Osservazioni e rilievi alla legge delega 25 giugno 1999, n. 205

AutoreRosario Li Vecchi
Pagine949-952

Page 949

@1. Introduzione

Tanto tuonò che piovve! Rieccoci ancora una volta davanti all'ennesimo tentativo fatto dal legislatore allo scopo di far fronte alla crisi preoccupante che logora da tempo l'amministrazione della giustizia, in genere, ma in particolar modo il processo penale ancora in cerca, malgrado la sua maldestra radicale riforma, di una sua giusta collocazione e sistemazione. È ormai risaputo che il nuovo rito penale ha avuto, sin dal suo primo apparire all'orizzonte giuridico e legislativo, una vita molto tormentata e difficile, specie per la sua infelice formulazione la quale, nel tentativo di sovvertire il vecchio metodo (inquisitorio o misto) e di rivoluzionare il suo impianto che finiva con l'ignorare le garanzie dell'imputato non concedendo allo stesso gli stessi diritti dell'accusa, ha raggiunto l'effetto contrario, dimostrandosi, in tema di sua pratica applicazione, molto meno garantista dell'abrogato codice.

La parità di diritti e posizioni tra accusa e difesa, tanto osannata e decantata, che avrebbe dovuto costituire, come fiore all'occhiello, il c.d. «giusto processo», si è risolto in un mito od in una chimera e proprio da qui sono scaturiti una miriade di polemiche e diatribe in dottrina, i continui e costanti disorientamenti giurisprudenziali che hanno poi fatto seguito alle varie decisioni della Corte costituzionale che hanno in gran parte rivoluzionato l'assetto normativo, tecnico e sistematico del nuovo codice di rito, con la particolare aggressione dell'art. 34 c.p.p. con la declaratoria di illegittimità, simile ad un vero e proprio martellamento, e tutto ciò a rivendicazione di quella che dovrebbe essere la «terzietà» del giudice 1. La previsione poi dei riti alternativi, lo abbiamo scritto e ribadito più volte nel muovere le nostre critiche al nuovo strumento processuale 2, escogitati dal legislatore allo scopo di alleviare la crisi del processo penale, si sono rivelati come un vero e proprio fallimento, mentre, con il passare del tempo, veniva formulata una miriade di leggi e leggine contenenti delle «penalizzazioni» per violazioni delle rispettive norme e che si facevano rientrare nella competenza del giudice penale, aggravando così tale settore ed alla cui mole di lavoro non corrispondeva il numero di magistrati che se ne sarebbero dovuti occupare e proprio da tale disastrosa situazione scaturiva la «prescrizione» di numerosi processi. L'unico rimedio da apprestare in tanto marasma era quello di procedere alla «depenalizzazione» di numerosi illeciti mediante la trasformazione degli stessi da illeciti penali ad illeciti amministrativi, anche perché i detti illeciti per la loro natura «bagatellare» venivano a costituire, volendo ricorrere ad un paragone, delle «sterpaglie» inquinanti un campo di grano che, a causa della esistenza delle stesse, non poteva acquistare rigoglio e fertilità. Da tempo era in preparazione tale rimedio ma la sua concreta attuazione tardava, però, a verificarsi e ciò sino al momento in cui ci si rese edotti della gravissima situazione in cui versava l'amministrazione della giustizia penale e quindi ci si vide costretti a mettere immediatamente ordine in questo guazzabuglio legislativo anche perché qualsiasi ulteriore ritardo avrebbe condotto alla paralisi di questo importante e delicato settore. La Camera dei deputati, finalmente, in data 16 giugno 1999 approvava, in via definitiva, il testo della legge 25 giugno 1999, n. 205, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 giugno 1999, n. 149 ed in virtù del quale (trattasi di una legge delega) è stata concessa delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario ed il cui decreto legislativo dovrà essere adottato entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge de qua.

@2. Commento della legge delega

Il testo della legge delega si compone di 20 articoli. Ad una prima lettura si ha l'impressione che il legislatore delegato, nell'attuare la delega secondo le prescrizioni, i criteri ed i limiti in essa specificati, si troverà ad affrontare una gestazione molto sofferta, tortuosa e difficile, anche perché il delegante si è limitato, con una gran parte delle disposizioni, a prescrizioni vaghe e generiche specie per quanto riguarda le circostanze in cui il fatto dovrà ritenersi «grave» ai fini della irrogazione delle adeguate e rispettive sanzioni, e per quanto, poi, concerne le pene accessorie, etc. In proposito ci soffermeremo nel momento in cui faremo il commento ai vari articoli a ciò interessati.

L'art.1 riguarda il contenuto della delega a cui deve attenersi il legislatore delegato e di cui vengono delineati i criteri, i compiti, i termini e le modalità a cui dovrà improntare il suo operato: «Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la trasformazione da illecito penale in illecito amministrativo e per la riforma della disciplina sanzionatoria nelle materie indicate negli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8, e per attribuire al giudice di pace, nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dall'art. 2, la competenza in materia di opposizione all'ordinanza-ingiunzione, di cui agli artt. 22, 23 e 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689».

L'art. 2, poi, si sofferma sull'attribuzione di competenza al giudice di pace. In proposito dobbiamo precisare che siamo stati sempre contrari alla istituzione di detto giudice sia perché essa si è risolta in una maldestra e pessima imitazione del sistema anglo-americano diverso per tradizione e cultura dalla millenaria civiltà giuridica del popolo italiano e sia nella totale dimenticanza che l'Italia è stata sempre «la culla del diritto» a cui hanno attinto le altre nazioni e viceversa, e siamo tuttora contrari al suo mantenimento e la...

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