Sciopero e «pacificazione sociale» tra Otto e Novecento: un viaggio in compagnia di Emanuele Gianturco

AutoreLorenzo Gaeta
Pagine377-387
Lorenzo Gaeta
Sciopero e «pacif‌icazione sociale» tra Otto e Novecento:
un viaggio in compagnia di Emanuele Gianturco
S: 1. Riassunto della prima puntata. - 2. Tra Potenza e Avigliano, alla f‌ine del XIX secolo: un
Gianturco socialista? - 3. A Napoli, all’inizio del XX secolo: un Gianturco reazionario? - 4. Una specie
di conclusione.
1. Il paziente lettore vorrà tollerare una premessa metodologica di taglio personale.
Nel 2006, accogliendo l’invito dei miei corregionali di Avigliano, ebbi modo di appro-
fondire un piccolo prof‌ilo della complessa vicenda giuridica di Emanuele Gianturco,
illustre f‌iglio della cittadina lucana. Af‌frontai allora un tema, quello dei rapporti tra la
dottrina civilistica e il mondo del lavoro, riguardandolo sotto un particolare angolo
prospettico, of‌fertomi appunto dagli scritti di G.: l’anelito, da parte di molti settori
della dottrina, verso un “codice sociale” che sostituisse del tutto l’impianto di un codice
civile giudicato inadeguato a rappresentare le nuove istanze del mondo del lavoro1. Ri-
costruii allora il passaggio progressivo di G. da una linea molto decisa di fervente richie-
sta di un tale codice, che lo fece qualif‌icare (del tutto ingiustif‌icatamente, secondo me)
tra i “socialisti giuridici” ad un atteggiamento, molto più morbido, di auspicio di una
legge generale sul rapporto di lavoro (una sorta di “statuto” ante litteram), che non intac-
casse l’impianto civilistico complessivo, e ai cui lavori preparatori G. partecipò attiva-
mente; f‌ino ad arrivare, pochi mesi prima della prematura scomparsa, a gettare la spu-
gna, rassegnandosi a un sistema di una legislazione ad hoc, settoriale, caso per caso:
quello, poi, che per lungo tempo è stato uno dei tratti distintivi del diritto del lavoro
italiano. Anzi, quello che, per un certo verso, continua ancora oggi ad essere il carattere
strutturale di una materia che vuole essere, talvolta anche con orgoglio, largamente au-
topoietica e poco incline a totalizzanti sistematizzazioni dall’esterno, nonché, per altro
verso, frammentata e ad impatto dif‌ferenziato2: cose che a noi sembrano far parte da
sempre della sua più intima sostanza e che invece presero corpo proprio in quei tormen-
tati anni a cavallo tra Otto e Novecento.
Ora, invece, in occasione delle celebrazioni del centocinquantenario della nascita e
del centenario della morte, cercherò di proseguire nell’esame degli scritti di G. dedicati
al lavoro, trovando qualche nuovo f‌ilone di indagine, che si innesti sempre sulla base cui
ho appena accennato. In realtà, non è facilissimo trovare nuovi spunti, perché G. ha
scritto molto poco di “diritto del lavoro”: sono solo due le sue incursioni di rilievo scien-
tif‌ico in questa materia, e in entrambi i casi si tratta, per giunta, di lezioni raccolte e
pubblicate, per un totale di appena venti pagine3. Un’attenta analisi sulle origini dottri-
1 Gaeta 2007, 37.
2 Magistralmente, Giugni 1979, 11.
3 È d’obbligo il riferimento a Vano 1987, 169.

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