Le parole del diritto commerciale

AutorePaolo Spada
Pagine7-13

Conferenza tenuta nell'antica Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di macerata il 4 marzo 2009.

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1. Circola ed è autorevolmente sostenuta (irti, Cassese S.) l'opinione che la scienza giuridica privatistica sia in crisi (crisi di generalità e sistematicità), crisi addebitabile alla dinamica delle fonti: legislazione speciale, legislazione di origine regionale (comunitaria), normazione a-statale, "regole private" (quelle che presiedono a certificazioni, rating, ranking ecc. e che, ben più della c.d. lex mercatoria condizionano le opportunità e i risultati dell'iniziativa economica) parcellizzano la conoscenza e privano lo studio "gratuito" del diritto della sua antica capacità di rinnovare le regole edificando e riedificando il sistema.

La tesi che propongo è diametralmente opposta: ed è che il ruolo di "formante" della scienza giuridica privatistica - nella variante giuscommercialistica, alla quale particolarmente guardo - è inversamente proporzionale alla concezione ed all'impianto sistematici della produzione delle regole primarie (legislative, sublegislative, "private" ecc.) e che della fecondità del formante in parola (dell'opinio doctorum, potrebbe dirsi cedendo ad un linguaggio un po' togato ma legittimato dalla storia) è oggi possibile una campionatura significativa, forse sufficiente a falsificare l'ipotesi pessimistica che precede.

2. Giova dichiarare, con franchezza molto assiomatica, una (mia) visuale sul modo di trattare il materiale giuridico che mi sembra non solo culturalmente connaturale ma doverosa per il giurista italiano (ma potrebbe, senza troppo azzardo, dirsi: europeo-continentale).

I due giuspositivismi fioriti nel continente europeo nell'età delle codificazioni (quello legalistico, di tradizione francese, e quello scientifico, di tradizione tedesca) condividono la tecnica di validazione dell'argomentazione che dal testo primario porta, attraverso la trasformazione degli enunciati primari (leggi, regolamenti, ma anche contratti), alla regola di giudizio. La tecnica di validazione è quella della retorica: tecnica controllabile solo da ceti professionali integrati nello Stato nazionale. Tecnica, aggiungo, condivisa dai ceti professionali dei civilisti e dei commercialisti; i quali ultimi, quando hanno rivendicato a sé un "metodo dell'economia", o hanno, senza dichiaralo, parlato di una diversa gerarchia delle fonti - in essere (come quella Page 8 ricavabile dall'art. 3 del Codice di Commercio del 1882) o auspicata ("Natur der Sachen"); oppure hanno dato un nome enfatico e togato alle opzioni giuspolitiche di alcuni coautori del codice unificato del '42 (asquini).

Qui si coglie - per me - la misura della distanza culturale dell'esperienza continentale dall'esperienza anglosassone: la tecnica di validazione è in quest'ultima quella della ricerca del consenso in comunità non professionali; con una qualche temerarietà potrebbe dirsi della ricerca del consenso politico, correlato alla modalità di reclutamento - elettivo o cooptativo - dei giudici.

In questa prospettiva, l'affermarsi dell'analisi economica del diritto rappresenta una deriva verso una validazione, bensì non retorica della trasformazione degli enunciati, ma attinta a competenze professionali piuttosto che al sentimento della cultura della comunità; una deriva verso un formalismo alternativo a quello retorico (angelici).

La tecnica di argomentazione retorica costituisce un vincolo costituzionale (art. 101.2), nella misura nella quale non si sublimi la "soggezione del giudice alla legge" in un manifesto di enfasi egualitaria (tutti sono eguali davanti alla legge e la legge è uguale per tutti). Dunque la tecnica dell'argomentazione retorica non è legittimamente rimpiazzabile dalla tecnica della validazione giuseconomica (d'onde gli scontri tra "giurisprudenza" dell'aGCm e del Giudice amministrativo); quest'ultima potendo atteggiarsi solo come un'utile variante assiomatica (e, quindi, persino computabile) della argomentazione funzionale, sempre - tuttavia - retoricamente vincolata.

3. La diversificazione socioculturale degli elettorati e degli eletti (tramonto dello Stato c.d. monoclasse), il superamento del monopolio nazionale di produzione delle regole primarie e il concorso di regole primarie non legittimate da istituzioni sovraordinate alle coesistenze (di individui, formazioni sociali, stati) hanno generato complessità, spesso ingovernabili, sia sul versante della gerarchia dei fatti di produzione di regole primarie sia su quello delle compatibilità precettive (dei contenuti normativi, se si preferisce); d'onde la crescente esigenza della...

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