Pagare il verbale preclude la possibilità di presentare ricorso

AutoreRenato Borri
CaricaMaresciallo Capo dei Carabinieri di Piacenza
Pagine795-799

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La Corte di Cassazione Civile, con la decisione in rassegna, ha chiarito che il trasgressore, dopo avere pagato la sanzione amministrativa, non può più opporsi al verbale, neanche quando si accerti successivamente l’illegittimità dello stesso. Questo perché secondo la S.C. il pagamento dell’oblazione equivale ad una implicita ammissione di colpa del contravventore, che gli preclude qualsiasi rimborso, anche derivato da un’eventuale attività illegittima dell’amministrazione.

La questione, alla luce di quanto disposto dagli articoli 202, 203 e 204 bis del codice della strada, apparirebbe scontata.

Prendiamo innanzitutto in considerazione l’articolo 202, che concede al trasgressore la possibilità di pagare la sanzione, precisando tempi e misura del pagamento, stabilendo che: «Per le violazioni per le quali il presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria ferma restando l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme».

Analizzando testualmente la norma, sembrerebbe non esserci alcun limite (se non quello temporale), per effettuare il pagamento della sanzione da parte del trasgressore, che in questo modo estinguerebbe l’illecito amministrativo.

I successivi articoli 203 e 204 bis, disciplinando il ricorso da proporsi alternativamente al Prefetto o al Giudice di Pace del luogo della commessa violazione, stabiliscono però perentoriamente che entrambi i ricorsi possano essere effettuati soltanto se il trasgressore non abbia, nel medesimo lasso di tempo previsto per proporre ricorso (sessanta giorni), effettuato il pagamento in misura ridotta.

Vediamo nel dettaglio gli articoli sopra citati: il primo comma dell’art. 203 c.s. sancisce in maniera molto chiara che «Il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell’art. 196, nel termine di giorni sessanta dalla contestazione o dalla notificazione, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al Prefetto del luogo della commessa violazione, da presentarsi all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore ovvero da inviarsi agli stessi con raccomandata con ricevuta di ritorno. Con il ricorso possono essere presentati i documenti ritenuti idonei e può essere richiesta l’audizione personale», mentre il successivo art. 204 bis stabilisce che «Alternativamente alla proposizione del ricorso di cui all’articolo 203, il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell’articolo 196, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al giudice di pace competente per il territorio del luogo in cui è stata commessa la violazione, nel termine di sessanta giorni dalla data di contestazione o di notificazione».

Entrambi gli articoli in esame fissano in sessanta giorni il termine massimo per fare ricorso, stabilendo però in modo chiaro ed inequivocabile che esso possa essere proposto soltanto «qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta».

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Tale termine massimo stabilito per l’oblazione amministrativa è senza alcun dubbio perentorio, in quanto il suo inutile decorso determina necessariamente la decadenza del corrispondente diritto accordato al contravventore.

Anche il caso di forza maggiore che abbia ritardato il versamento oltre il termine prescritto non può rendere giuridicamente efficace l’oblazione tardiva, non essendo in tale materia operante, per la natura strettamente amministrativa della procedura, l’istituto della restituzione in termini, previsto infatti dalla legge soltanto per le scadenze processuali.

Ricapitolando, una volta vistosi notificare il verbale di contestazione, il trasgressore ha sessanta giorni di tempo per decidere se proporre ricorso oppure pagare la sanzione estinguendo così l’illecito.

Al riguardo è stato infatti in più occasioni stabilito che l’art. 204 bis c.s., laddove prevede che il pagamento della multa in misura ridotta preclude la possibilità di proporre ricorso, non viola l’art. 24 della Costituzione (diritto alla difesa), perché si tratta di una libera scelta dell’interessato che non subisce limitazioni di sorta.

Il problema si pone, ovviamente, se dopo avere pagato (ammettendo così implicitamente, secondo la prevalente corrente di pensiero, la propria responsabilità) il trasgressore decide comunque di fare ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace.

La vicenda, che la Suprema Corte si è trovata a dovere analizzare, riguarda proprio il caso di un automobilista a cui era stata contestata una violazione per essere passato col semaforo rosso, che dapprima aveva regolarmente pagato ma avendo successivamente avuto notizia della presenta irregolarità dell’apparecchiatura utilizzata dal Comune per accertare la violazione (la tristemente famosa vicenda dei photored), aveva proposto ricorso al Giudice di Pace chiedendo l’annullamento della sanzione considerata, a questo punto, illegittima.

Il Giudice di Pace aveva accolto il ricorso, e tale decisione era stata impugnata dall’amministrazione soccombente, che aveva addotto, tra le varie motivazioni, il fatto che l’avvenuto pagamento dell’oblazione comportava l’inoppugnabilità del relativo verbale e, dunque, escludeva ogni altra possibilità...

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