Prelazione locatizia e vendita cumulativa

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine207-209
207
giur
Arch. loc. e cond. 2/2014
LEGITTIMITÀ
PRELAZIONE LOCATIZIA
E VENDITA CUMULATIVA
di Maurizio de Tilla
Con la decisione in rassegna la Corte di cassazione ha
affermato che è corretto il richiamo che la Corte di merito
ha fatto al principio per il quale il diritto di prelazione o di
riscatto, previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39,
a favore del conduttore, presuppone l’identità dell’immo-
bile locato con quello venduto, sicché, nell’ipotesi in cui,
con un unico atto o con più atti collegati, vengano venduti
ad uno stesso soggetto una pluralità di unità immobiliari,
tra cui quella oggetto del contratto di locazione, occorre
distinguere a seconda che si sia in presenza di una vendita
in blocco (che esclude il sorgere in capo al conduttore dei
predetti diritti) o di una vendita cumulativa (che li lascia
inalterati, limitatamente al bene oggetto del contratto di
locazione).
Presente nella giurisprudenza di legittimità è pure l’af-
fermazione per la quale perché ricorra la vendita in blocco
non è indispensabile che questa - come sembra sostenere
il ricorrente col terzo motivo di ricorso - riguardi l’intero
edif‌icio in cui è compreso quello locato, ma è suff‌iciente
che i vari beni alienati, tra loro conf‌inanti, costituiscano
un unicum e siano venduti (o promessi in vendita) non
come una pluralità di immobili casualmente appartenenti
ad un unico proprietario e ceduti (o cedendi) ad un sog-
getto diverso da colui che conduce in locazione per uso
diverso uno di essi, ma come complesso unitario, costi-
tuente un quid differente dalla mera somma delle singole
unità immobiliari (così Cass. n. 15897/11, n. 23749/08, n.
23747/08, n. 5502/08, tra le più recenti).
liari, tra cui quella oggetto del contratto di locazione, al
conduttore, che invoca il diritto di prelazione e il correlato
diritto di riscatto di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e
39, spetta dare la prova che le parti hanno considerato i
vari immobili ceduti come unità distinte, prive di qualsiasi
elemento unif‌icatore, che hanno, cioè, inteso concludere
una vendita cumulativa facendola apparire simulatamen-
te come vendita in blocco al solo scopo di pregiudicare
le aspettative di esso conduttore, essendo tuttavia allo
scopo irrilevante che la futura, unitaria destinazione del
complesso immobiliare sia possibile soltanto a seguito di
interventi edilizi o lavori di ristrutturazione, purchè que-
sti siano materialmente eseguibili e non siano vietati dagli
strumenti urbanistici.
Essendo stato accertato da parte del giudice di merito
il collegamento strutturale e funzionale tra i beni oggetto
del contratto di compravendita per notaio Comito del 6
febbraio 1991 e non essendo stata dimostrata da parte del
conduttore B. la natura f‌ittizia dell’acquisto congiunto in
capo ai coniugi P. - U., in quanto volto ad eludere i suoi
diritti di prelazione e di riscatto, i motivi terzo e quarto
vanno rigettati.
5.- Il quinto motivo di ricorso è relativo ai vizi di moti-
vazione e di violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., denun-
ciati con riferimento al capo della sentenza di secondo
grado di condanna dell’appellato B.F. al pagamento delle
spese dell’intero giudizio sia nei confronti degli appellanti
principali che nei confronti dell’appellante incidentale.
Dal momento che, come si evince dal rigetto dei primi
quattro motivi di ricorso, il giudice d’appello ha corretta-
mente applicato il principio della soccombenza sotteso al
richiamato art. 91 cod. proc. civ., il motivo è infondato.
Nè, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente,
rileva che la Corte territoriale abbia accolto soltanto uno
dei diversi motivi di gravame proposti e non abbia con-
siderato che sugli altri gli appellanti sarebbero “rimasti
virtualmente soccombenti”, così come erano stati soccom-
benti in primo grado.
Per un verso, va ribadito il principio per il quale, in
materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice
d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può,
in mancanza di uno specif‌ico motivo di impugnazione,
modif‌icare la statuizione sulle spese processuali di primo
grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza
impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’uff‌icio, ad un
nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito
complessivo della lite, atteso che, in base al principio di
cui all’art. 336 cod. proc. civ., la riforma della sentenza del
primo giudice determina la caducazione del capo della
pronuncia che ha statuito sulle spese (cfr., tra le più re-
centi, Cass. n. 18837/10, n. 26985/09, n. 15483/08).
Per altro verso, ove si dovesse intendere il motivo come
volto a lamentare la mancata compensazione, totale o
parziale, delle spese, esso dovrebbe essere considerato
inammissibile in applicazione del principio per il quale la
valutazione dell’opportunità della compensazione totale
o parziale rientra nei poteri discrezionali del giudice di
merito sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nel-
l’ipotesi della sussistenza di giusti motivi, ed il mancato
esercizio non può essere sindacato in cassazione, a meno
che non vi sia violazione di legge, come nel caso (non ri-
corrente nella specie) in cui, contrariamente al disposto
dell’art. 91 cod. proc. civ., le spese venissero poste, in tutto
o in parte, a carico della parte vittoriosa (cfr., tra le tante,
Cass. n. 406/08).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.- Le spese del giudizio di cassazione seguono la soc-
combenza e si liquidano come da dispositivo, nei rapporti
tra il ricorrente ed i resistenti P. - U.; non vi è luogo a prov-
vedere sulle spese nei rapporti tra il ricorrente ed il R.,
poichè quest’ultimo non si è difeso. (Omissis)

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