Possibile Il Colloquio Del Detenuto Col Figlio Sottoposto Al Carcere Duro Tramite Videoconferenza

AutoreMinnella Carmelo
Pagine62-64
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giur
1/2016 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
POSSIBILE IL COLLOQUIO
DEL DETENUTO
COL FIGLIO SOTTOPOSTO
AL CARCERE DURO TRAMITE
VIDEOCONFERENZA
di Carmelo Minnella
SOMMARIO
1. Il principio di diritto affermato. 2. Sul “reclamo” avverso
la negazione del colloquio. 3. Sulla questione di diritto inter-
temporale. 4. Diritto del detenuto ai colloqui con i familiari.
5. Il bilanciamento con le esigenze di sicurezza pubblica. 6.
Conclusioni.
1. Il principio di diritto affermato
Qualora un detenuto chiede di effettuare un colloquio
con il f‌iglio che non vede da quasi vent’anni, se quest’ul-
timo è anch’esso detenuto, tra l’altro in regime di carcere
duro, ai sensi dell’art. 41 bis della legge 26 luglio 1975, n.
354 sull’ordinamento penitenziario, si deve tener conto, ai
f‌ini della decisione, dell’intera normativa di riferimento,
in particolar modo dalle norme dell’ordinamento peni-
tenziario che riconoscono il diritto ai colloqui e dell’art.
8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che ga-
rantisce il diritto al rispetto della vita privata del detenu-
to. Poiché il Magistrato di sorveglianza di Vercelli, in sede
di reclamo (regolato dagli articoli 35 e 69 delle legge n.
354 del 1975), ha offerto una lettura parziale del quadro
normativo, attribuendo rilievo essenziale alle esigenze di
sicurezza pubblica e di disciplina interna all’istituto (le-
gate alla caratura criminale del f‌iglio sottoposto al carcere
duro e apprezzate in via discrezionale dall’amministrazio-
ne penitenziaria come tali da impedire il richiesto collo-
quio visivo), senza addentrarsi in una valutazione di più
ampio raggio sistematico delle disposizioni di legge diver-
se dall’art. 41 bis della legge n. 354 del 1975 ed egualmente
applicabili (come l’art. 28 dell’ordinamento penitenziario
e delle f‌inalità perseguite mediante l’uso dei colloqui visivi
quale strumento per la coltivazione della relazione genito-
riale e, per suo tramite, dello sviluppo della personalità)
va annullata l’ordinanza che ha negato il colloquio al de-
tenuto. Nel nuovo esame che il Magistrato di sorveglianza
dovrà compiere, occorrerà prospettare la possibilità di una
soluzione che contemperi nel caso specif‌ico le esigenze di
ordine interno all’istituto e di sicurezza pubblica con il
diritto soggettivo del detenuto ai colloqui, mediante un
sistema tecnico (la videoconferenza) che garantisca la
visione dell’immagine senza comportare spostamenti e
contatti f‌isici diretti. Questo il principio affermato dalla
prima sezione penale della Cassazione con la sentenza 19
febbraio 2015, n. 7654.
2. Sul “reclamo” avverso la negazione del colloquio
Prima di addentrarsi nel cuore della tematica sotto-
postale, la Suprema Corte ha dovuto affrontare una que-
stione processuale legata al mezzo di impugnazione. Il
Procuratore generale presso la Corte di cassazione, infat-
ti, ha chiesto qualif‌icarsi il ricorso come reclamo ai sensi
dell’art. 35 bis dell’ordinamento penitenziario, introdotto
a tutti i casi di inosservanza della legge penitenziaria in
materia di diritti dei detenuti, e la sua conseguente tra-
smissione al Tribunale di sorveglianza di Torino.
I giudici di legittimità ricordano che il reclamo giuri-
sdizionale previsto dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10, di
conversione del decreto legge n. 146 del 2013, si inserisce
nel quadro degli interventi normativi sollecitati dalla Cor-
te europea dei diritti dell’uomo nella sentenza pilota Tor-
regiani dell’8 gennaio 2013 (1) e della Corte costituzionale
quando ha risolto un dubbio di legittimità relativo all’isti-
tuto del rinvio della pena ex art. 147 del codice penale, del
quale si invocava l’estensione alle situazioni di abnorme
sovraffollamento carcerario. Il giudice delle leggi, nella
sentenza n. 279 del 2013, pur dichiarando inammissibile
la questione, ha riconosciuto l’urgenza di interventi nor-
mativi in grado di rendere certa l’ottemperanza dell’ammi-
nistrazione penitenziaria alle decisioni della magistratura
di sorveglianza, in quanto il ripristino della legalità dell’e-
spiazione penitenziaria non può attendere i tempi di azio-
ne delle misure strutturali, alle quali pure la sentenza di
Strasburgo ha richiamato l’Italia (2).
La legge n. 10 del 2014, nel conformarsi a tali indica-
zioni, ha previsto, tra l’altro, l’istituto del “reclamo giuri-
sdizionale”, descritto nell’art. 35 bis della legge n. 354 del
1975, che si svolge nelle forme procedimentali regolate dal
combinato disposto degli articoli 666 e 678 del codice di
procedura penale (in udienza camerale, con la partecipa-
zione dell’amministrazione interessata, che può compar-
tirvi, oppure inoltrare per iscritto osservazioni scritte),
regolamentando anche il regime di impugnazione avverso
la decisione del Magistrato di sorveglianza, contestabile
dall’interessato mediante reclamo (entro quindici giorni
dalla notif‌icazione o comunicazione dell’avviso di deposi-
to del provvedimento) al Tribunale di sorveglianza e ha
previsto anche la ricorribilità per Cassazione (nello stesso
termine) per il solo vizio di violazione di legge avverso la
decisione assunta dal Giudice di sorveglianza di seconde
cure.
Poiché la negazione del colloquio visivo con il f‌iglio
anch’esso detenuto e non potuto incontrare per le vicende
giudiziarie che hanno coinvolto entrambi costituisce una
lesione del diritto della persona, non suscettibile di nega-
zione in forza della condizione detentiva, né di interventi
discrezionali da parte dell’autorità amministrativa prepo-

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