Organizzazione, tecnologie e nuovi diritti

AutorePaola Piras
CaricaL'autrice è professore associato di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Cagliari, Facoltà di scienze politiche
Pagine89-98

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I princìpi espressi nel decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) stimolano ai miei occhi una riflessione su svariati profili.

Vorrei, pertanto, proporre in questa sede una lettura critica del Codice, in particolar modo per ciò che attiene il rapporto tra l'organizzazione della pubblica amministrazione, l'uso delle tecnologie, l'emersione e la tutela di quelle situazioni giuridiche che, comunemente, chiamiamo nuovi diritti.

L'obiettivo è un approccio di largo spettro ai princìpi fondamentali espressi nel Codice che consenta di tracciare, seppure per punti sintetici, in questa sede, l'evoluzione dei valori e delle dinamiche che, succedendosi nel tempo, hanno contribuito al cambiamento dell' amministrazione accompagnandola verso un cammino che ruota intorno all'individuazione dell'informazione e della comunicazione come risorse economiche fondamentali1 e, pertanto, volge a ridisegnare l'ammini-Page 90strazione e razionalizzarne l'attività in funzione del suo nuovo ruolo2.

In particolare, infatti, ritengo che dalla lettura combinata degli articoli 2 e 12 da un lato; 3 e 8, 4 e 9, dall'altro, emergano spunti per tre differenti linee di analisi:

-la prima ha ad oggetto l'emersione di una forte rivalutazione del profilo organizzativo;

-la seconda esprime l'aspirazione ad un'amministrazione condivisa;

-la terza attiene, infine, alla creazione di un nuovo diritto.

Esaminiamole ora brevemente al fine di tratteggiare uno schema funzionale ad un loro approfondimento.

Per quanto riguarda la prima linea di analisi (ho detto "forte rivalutazione del profilo organizzativo") essa presuppone una lettura degli articoli 23 e 12 ed una rivisitazione dell'idea dell'amministrazione come organizzazione suggerita da Berti già nel 19684.

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Il contenuto degli articoli 2 e 12 può essere, infatti, considerato, all'interno del Codice dell'amministrazione digitale, sintomatico del processo di modernizzazione in atto nella pubblica amministrazione o, meglio, del fatto che tale processo ruota intorno ad una significativa rivalutazione dei modelli organizzativi.

L'impulso al cambiamento di questi modelli a favore di nuovi strumenti maggiormente funzionali al conseguimento dell'efficienza, dell'efficacia e dell'economicità, esprime l'esigenza di attribuire un ruolo all'informatizzazione che, a mio avviso, viene configurata come uno degli elementi basilari per migliorare l'organizzazione5.

Non, dunque, informatizzazione come "fine", bensì informatizzazione come "mezzo" strumentale all'organizzazione nella sua accezione di valore "autonomo", fondante dell'amministrazione, così come delineata dall'art. 97 della Costituzione.

Ed ecco che qui entra in gioco, a mio avviso, Berti e il suo lungimirante richiamo all'esigenza di "un'organizzazione effettivamente operante in continuità", ad una "completa percezione del valore dell'organizzazione" nonché al monito della difficoltà di attuare una piena corrispondenza tra l'organizzazione in senso normativo e l'organizzazione effettuale a causa dei condizionamenti derivanti dalla sovrapposizione al "preesistente ambiente giuridico in cui essa cade"6.

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Ciò perché il cambiamento e la modernizzazione devono essere letti in un contesto più ampio, che tenga conto della concatenazione di tutti i passaggi e del loro rapporto (perché, come diceva Marco Aurelio nei Pensieri "le cose sono tutte, in un certo senso concatenate tra loro e quindi, tutte solidali, si susseguono, infatti, l'una all'altra"7).

In questo contesto "ampio" emerge la rivalutazione dell'organizzazione che, superando la connotazione di disvalore guadagnata negli ultimi anni8, si è, per così dire, riappropriata del suo "valore" nell'ambito di quel percorso vichiano di corsi e ricorsi che sembra non risparmiare nemmeno l'amministrazione9.

Bene. La realizzazione di un'amministrazione telematica, così come configurata dal Codice dell'amministrazione digitale, e secondo la prospettazione che abbiamo appena ipotizzato, a sua volta si inquadra in un contesto più ampio, rappresentato dall'esigenza di un'interazione con il cittadino finalizzata a quella che, in precedenza, ho definito aspirazione ad un'amministrazione condivisa configurandola come seconda linea di analisi riconducibile agli articoli 4 e 9, peraltro strettamente conseguente alla prima.

Il Codice, infatti, dopo aver introdotto con la previsione di cui all'art. 410 la possibilità di esercitare la partecipazione e il diritto di accesso mediante l'uso delle tecnologie, afferma, all'art. 9, che "Lo Stato favorisce ogni forma di uso delle tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini". In questo senso l'accesso ai mezzi informatici diventa un "vero e proprio diritto sociale strumentale all'esercizio di altri diritti fondamentali" secondo quanto affermato nella sentenza n. 307 del 13-21 ottobre 2004 della Corte Costituzionale.

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Si badi bene, è proprio lo Stato a dover promuovere l'alfabetizzazione informatica poiché, sempre secondo quanto affermato di recente dalla Corte Costituzionale con la sentenza poc'anzi richiamata, "la cultura informatica [...] corrisponde a finalità di carattere generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie attraverso l'uso dello strumento informatico, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni " ai sensi dell'art. 9 della Costituzione11.

La norma, attraverso la locuzione "favorisce", esprime la mera volontà di usare le tecnologie come strumento per cambiare l'amministrazione a prescindere, però, da qualunque intento precettivo e si sovrappone ad un contesto che denota la deviazione culturale delle pubbliche amministrazioni ad orientarsi verso l'autoreferenzialità con la conseguenza che, spesso, la gestione dei procedimenti pare conchiudersi all'interno delle singole unità organizzative, che diventano quasi impenetrabili. Chiuse a qualunque forma di comunicazione verso l'esterno, secondo un percorso totalmente antinomico rispetto alle nuove logiche dell'organizzazione amministrativa che, al contrario, intendono la trasparenza e la comunicazione quali strumenti essenziali in funzione della semplificazione dell'azione amministrativa12, della modernizzazione e, dunque, della condivisione.

Ecco perché la realizzazione di una rete delle amministrazioni volta alla loro interazione, che è poi il presupposto dell'amministrazione digitale, richiede un atteggiamento di apertura, condivisione e cooperazione13; un vero e proprio interscambio comunicativo tra le attività diPage 94 informazione e di comunicazione, sia all'interno che all'esterno della pubblica amministrazione14.

Se così non avviene, l'innovazione tecnologica rischia, ancora una volta, di svilire il proprio ruolo a comune denominatore dei programmi fatti propri dai diversi attori politici senza offrire, però, un contributo sostanziale all'effettività della partecipazione dei cittadini e al processo democratico. Ciò, nonostante i sistemi informatici siano oggi considerati "strumenti fondamentali di partecipazione dei cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"15.

Arriviamo, così, direi naturalmente, alla terza linea di analisi: la creazione di un nuovo diritto, espressa dagli articoli 3 e 8 del Codice.

L'art. 3, affermando che "i cittadini e le imprese hanno diritto a chiedere e ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori dei servizi pubblici statali [...]" incrementa l'elenco dei diritti di nuova generazione. Ma: fino a che punto cittadini e imprese hanno diritto ad ottenere? Fino a chePage 95 punto questo nuovo diritto è azionabile?16 Quali sono i...

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