Dal giudice di pace al giudice unico: l'emancipazione del giudice monocratico dallo ?stato di minorità'
Autore | Francesco Mastroberti |
Pagine | 163-178 |
Nella storia giuridica dell’Europa continentale l’istituto del giudice
di pace rappresenta la prima forma di giudice monocratico ad affer-
marsi dopo le grandi riforme della Rivoluzione francese che avevano
accolto, come elemento imprescindibile nell’amministrazione della
giustizia, il principio della collegialità degli organi giudiziari.
Il processo dell’antico regime, soprattutto quello penale1, sempre
farraginoso, spesso arbitrario, talvolta ingiusto, caratterizzato dalla
prevalenza delle prove legali e dal cd. ‘scrivanismo’, fu uno dei ber-
sagli principali della critica illuministica2 che, in nome della ra-
gione, volle privilegiare il momento del giudizio rispetto alla fase
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FOUCAULT, Sorvegliare e punire. La nascita della prigione, trad. it. Torino 1976, il quale si ri-
ferisce in particolar modo alla Francia e alla famosa Ordonnançe criminelle di Louis XIV. La
prevalenza del modello inquisitorio, l’esistenza delle prove legali – spesso acquisite tramite la
tortura – l’onnipotenza del pubblico accusatore e la tracotanza dei suoi sgherri, resero il sistema
l’attenzione sul problema penale non mancando di approfondire il dibattito intorno alle tematiche
processuali. Cfr. in particolare i recenti interventi di M. DA PASSANO, Emendare o intimidire?
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cese, Torino 2000; F. MASTROBERTI,
1820, Napoli 2001 e G. ALESSI, Roma – Bari 2004.
2 S. COTTA, Gaetano Filangieri e il problema della legge, Torino 1954, 165-7; F. VENTURI,
Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, Milano-Napoli 1962; M. A. CATTANEO,
Illuminismo e legislazione, Milano 1966; R. AJELLO, Preilluminismo giuridico e tentativi di
, Napoli 1968; U. SPIRITO, Storia del diritto penale italiano da
Cesare Beccaria ai nostri giorni, Firenze 1974, 59-64; R. FEOLA, Dall’Illuminismo alla
Restaurazione. Donato Tommasi e la legislazione delle Due Sicilie, Napoli 1977; M. MAESTRO,
Cesare Beccaria e le origini della riforma penale, Milano 1977; P. Comanducci (a cura di),
L’Illuminismo giuridico. Antologia di scritti giuridici, Bologna 1978, 40-1; D. CARPINETTO e
G. RECUPERATI, L’Italia del Settecento, Roma-Bari 1986, 132, 264-9, 321, 359-71; E. DEZZA,
Accusa e inquisizione. Dal diritto comune ai codici moderni
e penetrante denuncia dei mali del processo penale d’antico regime, con riferimento al regno di
GALANTI, Testamento forense, Venezia 1806.
FRANCESCO MASTROBERTI
DAL GIUDICE DI PACE
AL GIUDICE UNICO: L’EMANCIPAZIONE
DEL GIUDICE MONOCRATICO
DALLO ‘STATO DI MINORITÀ’
164 Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto — Anno I – N. 1
istruttoria3. Il potenziamento della fase del giudizio, realizzato con
l’introduzione del dibattimento e del libero convincimento del giu-
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lità. Il libero convincimento del giudice, introdotto in Francia durante
la Rivoluzione, era stato concepito dagli Illuministi in contrapposi-
zione al processo inquisitorio e al sistema delle prove legali e si pre-
sentava strettamente connesso al dibattimento pubblico ed orale dal
quale un collegio di giudici non togati (Jury) avrebbe dovuto trarre la
sua libera convinzione sul fatto4. In questo contesto il giudice unico
3 Cfr. F. MASTROBERTI, Dibattimento e libero convincimento del giudice nel Mezzogiorno
borbonico, in AA. VV., Riti, tecniche, interessi. Il processo penale tra otto e novecento, atti del
convegno di Foggia del 5-6 maggio 2005 a cura di Marco Nicola Miletti, Milano 2006, 135-61.
4 Cfr. A. ESMEIN, Histoire de la procédure criminelle en France, Paris 1882; R. MARTUCCI,
La costituente e il problema penale in Francia (1789-1791), I, Alle origini del processo accusa-
torio: i decreti Beaumetz, Milano 1984; B. SHNAPPER, Le jury Français au XIX et XX siècle in
AA. VV., The Trial Jury in England, France, Germany, 1700-1800, a cura di A. Padoa Schioppa,
Berlin 1987; A. PADOA SCHIOPPA, La giuria penale in Francia. Dai “philosophes” alla
Costituente, Milano 1994; DA PASSANO, op, cit.; G. ALESSI, Il processo penale, cit. Nei giudi-
zi penali, dove la valutazione del fatto era pregnante, l’introduzione del principio del libero con-
rispetto all’antico processo: da “schiavo” delle prove (legali) ne divenne il signore assoluto.
il giudice godeva di una certo arbitrio nell’individuazione e nell’applicazione delle pene (A.
CAVANNA, , Milano 1975; G. ALESSI,
prova legale e pena: la crisi del sistema tra evo medio e moderno, Napoli 1987), con le riforme
rivoluzionarie fu tenuto ad applicare rigorosamente la legge, salvo una certa discrezionalità tra il
minimum ed il maximum edittali. Questo nuovo processo, fondato sul binomio dibattimento-libero
convincimento era, per gli illuministi e per i rivoluzionari francesi che l’introdussero, un mecca-
nismo razionale che, seguito correttamente, portava necessariamente ad una pronuncia razionale
e giusta in quanto razionale. Chiarissimo in merito è GALANTI, op. cit., T. I, 85: «Per iscoprirsi
l’autor del delitto deve farsi uso della scienza dei fatti. Le cognizioni umane altro non sono che
una connessione di raziocinij ajutati dal meccanismo dei sensi e dallo studio dell ’educazione. Si
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I magistrati dovrebbero a gran sagacità di spirito, a gran lumi dell’intelletto, accompagnare le
virtù del cuore. Ma gli archivi della magistratura ci mostrano i fatali errori, che hanno fatto perire
necessario che anche il giudice fosse razionale e gli illuministi, seguiti dai costituenti francesi,
vollero trovarlo nei jury della tradizione anglosassone ossia in collegi di giudici non togati inca-
ricati di rendere il giudizio sul fatto: se il processo era razionale e il fatto emergeva con chiarezza
dal dibattimento il merito poteva essere giudicato anche dai «pari» e le funzioni del giudice toga-
bouche qui prononce les paroles de la loi, come aveva indicato Montesquieu. Ancora il GALANTI,
op. cit., 82-3, è esplicito sul punto: «Il giudizio è un misto di questioni di diritto e di fatto. Se si
tratta di chiarire il fatto, di proteggere l’innocenza, di punire il colpevole, se si tratta di dare a’
giudici la norma sicura da esercitare il terribile ius gladii, non vi ha metodo migliore quanto quel-
lo di separare l’inquisizione, il rapporto, il giudizio. Gli inglesi hanno la bella istituzione de’ pari
sono così giudicati di una maniera felice e spedita. Si unisce la prova morale alla legale che è
Quando si è chiarito lo stato della questione, sarà agevole applicare la legge. I nostri metodi sono
i più opposti a dilucidarlo. Il fatto della causa è per lo più un secreto nelle mani del giudice e
dell’attuario». Organizzato in questi termini il processo, poco spazio poteva essere riservato dagli
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