I poteri ex officio nel dibattimento di primo grado

AutoreGiulia Giuseppina Milione
Pagine55-87
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PARTE SECONDA
DINAMICHE PROBATORIE TIPICHE.
CAPITOLO I
I poteri ex officio nel dibattimento di primo grado.
SOMMARIO: 1. I poteri del giudice nell’acquisizione della
prova in dibattimento: natura e caratteri – 2. I poteri del
giudice nella fase di ammissione della prova introdotta dalle
parti. – 3. Il procedimento davanti al giudice in composizione
monocratica. – 4. I mezzi di prova governati dal giudice e il
ruolo delle parti. – 5. L’intervento del giudice di ampliamento
sulla prova di parte: un’analisi approfondita degli artt. 506 –
507 c.p.p.
1. I poteri del giudice nell’acquisizione della prova in
dibattimento: natura e caratteri.
L’assunzione della prova in dibattimento, specie quella
dichiarativa, costituisce uno degli snodi cruciali non solo della
fase istruttoria, ma dell’architettura processuale nel suo
complesso. E’, infatti, il contenuto delle regole fissate per
l’acquisizione probatoria che connota la fisionomia di un
sistema processuale in senso piuttosto che in un altro(137).
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Nel nostro sistema, di matrice accusatoria, come il dibattimento
è il fulcro del processo, così l'istruzione dibattimentale è il
centro del dibattimento: utilizzabile ai fini della decisione è,
infatti, la prova che progressivamente viene forgiata in sede
dibattimentale nel contraddittorio delle parti.
La centralità del dibattimento, come luogo privilegiato di
formazione della prova, si impernia sul sistema del “doppio
fascicolo" che, come ha sottolineato la Corte costituzionale,
“corrisponde ad una delle scelte più significative e qualificanti
del nuovo c.p.p. (...), al fine di evitare che gli atti raccolti
durante le indagini preliminari senza il rispetto delle regole del
contraddittorio ed in violazione del principio dell'immediatezza,
rifluiscano nel dibattimento”(138).
A seguito dell'introduzione nella Costituzione dei principi e
delle regole che informano il ‘giusto processo’, la centralità del
dibattimento trova un espresso riconoscimento nell'art. 111
Cost., di cui si è parlato in apposita sede(139).
La centralità dell’istruttoria dibattimentale, come luogo di
formazione della prova, risulta confermata dalle minuziosità
delle regole dettate dal legislatore per disciplinare l'assunzione
della prova, segnando un evidente distacco dalla tradizione
precedente. Del resto, la differenza tra il sistema inquisitorio e
quello accusatorio risiede nel metodo di accertamento dei fatti,
incentrato in un caso attorno alla figura del giudice, nell'altro sul
contrasto dialettico tra accusa e difesa davanti al giudice che ha
il compito di decidere il merito della causa.
Si può ben comprendere come, scelta questa seconda opzione,
non ogni strumento sia idoneo alla ricerca della verità, in quanto
il sistema delinea un fitto reticolo di limiti e di regole
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metodologiche che opera una selezione del materiale
conoscitivo utilizzabile dal giudice ai fini decisori.
L'accentuazione del criterio di legalità della prova nel
procedimento di formazione della prova non implica, tuttavia, il
venire meno del principio del libero convincimento del giudice,
che rimane uno dei capisaldi del sistema processuale, sebbene,
come ha chiarito la Corte costituzionale, “il libero
convincimento del giudice non può che riferirsi alle prove
legittimamente formate ed acquisite”(140), sicché anche
l’obbligo della motivazione deve sottostare alle regole di
utilizzabilità previste dal codice di rito.
Il libro VII, dedicato al “giudizio”, è costellato da una serie di
norme che prevedono determinati poteri del giudice in relazione
all’acquisizione della prova.
Il “contatto” del giudice con la prova può avvenire sin dalla fase
preliminare al dibattimento, con il compimento di “prove non
rinviabili”, a norma dell’art. 467 c.p.p., sino alla discussione,
ossia in un momento in cui è conclusa l’istruzione probatoria,
che può essere riaperta, appunto, ai sensi dell’art. 523, comma 6
c.p.p. per l’assunzione di “nuove prove” in caso di “assoluta
necessità”.
All’interno di queste scansioni temporali, l’attività del giudice è
tutta rivolta all’acquisizione della prova, nel rispetto dei limiti e
con l’osservanza delle forme previste dal codice(141).
Dall’analisi delle norme che prevedono in capo al giudice
determinati poteri in ordine alla prova, emerge che egli è
chiamato a svolgere un ruolo di garanzia, che si lascia cogliere
in tre momenti distinti: garanzia della prova, della sentenza, del
dichiarante.

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