenti e di riciclaggio.
4.1. Associati ad organizzazioni di tipo mafioso e soggetti ad essi equiparati
al fine di applicazione delle speciali misure di prevenzione
In quanto figlia dell’emergenza, la legge 24 luglio 2008, n. 125 (in G.U.,
25 luglio 2008, n. 173), di conversione del “decreto sicurezza”1, non si sot-
trae al consueto intervento sul martoriato, sgraziato e disarmonico corpo
delle leggi che prevedono misure di prevenzione nei confronti di persone
pericolose per la sicurezza pubblica2.
1 D.L. 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, in G.U. 26
maggio 2008, n. 122.
2 Nel corso della XV legislatura, il Governo presentò alla Camera dei deputati il disegno di
legge (C. 3242) recante Misure di contrasto alla criminalità organizzata. Delega al Governo per
l’emanazione di un testo unico delle misure di prevenzione. Disposizioni per il potenziamento
128 Sistema penale e sicurezza pubblica
Sembra corrente la convinzione che un sistema di prevenzione ben mu-
nito possa alleggerire la pressione sul sistema punitivo, ma l’asserzione ri-
schia di rivelarsi ben lontana dal vero.
In un armonico sistema penale generale, prevenzione e punizione devono
tenersi in ordinato equilibrio giacché assolvono a specifiche e fra loro infun-
gibili esigenze. Il fulcro dell’asse, per così dire, dipenderà, poi, dalla qualità
dell’intervento preventivo e dalla tempestività dell’intervento punitivo.
Ognuno intende come, dovendo il sistema preventivo mirare a finalità di
dissuasione dal crimine con operazioni di carattere formativo ed educativo3,
quanto più, invece, esso appronti mezzi di intervento di natura lato sensu
correttiva, rivela un possibile sconfinamento di campo. La fisiologica fun-
zione di deterrente lascia intravvedere, in filigrana, quella patologica di suc-
cedaneo strumento di repressione4.
A questo punto, la prevenzione si snatura; i provvedimenti giudiziari
resi in suo nome ma con intima essenza di surrogato della punizione, in
quanto irrogati con giudizi necessariamente sommari, si palesano odiosi.
Né rendono buon servizio al sistema punitivo perché la sanzione penale,
quando finalmente interviene, spesso a misura di prevenzione già espiata,
viene vista e patita come ingiusto duplicato di afflittività.
Si vuol dire, in definitiva, che l’ingigantimento della prevenzione, se si
trasforma in intervento di supplenza ad una sistema punitivo che, in quanto
intempestivo, ha perso il mordente della prevenzione generale5, non è af-
fatto una risposta adeguata ai problemi di un’organizzazione sociale com-
plessa e multietnica. In materia di prevenzione, una risposta “muscolare”,
quanto più è forte, tanto più rende disarmonico il sistema penale generale;
ove, però, disarmonia non è solo un tratto estetico.
Nell’equilibrio fra sistema di punizione, caratterizzato dal massimo ri-
spetto delle garanzie difensive, e sistema di prevenzione, in cui quelle ga-
degli uffici giudiziari e sul patrocinio a spese dello Stato che, assegnato alla Commissione Giusti-
zia in sede referente, non vide mai l’inizio del suo esame.
3 Non può essere dimenticato l’insegnamento di NUVOLONE, voce Misure di prevenzione e
misure di sicurezza, dell’Enc. del dir., vol. XXVI, Milano, 1970, 634, secondo il quale il fonda-
mento delle misure di prevenzione va ravvisato innanzi tutto nell’art. 2 cost., col quale lo Stato si
impegna a tutelare i diritti individuali dei consociati prima che quelli vengano offesi; quindi,
nell’art. 25, comma 3, cost., che prevede espressamente le misure di sicurezza il cui presupposto,
al pari delle misure di prevenzione, è la pericolosità sociale; infine, nell’art. 27, comma 3, cost.,
che assegna alla pena il fine della rieducazione con ciò ricollegandola “anche all’accertamento di
fattori di personalità”.
4 “Pene del sospetto” e “stampelle di un apparato di repressione che non riesce a percorrere
la via maestra del giudizio per l’accertamento del reato”, secondo le pungenti definizioni di
CORSO, Profili costituzionali delle misure di prevenzione: aspetti tecnici e prospettive di rifor-
ma, in FIANDACA – COSTANTINO (a cura di), La legge antimafia tre anni dopo, Milano,
1986, 137.
5 Per MARINUCCI – DOLCINI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2006,
10: “Far seguire alla previsione legale della pena la sua applicazione in concreto con la pronuncia
della sentenza di condanna significa confermare la serietà della minaccia contenuta nella norma
incriminatrice, mostrando ai potenziali trasgressori della norma che non potranno violarla impu-
nemente”.
G. Mattencini – Modifiche in tema di prevenzione antimafia e di confisca... 129
ranzie appaiono necessariamente affievolite6, si gioca, infatti, la partita
dell’ossequio ai dettami dell’articolo 27, comma 2, e dell’articolo 111 della
Carta costituzionale.
Orbene, l’attenzione del legislatore dell’estate 2008 si è appuntata in
particolare sulle disposizioni della legge contro la mafia, introdotta con
legge 31 maggio 1965, n. 575, apparentemente slargando la categoria del-
le persone nei cui confronti sono applicabili le particolari disposizioni di
legge.
Com’è noto, l’articolo 1 della citata legge, dopo la modifica operata
dalla legge 13 settembre 1982, n. 646, prevedeva che le disposizioni norma-
tive introdotte da quella legge si applicassero agli indiziati di appartenere
ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni comun-
que localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi
corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso. Oggi, nel testo
novellato, viene consentita l’applicazione delle medesime disposizioni an-
che ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma
3-bis, del codice di procedura penale.
Si tratta: a) dell’associazione a delinquere semplice diretta a commettere
taluno dei delitti riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta
di persone e acquisto e alienazione di schiavi; b) degli appena indicati reati
fine; c) dell’associazione a delinquere di tipo mafioso7 nell’estensione alle
associazioni straniere operata dall’art. 1, comma 1, lett. b-bis, della legge n.
125 del 20088; d) del sequestro di persona a scopo di estorsione; e) dei de-
6 Perché il giudizio si commisura non a certezza ma a mera probabilità: NUVOLONE, op. cit.,
635; MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 2001, 902.
7 Al riguardo, la tecnica del rinvio prescelta dal legislatore del 2008, in uno alla conservazione
della originaria prima parte dell’art. 1, innesta un problema interpretativo di non secondario rilievo.
Com’è noto, la locuzione verbale appartenere ad associazioni di tipo mafioso, aveva indotto
soprattutto la dottrina a chiedersi se con appartenenza non dovesse intendersi oltre alla partecipa-
zione (far parte, è la locuzione utilizzata dall’art. 416-bis c.p.), anche qualsivoglia altro compor-
tamento pur non illecito, di fiancheggiamento a siffatti potentati criminali (vedi GUGLIELMUC-
CI, Nozione di indiziato di appartenenza ad associazioni mafiose e di indiziato di misure di
prevenzione, in Cass. pen., 1987, 1669; DE LIGUORI, Fattispecie preventiva ed associazione
mafiosa; realtà e simbolismo della nuova emergenza, ivi, 1990, 691). Tema, questo, poco disso-
dato dalla giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale Lecce, 4 novembre 1989, Riotti, in Cass. pen.,
1990, 687; Tribunale Lecce 9 novembre 1990, Grassi, in Riv. pen., 1991, 184 e Tribunale Napoli,
17 novembre 1995, Nuvoletta, in Critica del dir., 1996, 209) e apparentemente assente agli inte-
ressi del giudice di legittimità.
Oggi che le due formule vengono fatte salve dalla novellata formulazione dell’art. 1 legge n.
575 del 1965, ancor più si legittima l’opinione di chi, richiamata l’autonomia dei presupposti
degli accertamenti del processo penale di merito e del procedimento di prevenzione, si inducesse
a individuare nel concetto di appartenenza ad associazione mafiosa una situazione di sia pur sola
contiguità al sodalizio e nella partecipazione il ricorrere di uno specifico e determinato ruolo or-
ganico all’interno di esso.
8 Sul valore della modifica legislativa, si rimanda al commento della norma sub 1.3.
È stato correttamente osservato che l’espresso riferimento contenuto nella nuova formulazione
dell’art. 1 della legge n. 575 del 1965 all’art. 416-bis del c.p., e la contestuale modifica di quest’ul-
timo articolo operato dalla legge in commento, rendono palese l’intenzione del legislatore di
estendere la portata operativa delle norme in materia di prevenzione di contrasto alla criminalità
mafiosa anche “alle nuove mafie di matrice extranazionale che da tempo si sono radicate sul ter-

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