I parcheggiatori abusivi: configurabilità dei reati di estorsione, truffa ed invasione di terreni
Autore | Luigi Filippi |
Carica | Dottore in giurisprudenza e agente di polizia municipale |
Pagine | 274-289 |
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dott
4/2014 Arch. giur. circ. e sin. strad.
DOTTRINA
I PARCHEGGIATORI ABUSIVI:
CONFIGURABILITÀ DEI REATI
DI ESTORSIONE, TRUFFA
ED INVASIONE DI TERRENI
di Luigi Filippi (*)
SOMMARIO
1. La nozione di parcheggiatori c.d. abusivi. 2. La configura-
bilità del reato di estorsione nella condotta dei c.d. parcheg-
giatori abusivi. 3. La configurabilità del reato di truffa nella
condotta dei c.d. parcheggiatori abusivi. 4. La configurabilità
del reato di invasione di terreni nella condotta dei c.d. par-
cheggiatori abusivi.
1. La nozione di parcheggiatori c.d. abusivi
Nella categoria dei mestieri girovaghi, merita partico-
lare rilievo, la figura dei parcheggiatori di veicoli, operanti
nella piazze “al fine di agevolare la sosta, indicando il posto
da occupare, oppure aiutando le manovre di parcheggio, o
provvedendo personalmente al parcheggio” (1) del veico-
lo; occorre, a tal fine, che l’attività sia svolta a scopo di
lucro ed accertare che la dazione di denaro si concretizzi
nelle mansioni descritte, dovendo, in mancanza, ritenere
l’atto qualificabile come mendicità (2) e quindi, allo stato
attuale della legislazione, pienamente lecito.
Tale particolare figura non trovava espressa menzione
nell’art. 121 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza, quale
attività soggetta a registrazione; tuttavia la giurisprudenza
rilevava che il mestiere di parcheggiatore, fosse assimila-
bile all’attività di servitore di piazza, menzionato dal citato
art. 121 e pertanto, riteneva che l’esercizio di tale attività
integrasse l’ambito di applicazione dell’art. 669 del Codice
Penale .
Esigenze di liberalizzazione economica hanno indotto
il legislatore ad abrogare il primo comma dell’art. 121 (3),
con il conseguente venire meno, anche per gli esercenti
l’attività di parcheggiatori, da obblighi di registrazione;
“da subito la dottrina evidenziò, che a differenza che per
gli altri mestieri girovaghi, già in precedenza, trasferiti
sotto la disciplina di altre leggi relativamente all’attività di
parcheggiatore, si era venuto a creare un vuoto normativo”
(4).
La Legge 1° agosto 2003, n. 214 , ha introdotto nel Co-
dice della Strada la punibilità, in via amministrativa (5),
dell’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore (6);
nella previsione legislativa si fa comunque riferimento
alla clausola di specialità della riserva penale, preveden-
do testualmente la dizione “salvo che il fatto costituisca
reato” (7).
Tuttavia, “la salvezza delle norme penali non è più rife-
ribile all’art. 669 c.p., in ragione dell’annotata modifica del
Testo Unico di Pubblica Sicurezza e della depenalizzazione
della punibilità dei mestieri girovaghi, bensì di ogni reato
previsto dal Codice, relativamente all’integrazione della
condotta da parte dell’agente e la prassi ha individuato
nei reati di estorsione, di truffa e di invasione di terreni,
l’evento di una condotta penalmente rilevante nell’attività
di parcheggiatore non autorizzato” (8).
Da ciò, si deduce che si dovrà abbandonare ogni specu-
lazione sanzionatoria amministrativa, in favore dei rituali
atti di procedura penale, tutte le volte in cui la richiesta di
pagamento sia effettuata con minaccia, ovvero con artifici
e raggiri, ovvero ponga l’ente proprietario nella condizio-
ne di non poter esercitare le proprie prerogative sul suolo
oggetto di occupazione, ovvero in artifici e raggiri al fine
di percepire indebito guadagno. Quindi, unicamente nella
concretizzazione delle sopracitate condotte, si ravvisereb-
bero gli estremi per l’applicazione della sanzione penale,
nei confronti dei cosidetti parcheggiatori abusivi: infatti,
“ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 650 c.p.,
è necessario che l’inosservanza riguardi un ordine speci-
fico impartito ad un soggetto determinato, in occasione
di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che
proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta,
ovvero si astenga da essa e ciò per ragioni di sicurezza o di
ordine pubblico o di igiene o di giustizia”(9) e che “l’inos-
servanza riguardi un provvedimento adottato in relazione
a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione
normativa che comporti una specifica ed autonoma san-
zione”, situazione, quest’ultima, che, stante la presenza
della sanzione amministrativa erogata dell’art. 7 comma
15 bis, impedisce l’applicabilità di soluzione penalmente
rilevanti (10).
Occorre, comunque, osservare che il perimetro entro il
quale la sanzione amministrativa spiega i propri effetti è
limitata a quelle attività abusive che vengono svolte all’in-
terno dei centri abitati, ove più frequentemente, in realtà,
esse vegano esercitate, con la conseguenza che entro tali
limiti ordinanze penalmente rilevanti di inibizione a tale
occupazione troveranno disapplicazione in sede giurispru-
denziale e quindi prive di reale efficacia nei confronti dei
destinatari; qualora, se destinate a persone determinate
ovvero riguardanti determinati luoghi, venissero emanate
ordinanze che proibissero l’attività di parcheggiatori abu-
sivi fuori dai centri abitati (11), tali ordinanze, se corrobo-
rate nella motivazione da quei gravi pericoli per l’incolu-
mità delle persone che solamente possono legittimare un
ordinanza contingibile e urgente, risulterebbero legittime
in quanto fuori dai centri abitati l’ordinamento non appre-
sta nessuna tutela per il contrasto a siffatti fenomeni.
Il potere di emanazione di un tale provvedimento par-
rebbe ravvisarsi nel Sindaco ovvero nell’ente proprietario
dell’area pubblica che si intende tutelare dall’attività dei
parcheggiatori abusivi, ritenendo non legittimato il Que-
store, in quanto la propria competenza a inibire attività
girovaghe risulta limitata a quelle indicate dall’articolo 17
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ter del Tulps richiamante l’articolo 17 bis del Tulps , nel
quale si intende soppressa la citazione del primo comma
dell’art. 121 Tulps a seguito dell’abrogazione legislativa di
quest’ultimo.
In prospettiva, per un contrasto di natura penalistica
all’attività abusiva di parcheggiatore , senza che questa
consista in condotta riconducibile alla struttura del detto
di estorsione ovvero di truffa ovvero di invasioni di terreni,
sarebbe sufficiente inserire nell’art. 17 bis del Tulps il rife-
rimento al comma 15 bis dell’art. 7 del Codice della Strada,
seppure non formalmente omogeneo con quest’ultimo, ma
riguardante comunque fenomeni concernenti la sicurezza
pubblica, al fine di poter mettere in grado la competente
Autorità di emanare le ordinanze previste dall’art. 17 ter
comma 1.
2. La configurabilità del reato di estorsione nella con-
dotta dei c.d. parcheggiatori abusivi
Il reato, al quale si accompagna con maggior frequenza
la condotta dei c.d. parcheggiatori abusivi risulta essere
il reato di estorsione, ovvero, secondo la previsione del
codice di cui all’art. 629, il conseguire, da parte di colui
che manca dell’autorizzazione ad esercitare l’attività di
parcheggiatore, di un profitto ingiusto con danno altrui
attuato mediante violenza e minaccia .
L’inquadramento in siffatto delitto, da parte della giuri-
sprudenza, in determinate condotte dei c.d. parcheggiato-
ri abusivi, costituisce un dato consolidato nella casistica
giurisprudenziale; già da tempo si è riconosciuto (12) che
fosse “ravvisabile il reato di tentata estorsione, è non già
quello di tentata violenza privata aggravata, a carico del
posteggiatore, il quale cerchi di costringere con la violenza
un automobilista che aveva lasciato in sosta l’auto in zona
ove non era stato istituito nessun parcheggio autorizzato,
a corrispondergli una somma di denaro” (13).
Nella sentenza si sottolineava che nessun compenso
fosse dovuto dagli automobilisti che avessero lasciato in
sosta la propria autovettura, ad esclusione della circo-
stanza che sussistesse per il parcheggio una tariffa deter-
minata conseguente ad un provvedimento dell’autorità co-
munale (14); solo l’esistenza di quest’ultima circostanza
comportava l’esonero da responsabilità penale, in quanto
il fatto di essere in possesso dell’autorizzazione dell’auto-
rità di pubblica sicurezza (15) non soddisfava il requisito
dell’ingiusto profitto, elemento essenziale nella struttura
del delitto di estorsione. Occorre, comunque, precisare
che quest’ultimo inciso della sentenza della Corte, in se-
guito all’abrogazione dell’art. 121 del Tulps, non trova più
alcuna utile valenza interpretativa.
Ulteriore esimente del reato veniva ravvisata nella sti-
pulazione, tra le parti, di un contratto di custodia, ai sensi
dell’art. n. 1766 del Codice Civile e ss. , risulta evidente che
il pagamento di una somma di denaro costituisce l’eserci-
zio di un diritto, sul presupposto, comunque, che tale con-
tratto sia stato regolarmente e liberamente stipulato.
Per cui “già altre volte la Cassazione si era impegnata
nel qualificare la condotta dei parcheggiatori abusivi,
vera piaga sociale delle regioni del meridione d’Italia: tali
soggetti, privi di ogni autorizzazione da parte dell’autorità
pubblica, pretendono per mestiere la corresponsione di un
compenso da parte degli automobilisti che lasciano in so-
sta la loro vettura sulla pubblica via, in una zona ritenuta
di loro pertinenza, vi sia o meno un parcheggio ivi autoriz-
zato dall’autorità comunale” (16).
La condotta del parcheggiatore non autorizzato, per
raggiungere la soglia penalmente rilevante, occorre che
integri i connotati descritti dall’art. 629 c.p.; che si con-
cretizzi una relazione tra la violenza o minaccia subita
dalla vittima e l’ingiusto profitto del parcheggiatore abu-
sivo (17); nelle sfumature di tale condotta si determina lo
spazio per la concretizzazione del reato di estorsione da
parte di colui che agevola la sosta dei veicoli (18).
Ampie motivazioni risultavano ravvisabili in un’ulteriore
fattispecie sottoposta al giudizio della Suprema Corte (19),
la quale concerneva una sentenza della Corte d’Appello di
Palermo, che, confermando la decisione del Tribunale in
composizione monocratica, condannava l’imputato per ten-
tata estorsione, in quanto, in esecuzione di un medesimo
disegno criminoso, minacciava l’imputato di un grave danno
alla propria integrità fisica, mandando presso la propria abi-
tazione persone di una locale famiglia mafiosa qualora non
gli avesse pagato la somma di euro 1.50 per il parcheggio
della sua autovettura; con tutto ciò, per la Corte Territoriale,
l’imputato attuava atti idonei diretti in modo non equivoco a
costringere l’imputato ad atti di disposizioni patrimoniali al
fine di realizzare un ingiusto profitto, evento non verificatosi
per intervento del personale del locale Commissariato di
Pubblica Sicurezza, allertato dalla parte offesa .
Il Giudice nomofilattico confermava la decisione delle
Corti Territoriali, in quanto la riteneva correttamente moti-
vata in ordine alle responsabilità dell’imputato, attribuendo
piena attendibilità alla dichiarazione della parte offesa,
avendo costui offerto precisi elementi sul contenuto della
minaccia, che sono stati oggettivamente riscontrati, come il
riferimento al fatto di avvalersi, ove fosse stato necessario,
di appartenenti ad una locale famiglia mafiosa, composta
da pregiudicati e con la quale l’imputato aveva legami e
affinità; inoltre si sottolineava che la richiesta intimidatoria
era mirata ad ottenere l’ingiusto profitto di euro 1,50, com-
pletando la disposizione legislativa di estorsione.
La dottrina ha ritenuto corretta la decisione della
Corte (20) e non appaiono motivi per ritenere opinabili
tali commenti; invero, si riscontrano in diversi punti della
sentenza l’individuazione di argomentazioni dottrinali, o
precedenti consolidati della stessa Corte (21).
Invero, anche fra coloro che aderiscono alle conclusio-
ni della Cassazione, alcune riserve residuano “in ordine
alla modalità della condotta vincolata, secondo il dettato
codicistico al ricorrere degli estremi della violenza o della
minaccia” (22), stante la particolare situazione.
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