Ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine611-615

Page 611

@CORTE DI CASSAZIONE Ord. di rinvio 18 dicembre 2000. Pres. Acquarone - Est. Onorato - P.M. De Nunzio (conf.) - Ric. Largo.

Religione, culti e chiese - Turbamento di funzioni religiose - Culto cattolico - Punibilità con la reclusione fino a due anni - Trattamento penale differenziato rispetto ai culti ammessi nello Stato - Questione di legittimità costituzionale.

Non è manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 8, primo comma, della Costituzione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 405 c.p., nella parte in cui punisce con la reclusione fino a due anni chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto cattolico, determinando un trattamento penale differenziato rispetto ai culti ammessi nello Stato per i quali la pena è diminuita ai sensi del successivo art. 406 c.p. (C.p., art. 405) (1).

    (1) Le citate sentenze Corte cost., 20 novembre 2000 e Corte cost., 14 novembre 1997, n. 329, si trovano rispettivamente pubblicate in questa Rivista 2001, 37 ed ivi 1998, 27.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con sentenza del 22 giugno 2000 la Corte d'appello di Potenza ha integralmente confermato quella resa il 31 maggio 1999 dal Pretore di Matera, che aveva dichiarato Donato Matteo Largo e Giuseppe Barreca colpevoli del reato di cui agli artt. 110, 112 n. 1 e 405 c.p., perché in concorso tra loro e con altre persone rimaste ignote, in numero superiore a cinque, avevano turbato l'esercizio di una cerimonia religiosa (una processione in luogo pubblico e alla presenza del vescovo, in onore della Madonna della Bruna), ritardando intenzionalmente l'andatura del corteo (effettuando cordoni unimani e sit-in lungo il tragitto): in Matera il 2 luglio 1993.

Gli imputati venivano condannati alla pena di un mese di reclusione ciascuno.

  1. - Il Largo ha proposto ricorso per cassazione, deducendo motivazione contraddittoria e incongrua, nonché erronea applicazione della legge.

  2. - Il pubblico ministero in sede ha sollevato questione di illegittimità costituzionale della norma di cui all'art. 405 c.p., con riferimento agli artt. 3 e 8 Cost.

  3. - In primo luogo, la questione sollevata dal P.M. è rilevante nel presente processo, perché investe la norma incriminatrice la cui riforma, espulsione o conservazione nell'ordinamento penale influisce evidentemente sul giudizio finale di condanna o proscioglimento dell'imputato, ovvero sulla entità della pena comminata.

  4. - In secondo luogo, la questione non è manifestamente infondata.

Invero, l'art. 405 c.p. (turbamento di funzioni religiose del culto cattolico) punisce con la reclusione fino a due anni «chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto cattolico, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico»; mentre ai sensi dell'art. 406 c.p. (delitti contro i culti ammessi) la «pena è diminuita» se il fatto è commesso contro un culto ammesso nello Stato.

Questa diversità di trattamento sanzionatorio stabilita in ragione del fatto che il turbamento della funzione religiosa riguardi il culto cattolico ovvero altri culti ammessi, appare in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost., che consacra la pari dignità ed eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione, nonché con l'art. 8, primo comma, Cost., secondo cui tutte le confessio ni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Come è noto, la giurisprudenza costituzionale nella soggetta materia ha subito una evoluzione storica, giacché in un primo tempo questa diversità di trattamento giuridico tra religione cattolica e altre religioni era giustificato dalla considerazione che il cattolicesimo era riconosciuto come fattore di unità morale della nazione, e come tale formava oggetto di particolare protezione anche nell'interesse dello Stato. Mentre, nel mutato contesto sociale e culturale di oggi - secondo il giudice delle leggi - l'atteggiamento dello Stato non può che essere di equidistanza e imparzialità nei confronti di tutte le religioni, senza che possano assumere rilievo il dato quantitativo dell'adesione confessionale a questo o a quella chiesa, e la maggiore o minore ampiezza delle reazioni sociali cagionate dall'offesa a questa o quella religione (Corte cost. n. 508 del 13-20 novembre 2000, nonché le altre ivi citate). Equidistanza e imparzialità che sono il riflesso del principio di laicità dello Stato, il quale è assurto al rango di «principio supremo» del vigente ordinamento pluralistico, anche se non implica affatto indifferenza a astensione dello Stato davanti al fenomeno religioso.

Pertanto, gli argomenti tradizionalmente portati a sostegno della differenza di disciplina posta dagli artt. 405 e 406 c.p. risultano tutti superati, con la conseguenza che questa differenza si configura come una discriminazione costituzionalmente inammissibile (così la sentenza n. 329 del 1997 in ordine all'analoga fattispecie penale di cui all'art. 404, primo comma, c.p., dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevedeva la pena della reclusione da uno a tre anni, anziché la pena diminuita prevista dall'art. 406 c.p.). (Omissis).

@TRIBUNALE DI TRAPANI Ord. di rinvio 21 febbraio 2001. Est. Ingoglia - Imp. Asaro.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafio se - Persone condannate con sentenza definitiva per il reato di cui all'art. 416 bis c.p. - Obbligo di comunicazione alla polizia tributaria - Omissione - Ritenuta eccessiva afflittività delle sanzioni - Questione non manifestamente infondata di legittimità costituzionale.

Non è manifestamente infondata, in riferimento all'art. 27 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 della L. 13 settembre 1982, n. 646 nella parte in cui prevede per colui che essendovi tenuto, omette di comunicare entro i termini stabiliti dalla legge le variazioni patrimoniali indicate nell'art. 30 legge citata, «... la reclusione da due a sei anni...» e «... la multa da lire 20 milioni a lire 40 milioni...», oltre «la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati nonché del cor-Page 612rispettivo dei beni a qualunque titolo alienati». (L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 31) (1).

    (1) Cfr. Cass. pen., sez. I, 29 febbraio 1996, Leone, in questa Rivista 1996, 1022.


(Omissis). - Esaminati gli atti relativi al procedimento sopra emarginato nei confronti di: Asaro Mariano, nato il 30 gennaio 1956 a Castellammare del Golfo, ivi residente, via S. Pertini n. 4, in atto detenuto per altro nella Casa circondariale di Trapani, difeso di fiducia dall'avv. Donatella Buscaino del Foro di Trapani, imputato del delitto p. e p. dagli articoli 30 e 31, legge n. 646/1982, perché, essendo stato sottoposto per la durata di anni quattro con decreto del Tribunale di Trapani n. 25/1992 Reg. M.P. in data 30 luglio 1992, divenuto definitivo ed a lui regolarmente notificato alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno ex legge n. 575/1965 e successive modifiche, ometteva di comunicare al nucleo di Polizia tributaria della guardia di finanza di Trapani la cessione (da lui effettuata - mediante procura generale conferita alla sorella Asaro Antonina - con atto rogato dal dott. Alberto Tranchida, notaio in Castellammare del Golfo, in data 16 marzo 2000 e per il prezzo dichiarato di lire 70.000.000) in favore di...

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