Quadro panoramico sulle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni

AutoreGiovanni Ferraro; Luca Christian Natali
Pagine257-266

Giovanni Ferraro. Dottorando di ricerca in procedura penale presso l’Università Tor Vergata di Roma, Studio legale in Ciampino (Roma)

Luca Christian Natali. Funzionario direttivo presso il Dipartimento Comunicazioni e Reti Telematiche, Garante Protezione dei dati personali in Roma; Dottore di ricerca in Diritto civile presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Si precisa che il testo, incluse opinioni e critiche, è formulato dall’autore a titolo meramente personale e non in rappresentanza dell’ente di appartenenza.

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@1. Premessa

Questo lavoro ha l’obiettivo di cogliere l’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale sulle dibattute questioni nate, negli ultimi anni, nella quotidiana applicazione della normativa sulle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, ponendo l’accento su contrasti ancora aperti, prima che - ciò che è molto probabile date le varie proposte di riforma - il legislatore intervenga a disciplinare diversamente la materia.

Alcune questioni, sorte nell’ambito di indagini a carico della criminalità organizzata, hanno trovato soluzioni soddisfacenti e aderenti al dato normativo, mentre altre prestano il fianco per l’uso di soluzioni ambigue e pregiudizievoli per i diritti di difesa dell’imputato.

Sul punto, basti considerare il tema dei rapporti tra poteri d’ufficio del giudice e l’onere probatorio della parte in riferimento alla rilevazione delle inutilizzabilità.

La Cassazione sembra orientarsi - in un quadro sistematico di riferimento proprio del processo accusatorio - nel ritenere indispensabile per la parte assolvere il proprio onere di allegare ed, in parte, dimostrare i fatti da cui dipendono le sanzioni processuali invocate per eliminare i vizi denunciati (es.: ex. art. 270 c.p.p. inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti in un altro procedimento).

Tuttavia, l’assolvimento di un onere così articolato può rilevarsi, nella pratica, estremamente gravoso per la difesa; tanto più che non trova alcuna giustificazione logica né agganci normativi nel contesto di riferimento.

Chiunque operi quotidianamente bene, conosce tutte le difficoltà che comporta il reperimento dei decreti da parte della difesa nell’ipotesi di un procedimento instaurato a notevole distanza sia di tempo che di luogo rispetto a quello in cui le intercettazioni sono state effettuate.

@2. Nozione e condizioni di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (art. 266 e 267 c.p.p)

  1. a) Nozione

    Innanzitutto possiamo distinguere le intercettazioni in ragione dello scopo per cui esse sono adottate: preventive e processuali.

    Le intercettazioni preventive sono funzionali alle operazione di pubblica sicurezza per la prevenzione dei reati (art. 266 att.), mentre quelle processuali sono necessarie per la prosecuzione dell’indagini (art. 266-271 c.p.p), oppure per trovare il latitante (art. 295 c. 3, 3 bis e 3 ter). A parte le finalità, il codice non offre una definizione di “intercettazione di conversazione o di comunicazioni” per cui sono state dottrina e giurisprudenza ad offrirne una: ebbene, potrebbe considerarsi intercettazione l’attività attraverso cui un soggetto, a mezzo l’ausilio di mezzi tecnologi idonei alla registrazione di suoni e comunicazioni, in modo occulto acquisisce conoscenza diretta di comunicazioni private e segrete tra presenti o telematiche1.

    La nozione di intercettazione è esclusivamente riferibile alle conversazioni, apprese clandestinamente, tra due o più soggetti tenute con l’intenzione e con modalità tali da escludere altri. Ne consegue quindi, che l’attività di captazione occulta debba essere operata da un soggetto estraneo alla comunicazione stessa mediante dispositivi tecnici atti a vanificare le cautele ordinariamente poste.

    Sul punto, pertanto, è stato confermato l’indirizzo a suo tempo espresso dalle Sezioni Unite 28 maggio 2003, n. 6747, Torcasio2, per cui la registrazione di conversazioni, ancorché occulta, operata da soggetti presenti non è riconducibile alla nozione tecnico-giuridica di intercettazione ma è riconducibile alla formazione di materiale documentale, a prescindere poi dall’ammissibilità o meno in sede processuale.

    La diffusione di una registrazione operata tra presenti o partecipanti non integra un’intromissione dall’esternoPage 258 in ambiti privati inviolabili ma concerne esclusivamente l’interesse alla riservatezza, il quale, pacificamente, non è coperto dalla protezione Costituzionale della libertà e segretezza delle comunicazioni di cui agli artt. 15 e 24 e peraltro, in un giudizio di bilanciamento, soccombente rispetto all’interesse pubblico all’accertamento della verità.

    In base a questi rilievi, la Suprema Corte ha definito manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale di numerose norme del codice di procedura penale proprio in base ai parametri di cui ai citati artt. 15 e 24 Cost3.

    Quanto chiari e lapidari i principi che definiscono le intercettazioni, tanto controverso è stato il caso relativo al soggetto che registra clandestinamente una o più conversazioni con una determinata persona su commissione della polizia giudiziaria con il preciso scopo di farsi rilasciare dichiarazioni pregiudizievoli per sé o per altri .

    Il tema è sempre affrontato nella citata sentenza Torcasio in cui le Sezioni unite, pur se hanno ritenuto applicabile il su indicato principio di ammissibilità della registrazione effettuata da soggetto presente o ammesso ad assistere, hanno subito dopo indicato una importante serie di limitazioni ricavabili attraverso un interpretazione sistematica.

    Quindi, superando definitivamente precedenti orientamenti4, a giudizio delle Sezioni unite non è consentita l’acquisizione né, ove lo fosse, è utilizzabile come prova la registrazione fonografica ad opera di appartenenti alla polizia giudiziaria nel corso di operazioni investigative, durante colloqui da loro intrattenuti con: persone sottoposte alle indagini, persone informate sui fatti quando si tratti rispettivamente:

    - di dichiarazioni indizianti raccolte senza osservare le modalità prescritte dall’art. 63 c.p.p.;

    - di informazioni confidenziali inutilizzabili per il disposto dell’art. 203 c.p.p.;

    - di dichiarazioni per le quali è esclusa la testimonianza in applicazione degli art. 62 e 195 comma 4 stesso codice.

    A sostegno di tale principio la Corte ha osservato che la registrazione di una comunicazione da parte di soggetto che ne sia stato partecipe, essendo suscettibile di produzione come prova documentale, deve essere preliminarmente sottoposta alla disciplina di cui all’art. 191 c.p.p., il quale non consente l’acquisizione, in qualsiasi modo essa avvenga, di fonti di prova delle quali la legge vieta l’acquisizione.

    Ne consegue che il codice prevede analiticamente non solo il regime di acquisizione ed utilizzabilità delle dichiarazioni acquisite dalla polizia giudiziaria ma anche le modalità di acquisizione che possono inficiarne l’utilizzabilità.

    Infatti, il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, che il comma 4 dell’art. 195 c.p.p. stabilisce con riguardo al contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli artt. 351 e 357, comma 2, lett. a) e b), si riferisce tanto alle dichiarazioni che siano state ritualmente assunte e documentate come previsto da dette norme, quanto ai casi nei quali la polizia giudiziaria non abbia provveduto alla redazione del relativo verbale, con ciò eludendo proprio le modalità di acquisizione prescritte dalle norme medesime.5

    Pur se è discusso, e per lo più escluso, il carattere costituzionale del diritto alla riservatezza, deve essere rilevato che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, sin dal 1993, ne ha esplicitamente riconosciuto la tutela da parte dell’art. 8 della C.e.d.u. censurandone la violazione attraverso la registrazione occulta di conversazione da parte di uno dei presenti su incarico della polizia giudiziaria.6

    Anche più di recente e coevemente alla sentenza Torcasio, la Corte europea ha ribadito che la registrazione delle comunicazioni telefoniche da parte della persona offesa dal reato e destinataria delle stesse, effettuata su incarico del pubblico ministero, che aveva incaricato la polizia giudiziaria di installare un registratore collegato al telefono, costituisce un’interferenza non prevista dalla legge, con conseguente violazione dell’art. 8 C.e.d.u.7

    La dottrina, inoltre, ha esteso le conclusioni raggiunte dalle Sezioni unite e dalle susseguenti pronunce in relazione alla attività investigativa della polizia giudiziaria, anche nella ipotesi in cui le dichiarazioni siano state registrate, all’insaputa dell’interlocutore, nell’ambito delle indagini difensive delle parti private.8

  2. b) Casi di intercettazione e limiti di ammissibilità

    Il disposto Costituzionale di cui all’art. 15 nel garantire la fondamentale libertà civile della “segretezza della corrispondenza e di ogni forma di comunicazione”, inevitabilmente impone una serie di limiti che condizionano direttamente l’ammissibilità delle intercettazioni di comunicazioni9.

    Limiti primari ed essenziali sono la riserva di legge e di giurisdizione: in via preventiva ed astratta la legge indica tassativamente i casi e le modalità di intercettazione, per poi in concreto essere autorizzate solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria.

    Infatti, fermo restando l’analisi dei presupposti delle intercettazioni che verrà esposta, si può affermare che le intercettazioni possono essere disposte in procedimenti relativi ai soli reati previsti nell’art. 266 comma 1 c.p.p.

    Come noto, la misura edittale dei reati è calibrata alla rilevanza ed al danno sociale della condotta prevista dalla fattispecie. Per questo la norma procedurale, nel rispetto delle garanzie di libertà costituzionali, prevede un criterio quantitativo per l’adozione delle intercettazioni ai fini investigativi, ossia solo per i reati caratterizzati da un notevole disvalore...

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