La sentenza di applicazione della pena e la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena

AutoreAnna Maria Siagura
Pagine184-186

Page 184

  1. L'orientamento costante sul tema. - La sentenza in epigrafe ha determinato un mutamento di indirizzo nella giurisprudenza di legittimità in ordine agli effetti dell'applicazione della pena su richiesta delle parti. Infatti, la Cassazione, modificando la precedente posizione, ha identificato nella sentenza emessa a seguito del c.d. patteggiamento un titolo idoneo alla revoca di diritto del beneficio della sospensione condizionale della pena. Si tratta, in realtà, di un'interpretazione che, pur se perfettamente in linea con la nuova normativa introdotta con L. n. 134 del 2003, da un lato costituisce una vera novità rispetto alle precedenti decisioni della Suprema Corte sullo stesso tema e, dall'altro, riapre il persistente contrasto relativamente alla natura della sentenza della applicazione di pena su richiesta delle parti.

Quanto alla prima sottolineatura va precisato che, fino alla presente pronuncia, la giurisprudenza di legittimità era stata costante nel sostenere l'opposta tesi per cui, proprio in ragione della peculiare veste del rito premiale de quo, non si riteneva la sentenza così pronunciata idonea alla revoca ope legis della sospensione condizionale della pena1. A tale conclusione si perveniva, soprattutto, tenendo conto delle «differenze formali, strutturali, genetiche e funzionali» della sentenza di patteggiamento rispetto a quella di condanna. In questo senso, in particolare, si erano già espresse le Sezioni Unite nel 19962, precisando che, la pronuncia emessa a seguito di patteggiamento, non avendo la natura di sentenza di condanna, non può costituire il presupposto cui l'art. 168 comma 1, n. 2 c.p. fa conseguire la revoca automatica del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Ciò perché, in altri termini, non si attribuisce a tale decisione alcun riconoscimento di responsabilità, con esclusione, quini, degli effetti conseguenti a questa determinazione. Al contrario, ha precisato la Corte nella pronuncia del 1996, ben potrà il giudice assumere quei provvedimenti sanzionatori di carattere peculiare, previsti a normative di settore, che prescindano dalla previa verifica di una responsabilità penale. Alla base di siffatta opzione, in effetti, militerebbero due fondamentali ragioni: in primo luogo, l'impossibilità di modificare l'accordo tra le parti ad opera del giudice; in secondo luogo, la valorizzazione delle ragioni di economia processuale sottese alla scelta del rito semplificato.

In realtà, la stessa Corte34 aveva ipotizzato, in un'altra occasione affine, una possibile tesi intermediaria che tenesse conto dell'automatismo applicativo dell'art. 168 comma 1 c.p., pur in conformità con le peculiarità del rito speciale ex art. 444 ss. c.p.p. Si era, in particolare, evidenziato l'effetto sopensivo conseguente all'esatta interpretazione dell'art. 445 comma 2 c.p.p., includendo la revoca della sospensione condizionale della pena tra gli effetti «quiescenti» dell'applicazione di pena su richiesta. In altre parole, la revoca stessa sarebbe stata sottoposta ad una condizione sospensiva (la possibile estinzione del reato, a seguito del decorso di un certo lasso di tempo), al verificarsi della quale lo stesso effetto si sarebbe stinto. Il limite evidente di questo - pur apprezzabile - tentativo ermeneutico risiede, però, nella totale assenza di un qualsiasi riferimento normativo, dato che l'art. 445 comma 2 c.p.p. non contiene alcun indice rivelatore in tal senso (4.

Ciò, peraltro, anche in vista di un'ulteriore considerazione. Ed invero secondo un altro indirizzo giurisprudenziale5 la revoca della sospensione condizionale avrebbe una natura per così dire formale, nel senso che svolgerebbe una mera funzione ricognitiva di «una decadenza già avvenuta» in forza della legge, nel momento stesso di verificazione della condizione tipizzata dalla norma di riferimento. Diversa è, invece, l'interpretazione suggerita al riguardo dalla Corte in una sentenza successiva6. Aderendo ad una differente tesi, la Cassazione aveva precisato che il presupposto per la revoca «di diritto» era l'accertamento di una nuova responsabilità penale, che, facendo venire meno la prognosi di ravvedimento in virtù del quale il beneficio era stato concesso per motivi rieducativi e di recupero sociale del condannato, comporta una rivalutazione della personalità criminale del soggetto e un conseguente giudizio di riprovazione, da cui discende la revoca del beneficio con funzione sanzionatoria. In quest'ottica, dunque, l'automatismo della revoca della sospensione presupponeva comunque la previa verifica della colpevolezza del soggetto, già condannato, sulla base di un accertamento pieno della sua responabilità penale. E proprio per l'assenza di questo passaggio essenziale, la pronuncia da ultimo citata riaffermava l'inidoneità della sentenza di applicazione della pena...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT