Pratiche commerciali scorrette e rilievo giuridico dell'attività

AutoreSara Tommasi
Pagine17-58
PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE E DECISIONI NEGOZIALI DEL CONSUMATORE
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CAPITOLO PRIMO
PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
E DECISIONI NEGOZIALI DEL CONSUMATORE
SOMMARIO: 1. Pratiche commerciali scorrette e disciplina dell’attività: l’art. 19 cod.
cons. - 2. Regole dell’attività tra tutela dei singoli e tutela del mercato. - 3. Modalità
dell’attività e ruolo dei codici di condotta. - 4. Strumenti preventivi di tutela e for-
me di organizzazione dell’attività. - 5. Educazione del consumatore e sua tutela
nelle scelte negoziali. - 6. Rilievo giuridico e caratteri dell’attività. - 7. Attività e
procedimento: i diversi modelli dell’agire. - 8. Pratiche commerciali quali attività
destinate ad incidere sulle scelte dei consumatori.
1. Pratiche commerciali scorrette e disciplina dell’attività: l’art. 19
cod. cons.
Con il d.lg. 2007 n. 146, che ha dato attuazione alla direttiva
2005/29/Ce e modificato gli articoli dal 18 al 27 quater del codice del con-
sumo, hanno fatto ingresso nell’ordinamento italiano le norme sulle prati-
che commerciali. Segnatamente, ci si riferisce, ex art. 18, lett. d) cod. cons.,
a «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione
commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del pro-
dotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione,
vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».
Viene in rilievo una dimensione più ampia rispetto a quella pro-
pria dei concetti giuridici ai quali siamo tradizionalmente abituati1. Si
1 La necessità di fare chiarezza sui concetti giuridici, nella misura utile a individua-
re il corretto funzionamento del mercato interno e a soddisfare il requisito della certezza
del diritto, emerge già dai considerando della direttiva 2005/29/Ce. Si veda, in particola-
re, il numero 5). Sulle categorie concettuali «normalmente assunte come “fatti” immodi-
ficabili, anziché come strumenti, sempre mutevoli, offerti all’operatore (anzi, da lui stes-
so creati) in funzione delle sue necessità applicative», si rimanda a R. NICOLÒ, Riflessio-
ni sul tema dell’impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile,
in Riv. dir. comm., 1956, p. 181. L. MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giuridica. Saggi,
Milano, 1996, p. 47, avverte che non si può rinunciare ad un’applicazione del diritto con-
trollata da concetti sistematici. Occorre, però, non fermarsi alla deduzione di conoscenze
già acquisite e contribuire ‹‹anche alla funzione (conoscitiva) di ricerca di nuovi modelli
di decisione››. Quanto al dibattito sul punto cfr. G. VETTORI, Anomalie e tutele nei rap-
porti di distribuzione fra imprese, Milano, 1983, p. 5; P. PERLINGIERI, Nuovi profili del
contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 227; N. LIPARI, Introduzione alla prima edizio-
ne, in N. LIPARI (a cura di), Tratt. dir. priv. eur., I, Padova, 2003, p. 9; ID., Prolegomeni
ad uno studio delle categorie del diritto civile, in Riv. dir. civ., 2009, p. 515; V. MANNI-
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tratta, infatti, di azioni, omissioni, condotte o dichiarazioni che si pongo-
no al centro di una disciplina che non riguarda esclusivamente gli atti2.
Le pratiche commerciali, ex art. 20 cod. cons., sono scorrette e, in
quanto tali, vietate3, se contrarie alla diligenza professionale e false o
idonee a falsare, in misura apprezzabile, il comportamento economico
del consumatore4.
NO, Considerazioni intorno a una presunta pandettistica di ritorno, in Eur. dir. priv.,
2005, p. 373; V. SCALISI, Assiologia e teoria del diritto (rileggendo Rodolfo De Stefano)
in Riv. dir. civ., 2010, p. 3; D. MESSINETTI, Per un’ecologia della modernità: il destino dei
concetti giuridici. L’ap ertur a di R . Nico lò a si tuazi oni co mples se, in Riv. crit. dir. priv.,
2010, p. 23. Con particolare riferimento alle norme di derivazione comunitaria si vedano
E. BARGELLI, I codici di condotta, in G. DE CRISTOFARO (a cura di), Le ‹‹pratiche com-
merciali sleali›› tra imprese e consumatori, Torino, 2007, p. 76; G. ALPA e G. CONTE,
Riflessioni sul progetto di Common frame of reference e sulla revisione dell’Acquis
communautaire, in Riv. dir. civ., 2008, I, p. 141; A. GENTILI, I concetti nel diritto privato
europeo, in Riv. dir. priv., 2010, p. 76 1; N. LIPARI, Categorie civilistiche e diritto di fon-
te comunitaria, in A.M. GAMBINO (a cura di), Rimedi e tecniche di protezione del consu-
matore, Torino, 2011, p. 139. Sempre attuale, inoltre, è l’avvertimento di R. JHERING,
Geist des römischen Rechts, Leipzig, 1888, p. 321, ove si afferma che ‹‹Das Leben ist
nicht der Begriffe, sondern die Begriffe sind des lebens wegen da››.
2 Sono maturi i tempi per valorizzare alcuni aspetti spesso evidenziati da parte della
dottrina, ma rimasti sullo sfondo dell’impianto concettuale tradizionale. Si veda P. FERRO-
LUZZI, I contratti associativi, Milano, 1971, p. 203. L’Autore afferma che la normativa
dei comportamenti ne può concernere i diversi aspetti ‹‹senza dover necessariamente po-
tersi totalmente risolvere nelle classiche categorie dell’atto e del diritto soggettivo». Cfr.,
su tale prospettiva, P. SPADA, La rivoluzione copernicana (quasi una recensione tardiva
ai Contratti Associativi di Paolo Ferro Luzzi, in Riv. dir. civ., 2008, p. 144. Per l’atten-
zione al comportamento come figura generale, funzionale alla tutela di interessi rilevanti
per l’ordinamento e in grado di integrare i criteri della classificazione giuridica si veda
A. FALZEA, Fatto giuridico, in Enc. dir., Milano, 1967, XVI, p. 941. N. IRTI, Concetto
giuridico di “comportamento”, e invalidità dell’atto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, p.
1055, invita a non trascurare che l’agire, incapace di elevarsi ad atto giuridico, e perciò
rimasto a rango di semplice co mportamento, può aver leso interessi rilevanti per il diritto.
3 Il divieto si presta ad essere considerato null’altro che il corrispondente “in nega-
tivo” del precetto “positivo” dell’agire leale. Divieto “unico”, “generale” e “comune”.
Sul punto, ampiamente, G. DE CRISTOFARO, Il divieto di pratiche commerciali sleali. La
nozione general e di pratica commerciale «sleale» e i parametri di valutazione della «sleal-
tà» in G. DE CRISTOFARO (a cura di), Le ‹‹pratiche commerciali sleali››, cit., p. 110.
4 D. PARROTTA, Escluse le dichiarazioni esagerate dal nov ero delle pratiche scor-
rette, in Guida dir., 2007, n. 39, p. 30. Quanto al rapporto tra contrarietà della pratica alla
diligenza professionale e idoneità della stessa a falsare in misura apprezzabile il compor-
tamento economico del consumatore, cfr. la Relazione illustrativa della proposta di diret-
tiva presentata dalla Commissione nel 2003, n. 53, p. 14. Sul punto si rimanda a G. DE
CRISTOFARO, Il divieto di pratiche commerciali sleali, cit., p. 113; ID., Le pratiche com-
merciali sleali nei rapporti fra professionisti e consumatori: il D.legisl. n. 146 del 2 ago-
sto 2007, attuativo della direttiva 2005/29/CE, in Studium iuris, 2007 p. 1181; ID., La
nozione generale di pratica commerciale ‹‹sleale›› nella direttiva 2005/29/CE, in Studi
in onore di Nicolò Lipari, I, Milano, 2008, p. 739; P. AUTERI, Introduzione: un nuovo
diritto della concorrenza sleale?, in A. GENOVESE (a cura di), I decreti legislativi sulle prati-
PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE E DECISIONI NEGOZIALI DEL CONSUMATORE
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Vi è poi la specifica definizione delle pratiche commerciali ingan-
nevoli e aggressive5. Le prime si distinguono, a loro volta, in azioni, o-
missioni e pratiche considerate in ogni caso ingannevoli; le seconde, oltre a
potersi sostanziare in quelle considerate sempre aggressive, comporta-
no il ricorso a molestie, coercizioni o indebiti condizionamenti6.
Il termine pratica è quasi sconosciuto al nostro ordinamento7 e
rappresenta un quid novi anche per altri sistemi nazionali8; fa eccezio-
ne, invero, quello inglese che conosce il Fair Trading Act 1973, rela-
tivo a qualunque prassi commerciale unfair adottata dalle imprese nei
confronti dei consumatori9. Nell’ordinamento comunitario, invece, ta-
le termine si trova nell’art. 81 §§ 1 e 3 del Trattato Ce (ora 101 Tratta-
to FUE), dettato in materia di norme comuni sulla concorrenza10.
che commerciali scorrette. Attuazione e impatto sistematico della direttiva 2005/29/CE, Pa-
dova, 2008, p. 15; M. LIBERTINI, Clausola ge nerale e disposizioni particolari nella di-
sciplin a delle pratiche commerciali scorrette, in Contr. impr., 2009, p. 28; N. ZORZI, Le pra-
tiche scorrette a danno dei consumatori negli orientamenti dell’Autorità Garante della Con-
correnza e del Mercato, in Contr. impr., 2010, p. 433 ID., Il controllo dell’Autorità Ga-
rante della Concorrenza e del Mercato sulle pratiche commerciali ingannevoli ed ag-
gressive a danno dei consumatori, ibidem, p. 671; N. ZORZI GALGANO, Il contratto di
consumo e la libertà del consumatore, Padova, 2012, p. 101.
5 Le pratiche ingannevoli e aggressive sono ritenute categorie speciali nelle quali
possono concretizzarsi le pratiche commerciali scorrette cfr. G. DE CRISTOFARO, Il divie-
to di pratiche commerciali sleali, cit., p. 116. L. DI NELLA, Le pratiche commerciali sle-
ali ‹‹aggressive››, in G. DE CRISTOFARO (a cura di), Le ‹‹pratiche commerciali sleali››,
cit., p. 216. Sul rapporto tra le distinte sottocategorie di pratiche con la previsione gene-
rale dell’art. 20 cod. cons. si sofferma M. LIBERTINI, Clausola generale, cit., p. 28.
L’Autore considera la previsione in oggetto come disposizione di principio su cui deve
fondarsi l’interpretazione dell’intera disciplina. Sul punto cfr. F. MASSA, Pratiche com-
merciali scorrette, in Enc. giur. Treccani, Roma, XVI, p. 1; A. STAZI, Pratiche commer-
ciali scorrette, ingannevoli e aggressive, in Dir. prat. soc., 2010, p. 5.
6 Sulle diverse tipologie di pratiche si vedano S. BASTIANON, La tutela del consu-
matore alla luce delle nuove norme legislative e regolamentari in materia di pratiche com-
merciali sleali, in Resp. civ. prev., 2008, p. 144; E. CAPOBIANCO e G. PERLINGIERI (a cura di),
Codice del consumo annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Napoli, 2009, p. 72.
7 Sul carattere poco definito della nozione di pratica si rimanda a V. MELI, L’appli-
cazione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette nel ‹‹macrosettore credito e
assicurazioni››, in Banca borsa tit. cred., 2011, p. 334. L’Autore afferma che la nozione
di pratica commerciale è tale da comprendere ogni forma di contatto sia effettivo, sia me-
ramente potenziale, tra professionista e consumatore.
8 Si trova, però, nell’art. 2 della legge 1990 n. 287, ove si prevede che ‹‹sono consi-
derate intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese››. Tali pratiche comporta-
no un’alterazione della concorrenza mediante comportamenti fattuali, posti in essere co-
scientemente da più imprese in mancanza di una preventiva convenzione. In questo senso
E. SCODITTI, Il consumatore e l’ antitrust, in Foro it., 2003, c. 1127.
9 L. DI NELLA, Le pratiche, cit., p. 216.
10 R. PARDOLESI, Il contratto e il diritto della concorrenza, in G. GITTI (a cura di),
L’autonomia privata e le autorità indipendenti, Bologna 2006, p. 163; A. PERA, La diret-

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