Patteggiamento e agenzia di pratiche automobilistiche

AutoreGaetano Stea
CaricaAvvocato, foro di Lecce
Pagine89-92

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1. Prologo

La questione che si pone riguarda la possibilità di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’impresa di consulenza ai sensi degli artt. 1 e ss. L. 264/1991, nell’ipotesi di condanna a seguito di sentenza di applicazione di pena ex artt. 444 ss. c.p.p. (cd. patteggiamento), per un delitto contro la fede pubblica.

2. L’efficacia della condanna patteggiata ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 1 L. 264/1991. Considerazione sulla falsa dichiarazione sostitutiva

L’art. 3 L. 264/1991 subordina la possibilità del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto al possesso di una serie di requisiti. Tra questi, al comma 1, lett. c), è previsto che il richiedente non debba aver riportato condanne per determinati delitti tra i quali quelli che offendono la fede pubblica (artt. 453 ss. c.p.).

Ora, come noto, le norme del codice di procedura penale, che disciplinavano il casellario giudiziale, sono state abrogate e sostituite dagli artt. 1 ss. D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.

È opportuno il richiamo della normativa previgente, al fine di evidenziare le differenze con quella attualmente in vigore.

Il certificato del casellario generale a richiesta della pubblica amministrazione aveva un contenuto difforme da quelli richiesti dall’interessato, in quanto l’art. 688 c.p.p. prevedeva il diritto delle pubbliche amministrazioni di ottenere “il certificato di tutte le iscrizioni esistenti al nome di una determinata persona ... quando il certificato è necessario per provvedere ad un atto delle loro funzioni, in relazione alla persona cui il certificato stesso si riferisce”. Ed invero “qualora un ente pubblico, per compiere un atto d’ufficio, richieda il certificato del casellario giudiziale relativo alla persona interessata all’atto, in detto certificato debbono risultare menzionate anche le iscrizioni che, se il certificato fosse stato richiesto dal privato, non sarebbero risultate”1.

Il successivo art. 689, comma 2, lett. a), n. 5, e b), c.p.p. prevedeva, per i certificati richiesti dall’interessato, che nel certificato generale del casellario giudiziario e nel certificato penale fossero riportate tutte le iscrizioni esistenti ad eccezione “delle sentenze previste dall’art. 445”.

Entrambe le norme, come già detto, sono state abrogate dall’art. 52 D.P.R. 313/2002.

Le previsioni relative al contenuto dei certificati del casellario giudiziale sono ora disciplinate, per le pubbliche amministrazioni, dall’art. 28 D.P.R. 313/2002, che consente alla pubblica autorità di acquisire il certificato del casellario generale dell’interessato, rinviando agli artt. 23 e 27 D.P.R. 313/2002, che, a loro volta, si riferiscono ai certificati richiesti dall’interessato stesso. In altri termini, i certificati del casellario generale e dei carichi pendenti hanno, oggi, contenuto identico, sia che siano rilasciati a richiesta dell’interessato, che della pubblica amministrazione, in ossequio, come indicato, al rinvio di cui all’art. 27 D.P.R. 313/2002.

Nel certificato del casellario generale di cui all’art. 23 D.P.R. 313/2002 non sono riportate le condanne di cui all’art. 445 c.p.p., ovvero quelle conseguenti a cd. patteggiamento, come previsto dall’art. 24, comma 1, lett. e), D.P.R. 313/2002.

Alla luce di tutto ciò, considerato che la dimostrazione dei requisiti di cui all’art. 3 L. 264/1991 ed, in particolare, di quello di cui al comma 1, lett. c), va effettuata da parte dell’interessato e verificata, da parte della pubblica autorità, con la presentazione (o acquisizione) del certificato di cui all’art. 24 D.P.R. 313/2002, allora, sarebbe possibile che il richiedente l’autorizzazione di cui agli artt. 1 e ss. L. 264/1991 ottenga la stessa anche nell’ipotesi di condanna penale patteggiata, in quanto non risultante dalla documentazione esibita ed, eventualmente, acquisita dalla stessa amministrazione. Tale convinzione parrebbe rafforzata dal più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, in ordine all’impossibilità, per la pubblica amministrazione, di acquisire certificati del casellario giudiziale, diversi da quelli di cui all’art. 28 D.P.R. 313/20022. Tale ragionamento farebbe dedurre che la condanna a cui fa riferimento l’art. 3, comma 1, lett. c), L. 264/1991, ostativa al rilascio dell’autorizzazione in

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questione, è solo quella a seguito di dibattimento, essendo indifferente quella pronunciata ai sensi degli artt. 444 ss. c.p.p., in quanto espressamente riservata e conoscibile solo dall’autorità giudiziaria. Ma prima di giungere a tale punto, andrebbe superata un’ulteriore questione. L’art. 46, comma 1, lett. aa), D.P.R. 445/2000, consente di sostituire le normali certificazioni, con una dichiarazione, sottoscritta dall’interessato, con cui si attesta di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa.

La falsa dichiarazione sostitutiva, in ossequio a quanto previsto dall’art. 76 D.P.R. 445/2000, è punita a titolo di falso ideologico in atto pubblico, ai sensi dell’art. 483 c.p. (ex multis, Cass., Sez. V, 16 aprile 2009, n. 25469).

L’ambito di tale dichiarazione include anche le sentenze di condanna di cui all’art. 445 c.p.p., che, come previsto dall’art. 24, comma 1, lett. e), D.P.R. 313/2002, non sono iscritte nel certificato del casellario generale?

La logica dovrebbe indurre a ritenere che, dovendo la dichiarazione di cui all’art. 46 D.P.R...

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