La preterintenzione

AutoreMaria Grazia Maglio/Fernando Giannelli
Pagine963-974

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@1. La preterintenzione: generalità.

L'art. 43, primo comma, secondo alinea, c.p., recita: «(Il delitto) è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente».

La preterintenzione, ad onta della formulazione, notevolmente ambiziosa, che l'art. 43 c.p. riserva al delitto preterintenzionale, è stata sempre studiata, in grandissima prevalenza, con riguardo alle figure di reato che concernono i beni della vita e dell'incolumità individuale.

Il TAGLIARINI, ad esempio, con una «coraggiosa» costruzione, giunge a ritenere che si possa parlare di delitto preterintenzionale tutte le volte che da una condotta «di base» discenda, quale conseguenza non voluta, la morte di taluno (es.: artt. 591, terzo comma, 593, terzo comma, c.p.).

La nostra, implicita, critica a tale costruzione risulterà dal contesto della nostra trattazione, sia pur contenuta, dell'argomento.

È da notare, immediatamente, che l'art. 45 del codice Zanardelli comprendeva nell'«altrimenti» riguardante il titolo psichico del reato (vedasi, oggi, art. 42, terzo comma, c.p.) anche la preterintenzione, curandosi di prevedere solo il dolo. Eppure, come si vedrà, nel codice Zanardelli, non mancavano forme di delitto preterintenzionale.

Si ricava, dal combinato disposto degli artt. 43, primo comma, e 42, quarto comma, c.p., che la preterintenzione non può giammai riguardare le contravvenzioni (così pure era sotto il vigore del codice cessato, art. 45, primo e secondo comma).

E, d'altro canto, nell'ottica accennata, pur non mancando delle contravvenzioni poste a tutela della persona indirettamente (art. 728 c.p.) o direttamente (art. 734 bis c.p.), non compaiono, in quel campo, le evenienze «lesioni personali» o «morte».

Non mancheremo, comunque, di osservare che parte della dottrina (SANTANIELLO) ascrive al novero dei casi riconducibili al modulo psicologico della preterintenzione l'istituto di cui all'art. 116 c.p., che può trovare applicazione anche in materia contravvenzionale, ma, pressoché contestualmente, lo annovera fra i casi di responsabilità oggettiva.

Fino all'entrata in vigore del codice Rocco, vive erano le dispute.

Sia in dottrina, sia in giurisprudenza, circa la possibilità di affermare la responsabilità per omicidio preterintenzionale (e non per omicidio doloso) qualora l'evento morte fosse «prevedibile». Ma la terminologia stessa mostra quanto fossero usati promiscuamente i concetti di prevedibilità, previsione e volizione (FINZI, PATALANO).

Fatto sta che nei lavori preparatori del codice Zanardelli si era proposto di «assoggettare» la figura dell'omicidio preterintenzionale al requisito della prevedibilità, ma la Relazione senatoriale al testo del codice si mostrò felice della soppressione, a causa delle dispute «insanabili» cui aveva dato luogo la menzione del «terribile» requisito.

La preterintenzione, con riguardo al codice vigente, è stata costruita in diversi modi.

Ciò che è sicuro è che, anche nel delitto preterintenzionale, non può mancare il requisito della coscienza e volontà della condotta, base psicologica comune ad ogni fatto di reato (PANNAIN, BETTIOL, PETTOELLO MANTOVANI, FIORE).

Molti autori (ANTOLISEI, FROSALI, FIANDACA, MUSCO, PISAPIA, PAGLIARO, PADOVANI, GROSSO, DA COSTA, SPASARI, REGINA, MARINI, CASTALDO, ARDIZZONE, ZUCCALÀ, CALVI, PETTOELLO MANTOVANI, TAGLIARINI, ROMANO, NUCCI, CANESTRARI, FLORA, SCOTTI, INSOLERA, MARINUCCI, DOLCINI), e parte della giurisprudenza, ascrivono la preterintenzione (studiata - è il momento di dirlo - con riguardo all'unica figura di delitto preterintenzionale pacifica, quella di cui all'art. 584 c.p. - omicidio preterintenzionale -) al novero dei casi di responsabilità oggettiva.

Questa tesi non considera, innanzi tutto, la storia del diritto penale: abbiamo già osservato che l'art. 45 del codice Zanardelli appariva confondere la preterintenzione nell'«altrimenti» colà usato, ma ciò non si può dire affatto del codice Rocco, che usa il famigerato avverbio solo a proposito dell'istituto della responsabilità oggettiva, dedicando un apposito locus alla preterintenzione (MANZINI, PANNAIN, FIORE).

La Corte costituzionale, nella sentenza 364/1988, aderisce alla tesi che avversiamo, ed esige la colpa in concreto, per conseguenza, anche nel delitto preterintenzionale, secondo l'impostazione (in linea con molta dottrina) circa la compatibilità tra l'art. 42, terzo comma, c.p. e l'art. 27, primo comma, Cost., compatibilità che anche noi, per altro, affermiamo.

Si è detto, talvolta, in giurisprudenza, che nella preterintenzione è presente un misto di dolo e di caso fortuito (dolo per l'evento voluto, caso fortuito per quello non voluto, ma è un «modo di dire», perché l'evento è unico) (in dottrina: MARCIANO): ora, sia costruendo il caso fortuito come l'assenza di ogni colpa, sia costruendolo in senso oggettivistico, come un quid interruttivo del nesso di causalità materiale, la preterintenzione, per assurdo, dovrebbe essere costruita come «mistura di una forma di elemento psicologico, il dolo, e di un elemento negativo del reato, sub specie di elisione del collegamento psicologico tra condotta ed evento, o di una causa di insussistenza del fatto.

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Nell'ambito della tesi che vuole la preterintenzione costituita da un misto di dolo e di responsabilità oggettiva, molti autori (per tutti: ANTOLISEI) qualificano il delitto preterintenzionale come un caso particolare di delitto aggravato dall'evento.

Ma l'evento, elemento costitutivo del reato, non può aggravarlo (PANNAIN), per cui non esiste affatto la categoria dei reati aggravati dall'evento nel nostro sistema penale.

Il DE MARSICO ebbe ad esserire che, nel delitto preterintenzionale, la volontà non fa dell'evento (la morte) il proprio fulcro, ma, solo, lo lambisce: l'evento sarebbe, sì, non voluto, ma, neanche, disvoluto.

Giustamente la dottrina (ANTOLISEI, MANTOVANI, PANNAIN, PATALANO) ha obiettato a questa tesi, che noi vorremmo chiamare «rivierasca», la sua estrema genericità, che rischia di confondere la preterintenzione con il c.d. dolo eventuale (già il CARRARA aveva posto la preterintenzione in rapporti - sia pure differenziali - con il dolo indeterminato, SANTANIELLO).

Si sostiene, da parte di altri autori (VANNINI, BETTIOL, MANTOVANI, SANTANIELLO, NUVOLONE, DE ASUA, MAGGIORE, PATALANO, FIORE) che la preterintenzione sia costituita da dolo misto a colpa (il VANNINI ed il PATALANO ravvisano, più degli altri autori or citati, affinità tra il delitto preterintenzionale e quello colposo).

Intendiamo aderire a questa tesi, ma con la precisione, del VANNINI, che la colpa debba intendersi, nello specifico caso, siccome quella per inosservanza di leggi penali.

E qui bisogna affrontare il problema della colpa presunta (VANNINI).

Così viene indicata la colpa per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, ma molti autori intendono estromettere dal novero delle leggi quelle penali, lamentando l'assurdo di far discendere un addebito di colpa dalla suddetta fonte (CONTENTO).

Si tratterebbe (MANTOVANI) di un caso di responsabilità oggettiva «camuffata», e si esige che la colpa vada sempre ricercata in concreto, onde evitare responsabilità che la legge violata non pretendeva fossero inscritte nel proprio settore di tutela (MARINUCCI, DOLCINI).

Orbene, è palese l'equivoco: il problema indicato dall'ANTOLISEI non riguarda la colpa, ma la causalità materiale, e nessuno vorrà negare l'esigenza dell'indagine causale nei sensi additati dall'autore; non si vuole, poi, far coincidere (CONTENTO) la violazione della legge penale e la colpa derivantene rispetto ad una stessa norma, ma si vuole porre l'infrazione della legge penale come fonte di colpa rispetto ad un diverso evento, come nel caso dell'aberratio delicti (VANNINI, LEONE, FIORE).

Senza negare, poi, che ci ripugnerebbe trattare la violazione della legge penale (dolosa, nel caso del delitto preterintenzionale) come posta in un gradino infimo, più basso della violazione, magari colposa, del più squallido regolamento del più lercio dei condomini! (quanto all'inclusione delle leggi penali nel novero di quelle richiamate dall'art. 43, primo comma, terzo alinea, c.p.: MANZINI, VANNINI, LEONE, PANNAIN).

Allora, non v'è bisogno di richiedere colpa in concreto, quanto alle percosse o lesioni, rispetto alla morte (MARINUCCI, DOLCINI), affermando che, in definitiva, colpa vi sarà quasi sempre (BETTIOL). È proprio il «quasi» che pone il problema, e non si può operare una sorta di presunzione (questa, sì, inammissibile), per giunta assoluta. La presunzione assoluta, e legittima, stavolta, si formula in base all'insuperabile disposto dell'art. 43, primo comma, alinea 3, c.p., in parte qua.

In definitiva, la preterintenzione è costituita dal dolo, quanto alle percosse od alle lesioni, dalla colpa per violazione di leggi penali quanto alla morte non voluta (le leggi penali violate potranno, anche, essere diverse da quelle degli artt. 581 e 582 c.p., come si vedrà a tempo debito).

Il MANZINI nega che la colpa possa avere alcuna rilevanza nella costruzione del delitto preterintenzionale, atteso il carattere doloso delle percosse o delle lesioni. In verità, non ci riesce di comprendere perché mai la colpa per violazione di leggi penali dovrebbe solo discendere dalla violazione colposa di una legge penale, e non anche (ma, diremmo, a fortiori) dalla violazione dolosa di una legge penale.

Dobbiamo, a questo punto, per onestà, avvertire che l'art. 122, secondo comma, del codice penale svizzero esige, oltre il nesso di causalità materiale, espressamente richiamato, la concreta prevedibilità dell'evento, in materia di delitto preterintenzionale.

Il PANNAIN ed il CONTENTO rivendicano alla preterintenzione la sua piena autonomia, ed il primo, in particolare, rimprovera al VANNINI di far confluire in un unico evento due elementi psichici, il dolo e la colpa.

Ora, noi non vorremo ergerci a...

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