Il danno alla persona: un dialogo incompiuto tra legislatore e giurisprudenza

AutoreFrancesco Donato Busnelli
Occupazione dell'autoreAvvocato. Professore ordinario di Diritto civile alla Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento di Pisa. Direttore di varie riviste giuridiche, autore e curatore di numerose opere nel campo del diritto civile.
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@1. Premessa

La vicenda del danno alla persona è stata uno dei casi più eclatanti in cui il diritto vivente ha avuto la sua manifestazione. È, pertanto, preferibile privilegiare un’indagine “a campione”, piuttosto che riferirsi genericamente alla categoria concettuale del “diritto vivente”. In particolare, il campione a cui si vuol fare riferimento in questa sede è quello relativo all’esperienza maturatasi in tema di danno biologico.

Christian Von Bar, autorevole giurista tedesco, ha ripetutamente, anche di recente, sottolineato la sua curiosità per questa vicenda italiana (ed è assai raro che una vicenda italiana susciti in qualche modo interesse da parte dei giuristi europei) che segna, per così dire, “il dialogo tra diritto vivente e diritto vigente” secondo una defi nizione a me cara.

Tale dialogo deve essere impostato, a mio modo di vedere, prendendo le mosse da tre interrogativi fondamentali:

- dialogo o braccio di ferro?

- dialogo a senso unico o a spinte alternate?

- quale alternanza tra i protagonisti di questo dialogo?

@2. Dialogo o ‘braccio di ferro’?

Per quel che concerne il primo interrogativo, Guido Alpa ricordava un caso francese: “l’affaire Perruche”, in cui la Cour de Cassation, nell’Assemblée plénière del 17 novembre 2000 (con una di quelle motivazioni molto brevi che contraddistinguono lo stile della giurisprudenza francese di legittimità) ha deciso la risarcibilità del danno subito dal nascituro per lesione del suo “droit de ne pas naître”, il suo diritto di non nascere.

Il Parlamento francese aveva già pronto un progetto di legge (quella che poi è stata emanata come “loi Kouchner”: loi no 2002-303 du 4 mars 2002) in tema di responsabilità sanitaria, ed ha immediatamente anteposto alla trama normativa un primo articolo in cui categoricamente si afferma che nessuno «può invocare il risarcimento di un danno per il solo fatto della sua nascita». In questo caso, il rapporto tra diritto vigente e diritto vivente è stato, di certo, improntato alla logica del braccio di ferro piuttosto che a quella del dialogo.

Lo stesso identico problema del danno subito dal nascituro senza che si possa rintracciare un nesso di causalità con la condotta, sia pure colposa, del me-Page 68dico (a meno che non si pensi che l’intenzione manifestata dalla donna di abor- tire implichi un obbligo di abortire per giustifi care il diritto del nato), si è posto all’attenzione della Corte di Cassazione, la quale (Cass., Sez. III, relatore Segreto, 2004 n. 14438) è andata di contrario avviso rispetto alla consorella francese.

Nella motivazione, in cui si dà conto non soltanto della vicenda francese, ma anche dell’esperienza di “Common Law”, si dice ad un certo punto: «l’ordinamento attuale non prevede tale posizione giuridica come meritevole di tutela, anzi prevede il contrario». In questo caso vi è una consonanza, e non una subordinazione tra giudice e legislatore.

@3. Dialogo a senso unico o a spinte alternate?

In merito al secondo interrogativo, quello concernente il dialogo a senso unico o a spinte alternate, possiamo senza dubbio affermare che durante tutta una prima fase c’è stato un dialogo a senso unico. Questo ha consentito il radicarsi ed il formarsi del diritto vivente, che ha perentoriamente introdotto una fi gura per l’innanzi ignorata. La Corte di Cassazione, con la collaborazione preziosa della Corte Costituzionale, ha razionalizzato quei fermenti giurisprudenziali, che in modo molto confuso e molto caotico provenivano dalle decisioni di merito, e che, oltretutto, differenziavano la politica dei tribunali da quella delle Corti di secondo grado, dando luogo a questioni piuttosto imbarazzanti.

Il dialogo è stato a senso unico perché la Corte di Cassazione ha incanalato le spinte innovative della giurisprudenza di merito nelle coordinate legislative offerte dal Codice Civile, salvando ripetutamente l’articolo 2059 c.c. dai pericoli di dichiarazione di illegittimità costituzionale ed avallando quell’apertura dell’articolo 2043 c.c. al danno biologico, elaborato dalla Corte Costituzionale con due sentenze fondamentali: la sentenza Dell’Andro n. 184/86, e poi...

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