L’azione civile nel processo penale: presupposti, translatio e danno non patrimoniale degli enti

AutoreIvan Borasi
Pagine1081-1087

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@1. Premessa

– L’analisi de qua verterà sul rapporto tra i profili processuali e sostanziali in tema di costituzione di parte civile nel processo penale da un lato e le peculiarità dell’azione civile ordinaria di risarcimento danni da reato dall’altro.

Si tratterà inoltre delle ragioni di convenienza in ordine alla scelta dell’ubicazione dell’azione civile conseguente a reato, portando all’attenzione dell’interprete le ragioni di incongruenza tra l’ordinamento civilistico e quello penalistico sul punto, in modo da porre spunti di riflessione e chiavi di lettura anche de iure condendo.

Non verranno trascurati gli importanti profili legati al danno non patrimoniale subito dagli enti e le peculiarità della relativa costituzione di parte civile nel processo penale.

@2. Le fonti

In primis, il fondamento normativo sostanziale dell’azione di risarcimento del danno, patrimoniale e non, causalmente riferibile ad un reato, è rappresentato dall’art. 185 c.p., il quale a sua volta richiama le leggi civili in materia di responsabilità extracontrattuale, vale a dire principalmente gli artt. 2043 e ss. c.c.

La disciplina de qua, in tema di danni, rinvia agli artt. 1223, 1226, 1227 c.c., ma non all’art. 1225 c.c., in tema di prevedibilità del danno colposo, consentendo la risarcibilità anche in caso di danno imprevedibile ex ante.

Il fondamento normativo processuale della costituzione di parte civile all’interno del processo penale è rappresentato dagli artt. 74 e ss. c.p.p.1.

L’art. 74 c.p.p. dispone che legittimato alla costituzione è il soggetto danneggiato dal reato, sia esso persona offesa o meno, o i suoi successori universali, nei confronti dell’imputato o dei coimputati, che rispondono in solido2 in caso di condanna ai sensi degli artt. 187, comma 2, c.p. e 2055 c.c., e del responsabile civile3 ai sensi dell’art. 185 comma 2 c.p., che in caso di condanna risponde in solido a sua volta con l’imputato o gli imputati ai sensi dell’art. 538, comma 3, c.p.p.

Il responsabile civile risponde civilmente per un fatto altrui a norma delle leggi civili4, e non sulla base di una mera disciplina contrattuale5; allo stesso modo non è conentito al responsabile civile di chiamare a sua volta in causa in manleva altro soggetto6.

L’art. 74 c.p.p.7 distingue il diritto al risarcimento iure proprio, che può spettare anche ai successibili prossimi congiunti della vittima, in concreto non eredi, da quello iure successionis, che spetta solo ai successori universali rispetto ad un evento dannoso subito dalla vittima8.

@3. Rapporto tra azione civile e azione penale

– Prima di passare alla disciplina della costituzione di parte civile nel processo penale è indispensabile analizzare il rapporto tra l’azione civile nel processo civile e quella nel processo penale9.

La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 75 c.p.p. che disciplina fondamentalmente tre ipotesi10: il trasferimento dell’azione civile nel processo penale; la separazione dei giudizi; la pregiudizialità penale nel processo penale.

La prima ipotesi è disciplinata al comma 1, e permette la translatio iudicii dal processo civile a quello penale, purché in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo11, con consequenziale rinuncia agli atti del giudizio civile, senza necessità di accettazione delle altre parti costituite in sede civile12, e con obbligo del giudice penale di statuire, al termine del processo, anche sulle spese del processo civile rinunciato13, salva la indifferenza della materia cautelare civile che rimane off limits al giudice penale14.

Per il trasferimento è necessario vi sia perfetta coincidenza oggettiva di petitum mediato ed immediato e causa petendi15 tra l’azione civile davanti al giudice civile e quella trasferita nel processo penale. Tale conclusione è strettamente connessa con il profilo dell’efficacia del giudicato penale nel giudizio civile di danno16 e alla natura del diritto fatto valere sotteso al richiesto risarcimento.

Il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito è diritto eteroindividuato che ha come elemento identificatore la fattispecie costitutiva vale a dire il fatto illecito17, e per tale motivo non può prevedersi un trasferimento parziale della domanda visto che il fatto costitutivo della stessa, il fatto illecito, è uno solo ed identifica il diritto18.

Sulla base, quindi, della necessità di una valutazione unitaria del diritto al risarcimento del danno, la statuizione sulla causa petendi dell’azione civile deve essere unica.

In caso di trasferimento oggettivo parziale dal processo civile la costituzione di parte civile nel processo penale deve essere esclusa ex art. 81,Page 1082 comma 1, c.p.p., e quindi non si realizza la rinuncia agli atti dell’azione civile nella sede propria.

L’art. 82, comma 3, c.p.p. prevede inoltre la revoca della costituzione in caso che il danneggiato promuova l’azione civile avanti al giudice civile19, che potrà conoscere anche delle spese presofferte; non si tratta d’altro che di un vero e proprio trasferimento dell’azione a cui si applicano gli stessi principi della inversa translatio ut supra chiariti. In caso però di translatio oggettiva parziale della domanda di risarcimento danni, in ordine all’an, in sede civile deve essere dichiarata l’inammissibilità della domanda sulla base di un’interpretazione sistematica costituzionalmente orientata dei rapporti tra i due ordinamenti, non realizzandosi quindi la revoca tacita della costituzione in sede penale.

È possibile la frazionabilità soggettiva dell’azione civile, con le conseguenze in tema di effetti di tale scelta, vale a dire l’estinzione del giudizio solamente per chi subisce la translatio ma la non incidenza del giudicato penale su colui, litisconsorte facoltativo che non subisce tale trasferimento. Ciò perché non vige nell’ordinamento un principio di unitarietà soggettiva del diritto al risarcimento del danno.

Le motivazioni della translatio possono essere varie, tra le quali quella di non subire preclusioni. In puncto è necessario precisare che le prove assunte nel processo civile possono essere utilizzate a fini decisori nel processo penale sulla base del principio del libero convincimento del giudice penale, salve le limitazioni di cui all’art. 238 c.p.p. per i verbali20 e la disciplina ex art. 234 c.p.p. per le prove documentali21.

La seconda ipotesi, contenuta al comma 2, prevede che l’azione civile nel processo civile prosegue se non è trasferita nel processo penale o è iniziata dopo che non è più possibile la costituzione di parte civile.

Diversa è la situazione in cui l’azione civile in sede civile sia proposta solo dopo che la sentenza penale sia passata in giudicato anche in ordine agli effetti civili; in tal caso qualora si abbiano medesimi petitum e causa petendi rispetto all’azione civile esercitata in sede penale, il giudice civile dovrà dichiarare inammissibile l’azione per evitare una duplicazione delle statuizioni, salvo l’art. 539 comma 1 c.p.p.

La terza ipotesi, contenuta al comma 3, prevede che, salve le eccezioni legislative, il processo civile di risarcimento danni nei confronti dell’imputato rimane sospeso fino al giudicato penale quando l’azione in sede civile sia proposta, oltre che nel già visto caso di transaltio, dopo l’emissione della sentenza penale di primo grado, purché l’azione penale possa avere effetti giuridici sull’azione civile.

Entrambe le predette disposizioni chiariscono le interazioni tra le azioni de quibus, ma indirettamente rendono comprensibile che l’incidenza del processo penale sull’azione civile può scontrarsi contro il giudicato civile nel frattempo formatosi e quindi realizzare un vero e proprio conflitto di giudicati già considerato e tollerato a monte dal legislatore, salve le ipotesi di sospensione.

A questo punto è utile precisare che la sentenza penale irrevocabile di condanna a seguito di dibattimento o giudizio abbreviato22 ha efficacia di giudicato nei confronti dell’imputato e del responsabile civile citato o intervenuto nel giudizio civile di danno quanto all’accertamento in ordine alla sussistenza del fatto, la sua illiceità penale e l’affermazione che l’imputato lo ha commesso23.

La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ex art. 530 comma 1 c.p.p.24 a seguito di dibattimento o giudizio abbreviato25 ha efficacia di giudicato nel giudizio civile di danno quanto all’accertamento che il fatto non sussiste, o che limputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento del dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, sempre che il danneggiato sia costituito o sia stato posto nelle condizioni di costituirsi parte civile, e ad eccezione del caso in cui il danneggiato abbia proceduto ai sensi dell’art. 75, comma 2, c.p.p.26. Si esclude tale efficacia anche ai sensi dell’art. 404 c.p.p., qualora il danneggiato non sia stato posto nelle condizioni di contraddittore nell’assunzione di una prova in sede di incidente probatorio posta alla base della sentenza assolutoria, salvo accettazione anche tacita27.

@4. Presupposti sostanziali (in generale) dell’azione civile nel processo penale

– Tutto ciò premesso, per una fruttuosa costituzione di parte civile nel processo penale è necessario che vi sia un soggetto, persona fisica o ente, con o senza personalità giuridica, che abbia subito una lesione, ad un proprio diritto o interesse giuridicamente rilevante, produttiva di un danno, patrimoniale o non patrimoniale, che a sua volta sia causalmente riferibile ad un reato.

@@4.1. I soggetti attivi: la legitimatio ad causam

– È ormai consolidato in dottrina e giurisprudenza che il soggetto danneggiato può assumere le vesti giuridiche più diverse28, comprese quelle di associazioni ed enti rappresentativi di interessi collettivi e diffusi che potrebbero intervenire ex art. 91 c.p.p.29, purché che via la legitimatio ad causam.

La giurisprudenza, e parte della dottrina, qualificano la...

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