I rapporti con altre pratiche investigative 'differenziali

AutoreVentura, Nicoletta
Pagine142-193
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SEZIONE SECONDA
I RAPPORTI CON ALTRE PRATICHE
INVESTIGATIVE “DIFFERENZIALI”
Sommario: 11. Sistema di investigazione under cover e collaborazionismo di giustizia. 12.
Attività sotto copertura della polizia giudiziaria ed assunzione di informazioni confi-
denziali: dalla comune logica ispiratrice ai tratti distintivi dell’espletamento. 13. Me-
todo investigativo simulato e tecnica captativa preventiva: account della correlazione.
14. Segue. L’aspetto tecnico-investigativo. 15. Segue. Qualche notazione “provocato-
ria” sulla tecnica della “provocazione” investigativa: un metodo stricto sensu repressi-
vo o lato sensu preventivo? 16. Segue. L’archetipo della simulazione investigativa in
funzione preventiva: le intercettazioni ex art. 226 disp. att.
11. Sistema di investigazione under cover e collaborazionismo
di giustizia.
La normativizzazione del metodo della dissimulazione investigativa
sembra sottendere un’intentio legis ispirata da sensi di indebolimento
ab interno delle organizzazioni criminali, mediante l’elaborazione di
strategie investigatorie volte a minarne la loro congenita impenetrabi-
lità con l’inserimento clandestino di falsi adepti, onde carpirne i se-
greti e svelarne i piani delittuosi, nel tentativo di vanicarne gli effetti.
A ben riettere, però, ad un’analoga logica pare improntata anche la
previsione di ulteriori strumenti legislativi, come la stabilità possibilità
di assunzione delle dichiarazioni rese dai cosiddetti collaboratori di
giustizia291. Pare opportuno, quindi, procedere ad un parallelo raffronto
291 In tema, tra i tanti contributi dottrinali ravvisati, v. AA.VV., Con la riforma sui collabo-
ratori di giustizia del 25 marzo niente più dichiarazioni a rate, in Guida dir., 2001, n. 11, 45
ss.; AA.VV., Nuove discipline della protezione e del trattamento sanzionatorio di pentiti e te-
stimoni, in Dir. pen. proc., 2001, 1698 ss.; ARDITA, La nuova legge sui collaboratori e sui
testimoni di giustizia, in Cass. pen., 2001, 1698 ss.; BARBETTA, Il verbale illustrativo con la
nuova legge diventa fonte probatoria privilegiata, in Dir. giust., 2001, n. 31, 24 ss.; BERNA-
SCONI, voce Collaboratori di giustizia, in Enc. giur. Treccani, VI, Roma, 1999, 1 ss.; MAZ-
ZA, Pubblicità e collaboratori della giustizia, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, 521 ss.; PAGA-
NO, Collaboratori di giustizia. Commento alla legge 13 febbraio 2001, n. 45, in Corr. giur.,
2001, 443 ss.; ROBERTI-ALFONSO, Pentiti: norme poco chiare favoriscono equivoci e appli-
cazioni arbitrarie, in Dir. giust., 2001, n. 26, 46 ss.; SPATARO, Per i collaboratori di giustizia
legge scoraggia-collaborazioni, in Dir. giust., 2001, n. 9, 8 ss.; VIGNA-LAUDATI, Contro la
mafia globalizzata il pentito non può “appartenere” a un solo ufficio, in Dir. giust., 2001, n.
31, 8 ss. Sul profilo della premialità legato alla figura del cosiddetto “pentito”, si consulti:
DELLA CASA, Estensibile all’entourage del collaboratore la normativa premiale sull’illimita-
to accesso ai benefici penitenziari?, in Cass. pen., 1997, 3580 ss.; LA GRECA, Liberazione
condizionale e criminalità organizzata nella giurisprudenza costituzionale, in Foro it., 2002, 21
ss.; MARUCCIA, Collaboratori di giustizia e benefici penitenziari, in Quest. giust., 1999, 978
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tra le tecniche investigative in questione, al ne di vericare in che
misura ciascuna di essa riesca a contribuire al perseguimento dello
scopo testè evidenziato, eventualmente individuando ogni possibile
momento di interazione tra le stesse.
In verità, la dottrina ha evidenziato che l’attività sotto copertura della
polizia giudiziaria legittimerebbe l’adozione di «percorsi alternativi e/o
integrativi» rispetto all’ausilio della collaborazione dei cosiddetti “pen-
titi”, pratica che, allo stato attuale, risulta di più diffuso impiego in sede
di accertamento dei delitti di criminalità organizzata: la maggiore ido-
neità investigativa dell’atto (investigativo-) simulato – si osserva – con-
seguirebbe al rilievo che, ad un certo momento, nella prassi applicativa,
l’acquisizione del contributo conoscitivo degli anzidetti “pentiti” sembra
avere subito un qualche «appiattimento», soprattutto se reputata quale
esclusivo riscontro della conclusione secondo cui, sul piano storico, il
delitto sarebbe stato perpetrato nell’ambito della realizzazione dello spe-
cico programma sodale292 elaborato dai consociati.
Sicché, il considerare la simulazione investigativa come una sorta
di «pendant» – sul piano delle investigazioni – delle dichiarazioni di
un collaboratore di giustizia, per via del comune connotato attenuativo
dell’offesa293, dipenderebbe dalla endemica attitudine riconosciuta ad
entrambe in relazione all’assumibilità ab interno di cognizioni in or-
dine alla stato di operatività del sodalizio, seppure in una differente
proiezione temporale degli strumenti medesimi, dal momento che, nel
primo caso, sembra notarsi un latente orientamento in prospettiva at-
tuale e futura, mentre, nel secondo, pare registrarsi una sorta di inver-
sione di tendenza, evidenziandosi un palese trend implicante una spic-
cata preponderanza nel senso opposto, vale a dire «verso il
passato»294.
ss.; POSCIA, Le misure alternative per i collaboratori di giustizia, in Giust. pen., 2001, II, 605
ss.; SANTACROCE, Sulla concessione di benefici penitenziari ai collaboratori della giustizia
in fase di esecuzione: natura del parere della Commissione centrale e durata della detenzione
extracarceraria, in Giust. pen., 1993, III, 485 ss.
292 Cfr. GIORDANO, Le indagini preliminari. Poteri e limiti del Pubblico Ministero e della
Polizia giudiziaria, cit., 72, il quale, inoltre, osserva: «Non c’è dubbio, però, che mentre le di-
chiarazioni del collaborante vanno riscontrate perché assumano rilievo penale e probatorio, le
attività di servizio dell’agente provocatore, specialmente se supportate da ulteriori forme di
acquisizione della prova, come registrazione di conversazioni o videoregistrazioni, finiscono
per divenire esse stesse un formidabile e inattaccabile materiale di accusa, costituito in perfetta
consonanza con la struttura e la funzione del processo accusatorio».
293 Sull’attenuazione dell’offesa da reato, ravvisabile riguardo sia ai collaboratori di giusti-
zia, sia ai ravveduti che, ancora, agli agenti provocatori, in dottrina, BRICOLA, Funzione pro-
mozionale, tecnica premiale e sistema penale, in AA.VV., Diritto premiale e sistema penale
(Atti del Convegno. Como, 26-27 giugno 1981), Milano, 1983, 121.
294 Sul punto, GIORDANO, Le indagini preliminari. Poteri e limiti del Pubblico Ministero
e della Polizia giudiziaria, cit., 72, il quale, in particolare, osserva che l’impiego «di tali stru-
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Un’ulteriore momento di possibile comparazione, poi, sarebbe indi-
viduabile nel prolo della premialità, da concepirsi, però, in modo del
tutto peculiare in relazione a ciascuna delle pratiche investigative in
discorso, posto che si stabilisce l’impunità dell’agente under cover
onde incentivarlo ad un ulteriore potenziamento della personale azione
repressiva perpetranda avverso la criminalità295; ma, analoghe determi-
nazioni non si riscontrano per i cosiddetti “pentiti” che godono di re-
gimi sanzionatori “calmierati” – per così dire – e di ulteriori beneci
che gli derivano dalla sottoposizione ai programmi di protezione, ma
giammai si stabilisce per essi la predetta l’impunità.
Si evidenzia, dunque, come il parallelo raffronto tra le tecniche in-
vestigatorie considerate tenda a rivelare momenti di connessione dal
punto di vista probatorio, atteso che sia l’attività under cover della
polizia giudiziaria, sia l’assunzione delle dichiarazioni dei collabora-
tori di giustizia mirerebbero ad individuare fonti ed elementi di prova
in merito alla costituzione di un’associazione criminosa ed al relativo
stato di organizzazione e di operatività. Di sicuro, il metodo utilizzato
– in ciascuna delle due ipotesi – per l’assunzione di informazioni ap-
pare sensibilmente differente: nell’un caso, gli investigatori simulano
un ruolo – di fatto – non consono al proprio status; nell’altro, invece,
ascoltano i propri interlocutori in modo non ttizio, bensì quali organi
della giustizia penale che agiscono in virtù della qualità ricoperta e di
cui il dichiarante(-collaboratore di giustizia) è pienamente consape-
vole, assumendo da quest’ultimo informazioni in merito all’organismo
malavitoso che lo abbia annoverato tra gli afliati, ancorché, in se-
guito, ravvedutosi.
Di conseguenza, un possibile punto di collegamento tra gli atti sotto
copertura dell’organo di polizia ed il collaborazionismo dei pentiti po-
menti costituisce il pendant sul versante investigativo di ciò che sul piano processuale rappre-
senta il collaboratore di giustizia. Nel senso che si tratta di fonti di prova che vengono dall’in-
terno della organizzazione criminale, nell’un caso, essendo l’osservazione orientata verso il
presente e il futuro, nell’altro caso, verso il passato». Analoghi rilievi si riscontrano in FLORA,
La nuova normativa sugli stupefacenti, Milano, 1991, 100, il quale si sofferma altresì sul rav-
vedimento post delictum del collaboratore di giustizia e sul percorso logico-giuridico che, dal
collaborante, conduce sino alla figura dell’agente under cover, come delineata ai sensi dell’art.
97 del citato D.P.R. n. 309/1990. Ad avviso di SALVINI, Un primo bilancio della legge sui
terroristi pentiti fra importanza e difficoltà della sua applicazione, in Cass. pen., 1983, 1257
ss., seppure in relazione al fenomeno del pentitismo degli anni Ottanta, la «legge sui pentiti non
solo ha saputo inserirsi nella crisi latente delle organizzazioni terroristiche (nel momento in cui
non hanno saputo compiere, né potevano compiere, il salto di qualità del passaggio dal terrori-
smo alla guerriglia), paralizzandone le capacità di azione, ma si è posta in un rapporto di reci-
procità con l’evoluzione della capacità operativa degli organi investigativi».
295 L’aspetto è rimarcato da G. RUGGIERO, Intervento, in AA.VV., Criminalità transna-
zionale fra esperienze europee e risposte penali globali, cit., 483 s. In termini più generali, sul
tema della premialità, v. FLORA, Il ravvedimento del concorrente, Padova, 1984, 168 ss.; RU-
GA RIVA, Il premio per la collaborazione processuale, Milano, 2002, 12 ss.

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