Considerazioni in tema di nullità parziale, regole di comportamento e responsabilità del notaio

AutoreSalvatore Monticelli
Pagine103-121

Lo scritto riproduce lo studio realizzato su incarico del Consiglio Nazionale del Notariato.

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@I. La nullità parziale del codice civile e la nullità parziale necessaria di protezione

La disciplina della nullità parziale, come articolata nell'art. 1419 c.c., in conseguenza della progressiva destrutturazione della categoria della nullità realizzatasi negli ultimi quindici anni a seguito delle continue incursioni della legislazione di derivazione comunitaria, subisce talune radicali innovazioni sia pure circoscritte ai casi in cui detta parziarietà della sanzione civilistica sia relativa ad ipotesi di nullità cd. di protezione.

Ê agevole constatare, infatti, che, nella legislazione di protezione, il legislatore comunitario prima, quello nazionale poi tendono a far sì che alla declaratoria di nullità del patto o della clausola pregiudizievole per il soggetto destinatario della normativa di protezione, non debba fare seguito la invalidazione dell'intero contratto; il fine è quello di evitare che questi sia stretto tra due alternative comunque pregiudizievoli date o dall'esecuzione della fattispecie viziata, con abdicazione implicita, dunque, a fare valere la nullità pur di assicurarsi i beni od i servizi oggetto del contratto di cui ha necessità, o dalla rinuncia in toto al negozio, a seguito della declaratoria Page 104 di nullità, con consequenziale rinuncia alla prestazione, al bene, al servizio oggetto dello scambio.

Il legislatore, per sottrarre il soggetto protetto dalla riferita rigida alternativa tra due scelte che, in ogni caso, si sarebbero rivelate negatorie dell'obiettivo di protezione, propende, dunque, per conformare la nullità, modificandone in due punti salienti la disciplina relativa: ciò avviene da un lato negando (anche se non sempre espressamente) l'applicazione alle nullità di protezione della regola dettata dall'art. 1419, 1º comma, c.c., di modo che la sanzione civilistica non impedisca la conservazione del valore impegnativo dell'atto a prescindere dallo stralcio che debba farsi di una parte del suo contenuto1, dall'altro circoscrivendo la legittimazione all'azione di nullità al solo contraente destinatario della normativa di protezione.

Quanto al primo profilo d'innovazione lo strumento utilizzato è l'introduzione nel nostro ordinamento della nullità parziale cd. necessaria: essa, nel sancire che il contratto rimane valido per il resto, diviene negatoria del potenziale distruttivo dell'intero contratto che potrebbe conseguire all'applicazione del 1º comma dell'art. 1419 c.c. e, nel contempo, appare estranea anche al 2º comma dell'articolo citato considerato che la esclusione della nullità totale è sancita benché non vi sia sostituzione automatica della clausola nulla con una norma imperativa che disciplini positivamente la stessa materia presa in considerazione dalla clausola viziata.

Quanto al secondo profilo, coerentemente con la finalità conservativa del contratto e, dunque, con l'esigenza di dare prioritaria attuazione agli interessi di protezione sottesi alla prevista nullità, vi è la previsione della legittimazione relativa, circoscritta al solo destinatario della normativa di protezione, a far valere la sanzione civilistica. Si salda, così, un binomio che, per lo più, ma, come si vedrà, non necessariamente2, connota le nullità di protezione, ove la nullità parziale necessaria si Page 105 coniuga alla legittimazione relativa a farla valere, nell'obiettivo della conservazione del contratto perché la sua cancellazione non sarebbe funzionale all'attuazione dell'interesse prioritariamente protetto.

L'approdo a tale peculiare disciplina è, con ogni probabilità, conseguenza della maturata consapevolezza nel legislatore attuale della sostanziale inadeguatezza della regola contenuta nel 1º comma dell'art. 1419 c.c., in quanto decisamente segnata da riflessi volontaristici3, a trovare applicazione nella contrattazione cd. diseguale, ove, già nel contesto classico degli artt. 1341 e 1342 c.c., appariva del tutto evidente l'assenza di un reale processo formativo del volere delle parti inteso come risultante di un raggiunto equilibrio tra prestazioni contrapposte all'esito di una negoziazione dei termini del contratto.

L'adesione al contratto da parte del non predisponente, e, segnatamente, nella legislazione consumeristica da parte del consumatore, è il prodotto di una volontà anonima o, meglio, "appannata", poco consapevole, una pseudo volontà perché dominata dalla stringente esigenza del conseguimento di un obiettivo prioritario, se non totalizzante, dato dalla necessità del bene o del servizio oggetto del contratto. Di qui da un lato gli ambiti certo angusti, se non assenti, del processo volitivo, stretti dall'alternativa tra l'acquiescenza al contratto viziato da clausole vessatorie o nessun contratto e, dunque, nessun bene o servizio, dall'altro l'evidente inadeguatezza, quantomeno nel contesto della contrattazione standardizzata, di un giudizio sulla essenzialità della clausola in chiave soggettiva4. Non vi è dubbio, infatti, che il rife Page 106 rimento alla volontà dei contraenti contenuto nel testo dell'art. 1419, 1º comma, c.c., specie se inteso in senso disgiuntivo, come riferito alla volontà dell'una o dell'altra parte del contratto, legittimerebbe il predisponente a provare che non avrebbe affatto voluto la negoziazione qualora essa venga privata della clausola vessatoria. Coglie appieno la realtà del fenomeno chi, in proposito, sottolinea che, nella contrattazione standardizzata, alla pseudo volontà dell'aderente si contrappone "la volontà del predisponente la quale, a differenza della prima, è esito di un calcolo di interessi analiticamente ponderato, e che potrebbe facilmente essere travolto dalla inoperatività di uno o più precetti contrattuali"5; la riprova di quanto innanzi, d'altra parte, si trae agevolmente dalla previsione, sovente contenuta nei contratti predisposti ex uno latere, del patto cd. di nullità totale (sul quale si tornerà appresso) per l'ipotesi di caducazione di una delle clausole del contratto.

L'art. 36 del C.d.c., con il sancire che "il contratto rimane valido per il resto", mira a risolvere radicalmente il problema delle ripercussioni sulle sorti dell'intero contratto causate dalla "rimozione" di clausole vessatorie6. La nullità parziale diviene così "necessaria" e spazza via il campo (salvo quanto si dirà nel successivo paragrafo), in modo netto ed aprioristico, da ogni indagine e valutazione, in chiave soggettiva od oggettiva, da parte dell'interprete sulla tenuta del contratto deprivato di una o più clausole vessatorie, ciò al fine di escludere che, in conseguenza della estensione della nullità all'intero contratto, il consumatore perda l'utilitas da esso conseguente. Ê tale prioritaria esigenza7, pienamente coerente e funzionale all'obiettivo di tutela del Page 107 consumatore sotteso alle nullità di protezione, che ha spinto il legislatore ad estremizzare, con la previsione "il contratto rimane valido per il resto", la finalità di conservazione del contratto già immanente nella norma codicistica. Si è, però, evidenziato che l'anzidetta previsione di salvaguardia non sempre si rivela adeguata a conservare il contratto per il resto8. Infatti, se ciò certamente consegue all'ipotesi in cui oggetto della disapprovazione legale e, dunque, della nullità sia una clausola secondaria del contratto - si pensi, ad esempio, ad una clausola di limitazione delle responsabilità o della opponibilità di eccezioni, o che stabilisca termini abusivi o deroghe al foro del consumatore etc. - molto più problematica è la salvezza del contratto, deprivato della clausola vessatoria, qualora essa sia una clausola essenziale, senza la quale venga messa a rischio la tenuta strutturale9 del regolamento residuo. Aggiungasi che le norme della legislazione consumeristica, che prevedono ipotesi di nullità parziale necessaria, non contemplano, in molti casi, che vi sia la sostituzione automatica della clausola nulla con una norma imperativa che disciplina positivamente la stessa materia presa in considerazione dalla clausola viziata. Nel contempo va, però, fin d'ora sottolineato che, da una ricognizione del dato normativo, è agevole constatare che le clausole affette da nullità sono, per lo più, salvo quanto si dirà nel successivo paragrafo, secondarie rispetto all'impianto del contratto10, dunque la loro caducazione difficilmente potrà comprometterne la tenuta strutturale.

@II. Dalla nullità parziale necessaria alla nullità dell'intero contratto

Se è con l'introduzione nel codice civile della disciplina dei contratti del consumatore, segnatamente con la previsione di cui all'art. 1469 quinquies, 1º comma, c.c., come trasfusa e modificata nell'art. 36 del C.d.c., che trova collocazione nel sistema la "categoria" della nullità parziale necessaria è pur sempre in quel contesto normativo che può rinvenirsi una breccia significativa alla previsione della conservazione del contratto deprivato della clausola nulla. Ed infatti, l'art. 34, 2º comma, C.d.c., dispone che la valutazione della vessatorietà della clausola "non attiene alla Page 108 determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi" ma poi precisa "purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile".

Il limite ermeneutico imposto dalla norma è da intendersi non già nel senso di escludere ogni valutazione che tenga conto dell'oggetto del contratto e della perequazione tra il prezzo ed i beni o servizi oggetto dello scambio quanto, piuttosto, nel senso di ritenere le clausole in questione soltanto tendenzialmente sottratte al giudizio di vessatorietà.

Ebbene, una formulazione oscura o poco comprensibile della clausola - non consentendo al consumatore di comprendere quale sia l'oggetto o, più concretamente, i limiti dell'oggetto (si pensi ad esempio ai rischi inclusi od esclusi dalla copertura assicurativa) relativi alla negoziazione...

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