Un passo avanti, e speriamo non il solo, verso la tutela del locatore

AutoreRiccardo Maia
Pagine53-56

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@1. Una lunga tradizione vincolistica

La storia dei vincoli pubblicistici al libero mercato delle locazioni in Italia è antica e probabilmente ben nota ai lettori di questa rivista; giova tuttavia ricordare che fin dall'immediato dopoguerra il Legislatore ha, a scadenze regolari, adottato misure volte a calmierare il prezzo delle locazioni e ad impedire l'effettiva esecuzione degli sfratti 1.

Come la sentenza qui commentata evidenzia il fine perseguito dal Legislatore attraverso l'impressionante congerie di disposizioni vincolistiche è stato quello di «rendere meno aspro il confronto sociale in quella severa contingenza storica [...] in attesa di un'opera di ricostruzione che si preannunciava lenta e difficile».

Oltre trent'anni non furono tuttavia sufficienti a normalizzare il mercato delle locazioni e nel 1978 la L. 27 luglio 1978, n. 392 2 introdusse il c.d. «Equo canone» prendendo atto - ci dice la Corte - «che ancora non erano maturate le condizioni economico-sociali per porre termine al regime vincolistico».

Solo nel 1992 col D.L. 11 luglio 1992 n. 333 3 venne compiuto un primo passo verso la liberalizzazione del mercato delle locazioni introducendo i c.d. «Patti in deroga». La disciplina dettata dal D.L. 333/92 venne tuttavia in parte dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 309/96 4 e nell'incerto quadro creatosi successivamente alla pronuncia il Legislatore decise d'intervenire con la L. 9 dicembre 1998, n. 431 5 che, pur predisponendo misure di sostegno ed incentivo per contratti stipulati a condizioni concordate a livello locale tra organizzatori di proprietari ed inquilini, 6 ha aperto una sostanziale liberalizzazione del mercato.

@2. Una norma spuria

Nella «liberalizzatrice» L. 431/98 s'insinua tuttavia una norma spuria: l'art. 6 che appare più l'ultima manifestazione della legislazione emergenziale del precedente cinquantennio che non elemento armonico al disegno riformatore che ispira la nuova disciplina.

Il primo comma dell'art. 6, per favorire la rinegoziazione dei contratti di locazione ormai scaduti 7 stabilisce infatti un'ulteriore proroga dell'esecuzione degli sfratti, ancora una volta congelati ope legis per 180 giorni; mentre i successivi commi 3, 4 e 5 disciplinano le modalità di fissazione della nuova data di esecuzione ed individuano i casi in cui ulteriori proroghe possono essere accordate dal giudice.

Il comma 6 del medesimo articolo determina la misura di risarcimento spettante al locatore per l'illegittima occupazione dell'immobile successiva al provvedimento di rilascio 8. Lo stesso comma 6 estende, per espressa previsione, la propria efficacia non solo ai periodi di sospensione legale delle esecuzioni stabiliti dalla stessa L. 431/98 e dalle precedenti disposizioni contenute nei D.L. 9/82, 9 e D.L. 551/88 10 ma anche ai periodi di occupazione senza titolo «fino all'effettivo rilascio».

Due giudici di merito, il Pretore di Napoli 11 ed il Tribunale di Milano 12 hanno sollevato nel corso del 1999 questione di costituzionalità dell'art. 6 comma 6 della L. 431/98.

Deve sottolinearsi che la disposizione, nel determinare in via forfetaria il risarcimento nella misura del 20% del canone, riproduce analoga previsione contenuta nel previgente D.L. 551/88 13 e conferma il regime derogatorio da questa introdotto all'art. 1591 c.c. a norma del quale «il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno» (senza limitazioni).

Il Legislatore, nel ribadire la deroga al principio generale del 1591 ha introdotto una doppia presunzione: per un verso l'esistenza di un danno è data per scontata (dispensando così il locatore da qualunque obbligo di prova), per altro verso la misura di questo danno è predeterminata (ponendo così il conduttore al riparo da qualunque pretesa ulteriore).

In realtà il sacrificio che la norma sembra imporre a ciascuna delle parti (rinuncia al pieno ristoro ed eliminazione dell'onere della prova per il locatore) è assai più apparente che reale ed infatti, come ha osservato nell'ordinanza di rinvio il Tribunale di Milano: «il danno di chi ha locato ad un canone infimo, e deve contentarsi di "infimo + 20% di infimo" è inversamente proporzionale».

@3. Tre censure per una norma

Della costituzionalità del sesto comma dell'art. 6 L. 431 i giudici di merito dubitavano sotto diversi profili; in particolare i dubbi di costituzio-Page 54 nalità sono stati prospettati con riferimento agli artt. 3, 24 e 42 Cost.

Con riferimento all'art. 24 Cost. il Pretore di Napoli ha osservato che il canone pagato può effettivamente essere di molto inferiore a quello di mercato; privare il locatore della possibilità di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quello predeterminato nell'art. 6 equivale a privarlo del diritto alla difesa; contemporaneamente, hanno sottolineato i remittenti, l'illecito permanere del conduttore nei luoghi senza completo indennizzo finisce per comprimere il diritto di proprietà privata di cui all'art. 42 Cost. introducendo una sorta di surrettizia espropriazione.

Infine la predeterminazione forfetaria del danno fatta dal Legislatore prescindendo da ogni valutazione in concreto circa l'entità dell'effettivo pregiudizio è apparsa ai giudici a quibus configurare «un repentino travaso di ricchezza [. . .] senza altra ragione se non quella che una legge all'improvviso ha detto così» 14 risultando perciò in contrasto con il criterio di ragionevolezza nelle scelte legislative con conseguente violazione dell'art. 3 Cost. 15.

Gli stessi giudici di merito hanno evidenziato come limiti alla proprietà e regimi derogatori al generale principio dell'art. 1591 siano in astratto possibili ma proprio in quanto derogatori ed inevitabilmente limitativi degli interessi costituzionalmente protetti del locatore queste deroghe possono essere ammesse solo per periodi limitati e se sostenute dall'esigenza di tutelare altri interessi costituzionalmente protetti.

Anche in questi casi, insegna la giurisprudenza della Corte, il Legislatore nel bilanciare gli interessi in gioco non può spingersi fino al punto di sacrificare completamente la posizione del locatore cui deve essere concessa la possibilità di dimostrare l'inesistenza, nel caso concreto, delle condizioni giustificative del trattamento di favore riservato al conduttore 16.

L'argomento costruito intorno all'art. 3 ed all'irragione volezza della scelta legislativa è in realtà quello centrale nelle ordinanze di rimessione e sarà poi quello effettivamente ritenuto dalla Corte nel dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma in oggetto.

@4. La decisione della Corte

La Corte, nell'esaminare le questioni, sembra agevolmente sgombrare il campo dalle censure mosse con riferimento agli artt. 42 e 24 Cost. ribadendo, con riguardo al 42, che «la funzione sociale della proprietà, intesa quale dovere di partecipazione alla soddisfazione di interessi generali, legittima interventi di carattere primario» e con riguardo al 24 che «la tutela giurisdizionale dei diritti è garantita a condizione che i diritti stessi siano riconosciuti e attribuiti da norme sostanziali»; requisito, quest'ultimo, che difetta nel caso di specie colpendo la norma direttamente il diritto del locatore ad ottenere un completo indennizzo e non già la sua posizione processuale.

La Corte ha buon gioco nel richiamare la propria giurisprudenza sulla base della quale, già nel 1975, poteva affermare che «secondo la costante giurisprudenza della Corte la garanzia costituzionale della difesa opera entro i limiti del diritto sostanziale. Sicché in presenza di una disposizione che ricolleghi automaticamente alla condotta illecita il risarcimento dei danni in una misura minima predeterminata, non può aversi violazione del diritto di difesa» 17.

Anche sulla censura mossa ai sensi dell'art. 42 Cost. la giurisprudenza costituzionale è ricca ed uniforme e la Corte cita, in maniera che mi pare assai appropriata, la decisione 108/86 18 nella quale, sempre in materia di locazione, con estrema chiarezza affermava di avere «reiteratamente osservato come i limiti legali al diritto di proprietà, previsti dall'art. 42 Cost. al fine di assicurare la funzione sociale, consentano di ritenere legittima la disciplina vincolistica, a condizione che essa abbia un carattere straordinario e temporaneo» 19.

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