Con il patteggiamento allargato si fa strada la repressione penale senza processo. Note sul rapporto tra patteggiamento e costituzione.

AutoreLeonardo Suraci
Pagine381-383

Page 381

La L. 12 giugno 2003, n. 134 ha modificato la disciplina di un modello di procedura che per esigenze di coerenza terminologica con il sistema processuale d'origine - il sistema statunitense - usiamo definire «patteggiamento».

La legge di riforma del modello alternativo disciplinato dal titolo II, libro VI c.p.p., di modesta portata se riguardata sotto il profilo delle implicazioni teorico-dogmatiche, affianca al procedimento di «applicazione della pena su richiesta delle parti», come originariamente conosciuto dal codice processuale, un sottosistema caratterizzato da profili differenziali che, sebbene marcati, non consentono di individuarvi un ulteriore rito alternativo, distinto dal ceppo nel quale si innesta.

Era ovvio che una modifica delle condizioni di accesso a quello che, tra tutti i riti alternativi, resta il più controverso, destasse attenzione tra gli operatori, riportando in superficie spunti di riflessione che le esigenze della pratica avevano in qualche modo sopito.

La ricerca dell'efficienza processuale, stranamente intesa come deflazione del carico giudiziario, ha ispirato la novella esattamente come la necessità di limitare la trattazione dibattimentale delle imputazioni aveva imposto, anni prima, l'introduzione di riti alternativi appetibili sul piano della beneficenza premiale.

Le esigenze pratiche sembrano piegare ogni riflessione, e poco importa che un modello di procedura presenti aspetti di dubbia conformità costituzionale. Il sistema deve reggere, è la parola d'ordine.

Vale la pena, invece, di insistere sull'esame dell'impostazione di fondo del «patteggiamento», perché cedere alla tentazione di rinunciare all'analisi in quanto un istituto è necessario al sistema significa decretare l'inutilità della ricerca scientifica in campo giuridico, ossia la fine della scienza giuridica.

Ciò vale ancor più se l'analisi persegue il fine di enucleare profili di illegittimità costituzionale di una figura giuridica: scende in campo, in questo caso, il valore caratterizzante l'ordinamento giuridico - inteso come espressione formale di interessi rilevanti - e, per ciò, impermeabile ad ogni concessione se non al prezzo di mutare l'identità dell'ordinamento stesso, ossia l'affermazione della Costituzione.

Interrogarsi sulla legittimità costituzionale del «patteggiamento» non è mero esercizio retorico poiché è l'idea stessa che lo sorregge - la negozialità sul merito - a porre in crisi il sistema dei valori costituzionali.

Sul tema, è noto, si è discusso e scritto tanto, ma niente in Costituzione è come prima. La L. cost. 23 novembre 1999, n. 2 ha stravolto l'art. 111, scrivendovi che: «La giurisdizione si attua mediante giusto processo regolato dalla legge».

Una norma fondamentale, per effetto della quale il termine «giurisdizione» diviene soggetto, astratta qualificazione («La giurisdizione») e non più riferimento di una concreta attività che viene disciplinata nel suo svolgimento.

Sul concetto di giurisdizione non si registra concordia di idee, anche se, spostando l'attenzione dal piano giuridico a quello politico, ci si avvede del fatto che all'interno del principio di separazione dei poteri il concetto di «funzione giurisdizionale» ha, storicamente, richiamato l'idea di un complesso organico e di un'attività finalizzati ad assicurare l'attuazione dell'ordinamento giuridico nel caso concreto.

Una constatazione solo apparentemente ovvia, al contrario figlia di profondi svolgimenti politico-sociali, che concorre a comporre il quadro degli elementi essenziali della giurisdizione: potere di realizzazione dell'ordinamento, attività, caso concreto.

Dire che lo Stato è il titolare del potere giurisdizionale in materia penale può sembrare pleonastico, ma se ci si scosta dal terreno del diritto positivo e si analizza il fenomeno sul piano storico si constata che l'attribuzione della giurisdizione penale allo Stato è operazione affatto scontata, trattandosi di un fenomeno non appartenente al mondo del fatto, bensì alla sfera dell'effetto giuridico: solo la norma, niente altro, configura il potere e lo qualifica sul piano della titolarità.

Nelle forme primordiali di vita era l'individuo a tutelare i propri beni agendo contro l'oppressore mediante la vendette o l'autodifesa: è frutto di una valutazione assiologica il conferimento allo Stato - dunque ai giudici penali dallo stesso legittimamente investiti - del monopolio della...

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