Perquisizioni e sequestri: dalle tecniche investigative alle problematiche processuali

AutoreRaffaele Cantone
Pagine3-12

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    Testo della relazione tenuta all'incontro di studi, organizzato dal CSM, «Falcone-Borsellino», del 10-14 aprile 2000.

@1. Premessa

La perquisizione ed il sequestro rappresentano due importanti opzioni investigative per ricercare elementi di prova sulla vicenda oggetto dell'indagine preliminare.

Proprio questa indicata loro funzione giustifica l'inserimento, dal punto di vista sistematico, nella categoria creata dal legislatore del nuovo codice dei mezzi di ricerca della prova: attraverso di essi, infatti, si acquisisce, a fini probatori, una cosa per il procedimento penale ed una prova pienamente utilizzabile anche per la fase dibattimentale. Ai sensi dell'art. 431 c.p.p. lett. c) i verbali di sequestro e di perquisizione possono transitare nel fascicolo del dibattimento, così come può finire in esso, ex art. 431 lett. h), il corpo del reato e le cose ad esso pertinenti che attraverso una perquisizione o un sequestro possono essere stati acquisiti.

Si tratta di strumenti delicati sia perché il loro impiego ha l'effetto di limitare beni e valori di rango costituzionale (in special modo la libertà personale e domiciliare nonché la stessa proprietà privata) sia perché la scelta di queste tipologie investigative e del momento nel quale gli atti in esame vengono posti in essere può avere ricadute positive o negative sulle indagini in corso: con l'esecuzione delle medesime, infatti, si rende nota l'investigazione ed i titoli di reato per i quali si procede ed in alcuni casi, con l'esperimento da parte dell'interessato di un'eventuale impugnazione, si è costretti ad operare la ostensione, almeno parziale, degli elementi di prova sino a quel momento raccolti.

I due strumenti probatori sono tra loro collegati ed interconnessi e ciò spiega anche la ragione di una trattazione congiunta.

@2. La perquisizione: definizione e distinzione dall'ispezione

La perquisizione è «un atto di coercizione che si estrinseca nella ricerca materiale di cose che è necessario acquisire ad un processo in corso ai fini di prova o di persone di cui è necessario procedere all'arresto» 1.

Appare, prima facie, molto simile all'ispezione - regolata immediatamente prima nel codice di rito - e la distinzione con quest'ultima non ha valore puramente teorico ma importanza pratica significativa, in quanto mutano le garanzie previste. Gli artt. 364 e 365 c.p.p. stabiliscono, infatti, di regola - e salvi i casi di urgenza - l'obbligo per il P.M. che dispone un'ispezione a cui deve partecipare la persona sottoposta ad indagini di notificare un invito a presentarsi almeno tre giorni prima dell'atto e di dare avviso al difensore; per la perquisizione - tipico atto a sorpresa - invece, non è prevista alcuna preventiva comunicazione e nessun avviso al difensore che, però, ha facoltà di assistervi.

Entrambi sono caratterizzati da un'osservazione diretta dei luoghi e delle persone e la differenza risiede principalmente nel risultato fisico dell'attività: nella perquisizione il reperimento di cose da acquisire al processo, nell'ispezione la documentazione dell'oggetto delle percezioni.

Secondo la tesi tradizionale, in conclusione, l'ispezione si concreta nell'inspicere, e cioè nella percezione visiva, la perquisizione nel perquaerere, e cioè nella tensione a captare la cosa 2.

La giurisprudenza, però, nelle poche occasioni in cui si è occupata dell'argomento sembra tendere ad affievolire le differenze stabilendo, ad esempio, che «una volta che sia stata legittimamente disposta la perquisizione, la riservatezza dell'indagato subisce una compressione che include necessariamente, anche in assenza di espressa indicazione nel provvedimento del magistrato, il sacrificio derivante dalla documentazione fotografica delle operazioni esecutive e dei luoghi in cui esse si sono svolte; l'esecuzione della perquisizione, infatti, implica e comprende per definizione l'attività di ispezione e di documentazione e la fatografia, mezzo tecnico idoneo a fissare ed a prolungare la visione, altro non è che una modalità in cui può atteggiarsi la doverosa descrizione dei luoghi perquisiti» 3.

Dal punto di vista normativo, a parte alcune limitate modifiche, la perquisizione è disciplinata in modo analogo a quanto previsto nel codice abrogato.

@3. Soggetti legittimati a disporla

Ai sensi dell'art. 247 c.p.p. l'organo a cui è riconosciuta la legittimazione a disporre la perquisizione è l'autorità giudiziaria, termine da ritenersi comprensivo sia del pubblico ministero - organo che di solito la ordina - sia del giudice.

Se questa è la regola non mancano norme che attribuiscono il potere di perquisire direttamente alla polizia giudiziaria, cui deve seguire sempre la convalida dell'autorità giudiziaria.

Il codice di procedura penale ne prevede direttamente un'ipotesi nell'art. 352 c.p.p.: la P.G. - ed in particolare gli ufficiali, o in caso di urgenza ex art. 113 att. c.p.p., gli agenti - può procedervi nel caso di flagranza di reato, di evasione o, quando esegue un'ordinanza che dispone una misura cautelare o un ordine di carcerazione per delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Page 4

L'art. 225 att. e coord. c.p.p. dispone, altresì, che anche con il nuovo codice continuano a rimanere in vigore quelle ipotesi di autonoma facoltà di perquisizione da parte della P.G. regolate dagli artt. 41 Tulps (quando vi sia «la notizia, anche per indizio» dell'esistenza in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione di armi, munizioni o materie esplodenti) e 33 L. 4/29 (attiene alla facoltà riconosciuta esplicitamente soltanto agli ufficiali di polizia tributaria di procedere a perquisizione domiciliare, qualora abbiano notizia o fondato sospetto di violazioni di alcune leggi finanziarie costituenti reato) 4.

Alcune leggi speciali successive al codice hanno, poi, ulteriormente ampliato - in contrasto con la ratio del citato art. 225 att. c.p.p. - i casi nei quali il potere spetti autonomamente alla polizia giudiziaria. Si tratta di fattispecie il cui presupposto è in genere individuato nell'esigenza urgente di provvedervi e nell'impossibilità di intervento del magistrato.

Tra di esse si ricordano l'art. 5 del D.L. 122/93 conv. in L. 205/93 contenente norme in materia di discriminazionerazziale, l'art. 25 bis del D.L. 306/92 conv. in L. 356/92 e dall'art. 27 L. 55/90 (in entrambi i casi si tratta di ipotesi collegate all'attività di polizia giudiziaria connesse all'individuazione ed alla repressione dei reati indicati di criminalità organizzata previsti dall'art. 51 comma 3 bis c.p.p.) l'art. 103 D.P.R. 309/90 in materia di stupefacenti.

Anche in tutte queste ipotesi previste da leggi speciali è sempre prevista la convalida dell'autorità giudiziaria. Questo atto svolge la funzione di controllo sia sui presupposti per effettuare la perquisizione sia del rispetto delle modalità attraverso le quali si è proceduto.

@4. I presupposti

Secondo la lettera dell'art. 247 c.p.p. il presupposto per disporre la perquisizione da parte dell'A.G. è il «fondato motivo» che siano occultati sulla persona o in un certo luogo il corpo del reato o le cose ad esso pertinenti ovvero che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato o dell'evaso.

La dizione letterale che prima facie appare simile a quella del previgente codice - e che aveva fatto ritenere ad una parte della dottrina che fosse ancora sufficiente un plausibile sospetto 5 - si differenzia, in realtà, in ordine al verbo utilizzato; l'autorità giudiziaria non deve - come in passato - soltanto «sospettare» ma «ritenere» 6.

La giurisprudenza, indipendentemente dalla valorizzazione del dato terminologico, sembra aver colto l'intenzione codicistica - esplicitata con chiarezza nei lavori preparatori 7 - improntata a maggiore garanzia per i diritti della persona e si è attestata nel senso di richiedere non meri sospetti o congetture ma indizi di un certo rilievo sia in ordine alla sussistenza di un'ipotesi di reato sia in ordine alle ragioni che fanno ritenere probabile che l'oggetto da reperire si trovi su quella persona o in quel luogo 8.

In questa direttrice si pone l'affermazione, ormai pacifica in dottrina ed in giurisprudenza, secondo cui la perquisizione presuppone sempre una notitia criminis e non può essere un mezzo per ricercare una notizia di reato ma soltanto per individuare una prova di un reato già ipotizzato 9. Ne deriva che non può essere assolutamente considerato un presupposto per disporre il mezzo di ricerca della prova in discussione una denuncia anonima o una notizia acquisita da fonte confidenziale 10.

Accanto, però, al rigore sulle perquisizioni disposte dall'autorità giudiziaria si assiste ad un'interpretazione molto meno restrittiva quando si tratta di valutare la legittimità dei presupposti delle perquisizioni disposte dalla P.G.; ciò specialmente perché la terminologia utilizzata dal legislatore in quei casi appare certamente più elastica, quasi a voler far confluire queste attività in una zona grigia tra i compiti di natura preventiva e quelli specificamente di polizia giudiziaria 11.

In questo senso si ammette normalmente che la perquisizione ex art. 41 Tulps sia consentita anche in seguito ad una denuncia anonima o ad una notizia proveniente da fonti confidenziali 12 così come si è ritenuto che nella perquisizione effettuata ai sensi dell'art. 352 c.p.p. sia sufficiente quale presupposto la certezza interiore dell'ufficiale di P.G., derivante dal fatto che gli era noto che una certa persona era dedita alla commissione di un certo tipo di reato, che in un luogo o indosso ad una persona vi fosse il corpo del reato o le cose ad esso pertinenti 13.

In presenza dei presupposti normativi, la perquisizione può avere ad oggetto una persona fisica o un determinato luogo. Nella nozione di luogo chiuso ai sensi dell'art. 251 c.p.p. può ritenersi ricompreso anche l'abitacolo di un'autovettura, posteggiata presso il domicilio e nella disponibilità del perquisendo 14.

Il soggetto...

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