Ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine161-167

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@TRIBUNALE DI NAPOLI Uff. del Gip, Ord. 19 novembre 2008, n. 11273. Est. Campoli - Imp. X

Prova penale - Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni - Intercettazione accidentale di conversazioni a cui partecipa un parlamentare - Utilizzabilità - Esclusione - Questione di legittimità costituzionale. Prova penale - Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni - Intercettazione accidentale di conversazioni a cui partecipa un parlamentare - Utilizzabilità - Autorizzazione della Camera di appartenenza - Previo consenso/nulla osta del Parlamentare interessato - Mancata previsione - Questione di legittimità costituzionale.

È rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 68, terzo comma, 102 e 104 primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5, 6 della legge 140 del 2003 nella parte in cui prevede che le intercettazioni «casuali» di conversazioni cui ha preso parte un membro del Parlamento sarebbero utilizzabili nei confronti del Parlamentare coinvolto subordinatamente all’autorizzazione della Camera di appartenenza. (L. 30 giugno 2003, n. 140, art. 6; c.p.p., art. 266) (1).

È rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge 140 del 2003, nella parte in cui non prevede che l’attivazione della procedura ivi prevista sia subordinata al previo consenso/nulla osta del Parlamentare interessato. (L. 30 giugno 2003, n. 140, art. 6; c.p.p., art. 266) (2).

    (1, 2) La sentenza Corte cost., 23 novembre 2007, n. 390, è pubblicata in Giur. cost. 2007, 6. Riportiamo il testo dell’articolo 6 della L. 20 giugno 2003 n. 140: «1. omissis.

    «2. Qualora, su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti nei termini e nei modi di cui all’articolo 268, comma 6, del codice di procedura penale, ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui al comma 1, il giudice per le indagini preliminari decide con ordinanza che richiede, entro i dieci giorni successivi, l’autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate.

    «3. La richiesta di autorizzazione è trasmessa direttamente alla Camera competente. In essa il giudice per le indagini preliminari enuncia il fatto per il quale è in corso il procedimento, indica le norme di legge che si assumono violate e gli elementi sui quali la richiesta si fonda, allegando altresi copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni.

    «4. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta perde efficacia a decorrere dall’inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all’inizio della legislatura stessa.

    «5. Se l’autorizzazione viene negata, la documentazione delle intercettazioni è distrutta immediatamente, e comunque non oltre i dieci giorni dalla comunicazione del diniego.

    «6. Tutti i verbali, le registrazioni e i tabulati di comunicazioni acquisiti in violazione del disposto del presente articolo devono essere dichiarati inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del procedimento.».

IN DIRITTO. Rilevanza

In relazione al presupposto di cui alla rubrica, – indispensabile al fine della rimessione della questione di costituzionalità –, occorre osservare che esso trova in questa sede peculiare coincidenza con il requisito della «necessarietà» previsto dall’art. 6, comma 2, della legge 140/2003 («Qualora... il giudice... ritenga necessario utilizzare le intercettazioni...»).

S’intende con tale constatazione evidenziare che, mentre per una qualsiasi altra disposizione normativa il Giudice, prima di sottoporla al vaglio di costituzionalità, deve motivare anche in ordine alla «rilevanza» della questione rispetto alla propria decisione, nel caso di specie tale requisito trova già nel presupposto di applicazione della norma in questione una sua ineludibile valutazione in fatto.

Il primo comma dell’art. 6 della Legge 140/2003 prevede, difatti, che il Giudice, eventualmente anche d’ufficio, possa soprassedere ad ogni richiesta di inoltro alla Camera di appartenenza delle conversazioni indirette del parlamentare laddove le ritenga «irrilevanti... ai fini del procedimento.

Nel caso di specie, l’utilizzazione delle conversazioni trascritte appare «necessaria» (rilevante) ai fini dell’approfondimento probatorio in ordine alle condotte contestate al X in presunto concorso con gli altri coimputati, in quanto le medesime non solo attengono ai fatti in contestazione ma rappresentano anche un elemento concreto dei collegamenti esistenti tra i coimputati.

Senza qui poter ovviamente dare alcuna valutazione di merito circa il significato accusatorio ovvero difensivo dei contenuti delle comunicazioni sopra menzionate le stesse, inserite nel più ampio contesto degli altri elementi acquisiti in atti, non solo non sono prive di rilevanza ma si contraddistinguono per la loro utilità probatoria al fine delle adozioni delle pronunce alternative di cui all’art. 424 c.p.p.

La lettura delle singole conversazioni rende palese la «necessarietà» che le stesse possano trovare utilizzazione nel processo, attesa la loro pertinenza fattuale rispetto alle singole imputazioni formulate nei con-Page 162fronti del X, dovendo poi solo successivamente questo giudice valutare, nel merito, il loro significato concludente ovvero escludente in ordine al concorso del medesimo nelle condotte contestate.

L’utilizzazione delle intercettazioni sopra descritte riveste allo stesso tempo, ad avviso questo Giudice, carattere di «necessarietà» e «rilevanza» ai fini delle successive valutazioni di merito probatorio, fossero quest’ultime finalizzate all’esito dell’udienza preliminare (ex art. 425 c.p.p. o ex art. 429 c.p.p.) ovvero ad una delle opzioni alternative connesse a tale fase processuale per come attivabili dall’imputato.

Legittimazione

Occorre, in primo luogo, sgombrare il campo da eventuali equivoci circa la legittimazione di quest’Ag, nelle sue funzioni di giudice dell’udienza preliminare, a sollevare (d’ufficio) la questione di legittimità costituzionale.

Se, invero, il dato letterale di cui all’art. 6 della L. 140/2003 – («... Fuori dalle ipotesi previste dall’articolo 4, ... qualora, su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti..., ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui al comma 1, il giudice per le indagini preliminari... richiede.. ») – individua precipuamente il «giudice per le indagini preliminari» come il soggetto giurisdizionale legittimato alla richiesta di autorizzazione al Parlamento – e conseguenzialmente a sollevare la questione di costituzionalità – è altrettanto vero che lo stesso dato testuale va letto alla luce della sistematica logico-processuale.

In altri termini, questo giudicante ritiene che la norma di cui all’art. 6 della Legge 140 del 2003, se interpretata in maniera razionale, sistematica e analogica, non può che trovare applicazione anche nei procedimenti penali pendenti in fase di udienza preliminare.

Una diversa lettura esegetica, fondata sul mero tenore letterale della norma, che non ritenga applicabile la stessa in fase di udienza preliminare e attribuisca quindi al Gup il potere di by-passare l’applicazione (=disapplicare) dell’art. 6 della L. 140/2003, non può trovare spazio in questa sede, in quanto la stessa condurrebbe alla paradossale conclusione che il Pubblico Ministero, scegliendo il momento del deposito delle intercettazioni e facendolo cadere in un momento successivo a quello dell’esercizio dell’azione penale (come, del resto, è accaduto nel caso di specie), potrebbe legittimamente aggirare il meccanismo autorizzatorio previsto dalla legge.

In altri termini, la possibilità di utilizzo di una prova già legittimamente formatasi all’interno del procedimento penale sarebbe rimessa ad una scelta di tempistica da parte della Pubblica Accusa.

Proprio la lettura sistematica della norma di riferimento, e la ratio posta a presidio della stessa, induce, dunque, a ritenere che la menzione del giudice per le indagini preliminari – affermata nel primo comma e ribadita nel secondo comma dell’art. 6 cit. – vada interpretata in senso non meramente letterale investendo a seconda della fase processuale in cui la domanda del P.M. viene a cadere il «giudice che procede», sia esso – nella fase delle indagini preliminari – il Gip ovvero sia esso – in quella dell’udienza preliminare, com’è nel caso di specie – il Gup.

Il principio generale del «giudice che procede» svolge nella sistematica del codice di procedura penale un ruolo rilevante tant’è che l’ad. 279 c.p.p. lo delinea con una netta demarcazione proprio a proposito del passaggio dalla fase (procedimentale) del giudice per le indagini preliminari a quella giurisdizionale.

Del resto, alcuna rilevanza le risultanze delle intercettazioni potrebbero più svolgere in merito alle competenze funzionali del giudice per le indagini preliminari, le quali sono codicisticamente perimetrate nell’ambito di una fase procedimentale che ha già trovato termine con l’esercizio dell’azione penale apparirebbe, quantomeno, incongruo che una valutazione sull’uso di un mezzo di ricerca della prova venga rimessa ad...

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