Fondo patrimoniale e sequestro preventivo: brevi cenni a margine di un recente caso

AutorePiccichè Federico
Pagine600-601
600
dott
6/2012 Rivista penale
DOTTRINA
FONDO PATRIMONIALE E
SEQUESTRO PREVENTIVO:
BREVI CENNI A MARGINE
DI UN RECENTE CASO
di Federico Piccichè
La legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (f‌inanziaria 2008),
con l’art. 1, comma 143, ha esteso ai reati di cui agli articoli 2,
3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del Decreto Legislativo
10 marzo 2000, n. 74, la conf‌isca per equivalente richiaman-
do, per relationem, l’articolo 322 ter del Codice Penale.
La conf‌isca per equivalente, rievocando sul punto
le chiare parole di due autorevoli studiosi Alessio Lanzi
e Paolo Aldrovandi, “dovrà comunque avere ad oggetto,
per un valore equivalente al prezzo o al prof‌itto del reato,
unicamente beni che siano nella disponibilità giuridica
dell’autore del reato stesso” (1).
Ovviamente il suddetto presupposto, necessario per
una corretta applicazione della conf‌isca per equivalente,
deve valere anche nella ipotesi in cui la misura ablativa
venga adottata, anticipatamente, mediante lo strumento
del sequestro preventivo.
Più in particolare.
Di recente un G.i.p. di Monza, nell’ambito di un comples-
so procedimento per il reato di cui agli artt. 416 c.p., 2 D.L.vo
n. 74/00, ha disposto a carico di un indagato il sequestro pre-
ventivo per equivalente della sua quota di un immobile.
Il G.i.p. dava atto nel provvedimento impositivo che, in
data 26 novembre 2008, l’indagato e la moglie di quest’ul-
timo avevano costituito sul predetto immobile un fondo di
garanzia patrimoniale, ai sensi degli artt. 167 e seguenti
del Codice Civile; ciononostante, il Giudice delle indagini
procedeva al sequestro, ritenendo, in buona sostanza, che
i vincoli di disponibilità del fondo patrimoniale non costi-
tuissero un ostacolo alla applicazione della misura reale.
Chi scrive, invece, ritiene che l’immobile non poteva
essere sottoposto a sequestro in quanto vincolato dal
fondo di garanzia e, come tale, non rientrante nella piena
disponibilità giuridica dell’indagato.
Giova ricordare che una sentenza della Suprema Cor-
te, la n. 18527 del 3 febbraio 2011, in un caso analogo,
ha annullato un’ordinanza confermativa di un decreto di
sequestro preventivo per equivalente ex art. 322 ter c.p.,
osservando che “l’immobile cointestato con la moglie e
inserito nel fondo patrimoniale non può essere sottoposto
a sequestro preventivo ai f‌ini della conf‌isca per il reato di
evasione f‌iscale se non viene adeguatamente motivato il
prof‌ilo della disponibilità del bene in capo all’indagato”.
Scendendo di più nel dettaglio.
Il primo comma dell’art. 167 del Codice Civile statuisce
che “ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico ...
possono costituire un fondo patrimoniale, destinando de-
terminati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri
o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia”.
L’art. 169 c.c., poi, precisa che “se non è stato espres-
samente consentito nell’atto di costituzione, non si possono
alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare
beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di en-
trambi i coniugi e, se vi sono f‌igli minori, con l’autorizzazione
concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera
di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente”.
Ora, nella fattispecie sub iudice, risultava che i due
coniugi avevano costituito sull’immobile in comproprietà
un fondo patrimoniale, secondo le disposizioni degli artt.
167 e seguenti del Codice Civile.
Il fondo era stato costituito per far fronte ai bisogni
della famiglia e, specif‌icamente, nell’interesse del f‌igliolo
ancora in tenera età.
Già l’art. 169 c.c., sopra riportato, limitava drastica-
mente la disponibilità della quota in vinculis da parte
del prevenuto in quanto gli vietava di alienare, ipotecare,
dare in pegno o comunque vincolare i beni del fondo sen-
za l’assenso dell’altro coniuge, oppure, in alternativa, in
mancanza del consenso di entrambi i coniugi, essendovi
un f‌iglio minore all’interno del nucleo familiare, senza
l’autorizzazione concessa dal Giudice.
L’indagato era del tutto privo del diritto di disporre, in
piena autonomia, della quota dell’immobile di cui era pro-
prietario, dal momento che se ne avesse disposto ad libitum
avrebbe anteposto i propri interessi personali a quelli priori-
tari della famiglia, andando così contro la ratio della Legge,
che ispirava l’intero negozio giuridico costitutivo del fondo.
La presenza di un f‌iglio piccolo imponeva, poi, il rigo-
roso rispetto dell’articolo 171 c.c., molto attento a tutelare
l’interesse superiore ed incondizionato del minore ed
espressamente richiamato nell’atto di costituzione del
fondo patrimoniale.
Il secondo comma di quest’ultimo articolo è perentorio
quando comanda che “se vi sono f‌igli minori il fondo dura
f‌ino al compimento della maggiore età dell’ultimo f‌iglio. In
tale caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia
interesse, norme per l’amministrazione del fondo”.
Anche sotto questo prof‌ilo, era evidente la illegittimità
del decreto di sequestro che andava a scardinare un fondo
patrimoniale che, invece, secondo il volere del Legislato-
re, deve durare f‌ino al compimento della maggiore età da
parte del f‌iglio minorenne.
Non solo, tenuto conto che a causa del sequestro, il nucleo
famigliare del prevenuto era precipitato in una situazione di
precarietà economica, non si poteva ignorare, pure, il dettato
del terzo comma dell’art. 171, che testualmente recita: “Con-
siderate le condizioni economiche dei genitori e dei f‌igli ed
ogni altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai f‌igli,
in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo”.
Ulteriore riprova del fatto che per il Legislatore gli inte-
ressi del f‌iglio minorenne non possono venire in alcun modo

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