Ordinanza Nº 42885 della Corte Suprema di Cassazione, 14-10-2014

Presiding JudgeTERESI ALFREDO
ECLIECLI:IT:CASS:2014:42885PEN
Court Rule Number42885
Date14 Ottobre 2014
CourtTerza Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI ROSA CRISTINA N. IL 10/01/1934
SPINELLI SANTE N. IL 08/11/1970
avverso l'ordinanza n. 24/2014 TRIB LIBERTA' di L'AQUILA, del
10/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Penale Ord. Sez. 3 Num. 42885 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 25/09/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10.4.2014 il Tribunale di L'Aquila rigettava l'istanza di
riesame del sequestro preventivo dell'immobile appartenente a Di Rosa Cristina,
condannando i ricorrenti Di Rosa Cristina e Spinelli Sante al pagamento delle
spese.
Il sequestro finalizzato alla confisca ex art. 12sexies D.L. n. 306 del 1992,
conv. in I. n. 356 del 1992, era stato disposto il 13.2.2014 dal G.I.P. presso il
Tribunale di L'Aquila nell'ambito del procedimento penale a carico di Accetta
C+altri e in relazione alla posizione di Spinelli Claudio, figlio di Di Rosa Cristina e
fratello di Spinelli Sante, imputato per il reato di cui agli artt. 74 commi 1, 2 ,3,
e 4 DPR 309/90.
2. Ricorrono per Cassazione a mezzo del proprio difensore avverso tale
provvedimento, DI ROSA CRISTINA e SPINELLI SANTE, lamentando:
a. Carenza di motivazione in ordine al ritenuto collegamento tra l'indagato
Claudio Spinelli e l'immobile sequestrato.
I ricorrenti deducono di aver offerto più elementi idonei a dimostrare
l'assenza di collegamento tra l'acquisto dell'immobile e i proventi illeciti riferiti
all'indagato.
Avrebbero offerto la prova che l'acquisto sarebbe risalente nel tempo.
Esibiscono un preliminare di vendita del 1999 e uno stralcio dell'atto
definitivo avvenuto nel 2011.
Ritengono che il Tribunale abbia confuso la data dell'acquisto
individuandola nel 2009 piuttosto che nel 1999.
Pertanto l'acquisto risalirebbe ad un periodo completamente diverso da
quello in cui è stata collocata l'attività delittuosa di Claudio Spinelli.
Inoltre la disponibilità dell'immobile apparterebbe ai ricorrenti che vi
risiedono e non al congiunto che risiede altrove.
Rilevano che l'unico collegamento tra l'immobile e l'indagato sia il
rapporto di parentela tra quest'ultimo e i ricorrenti.
Chiedono, pertanto, cassare e dunque annullare, con o senza rinvio il
provvedimento impugnato e di conseguenza revocare la misura del sequestro
preventivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi meglio specificati in premessa sono infondati e pertanto il
proposto ricorso va rigettato.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
2.
L'art. 325 cod. proc. pen. prevede, com'è noto, che contro le ordinanza
in materia di riesame di misure cautelari reali il ricorso per cassazione possa
essere proposto solo per violazione di legge.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha,
tuttavia, più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli
"errores in íudicando"
o
"in procedendo",
sia quei vizi della motivazione così
radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento
o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico
seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692;
conf. sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093).
Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per
cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur
consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento
impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei
requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'"iter" logico
seguito dal giudice nel provvedimento impugnato. (così sez. 6, n. 6589 del
10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha
annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati
previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. pen. con riguardo
all'affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non
aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni
ambigue, le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di
riesame, non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità
amministrative,).
Di fronte all'assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso
l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a
mancare un elemento essenziale dell'atto.
3.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che nel caso all'odierno esame non si
sia in presenza di un
defidt
motivazionale tale da configurare l'errata
applicazione di norme di diritto.
L'articolo 12sexies della legge 356 del 1992 dispone che, nei casi di
condanna o di applicazione della pena chiesta a norma dell'articolo 444 cod.
proc. pen. per taluni delitti tassativamente individuati, tra i quali rientrano anche
quelli in contestazione, è sempre disposta la confisca del danaro, dei beni e delle
altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui,
anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la
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disponibilità a qualsiasi titolo il valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato
ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica.
Va ricordato in proposito che per giurisprudenza costante di questa
Suprema Corte la confisca prevista dall'art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 n.
306, convertito in legge 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice
di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) ha
struttura e presupposti diversi da quella ordinaria, in quanto, mentre per
quest'ultima assume rilievo la correlazione tra un determinato bene e un certo
reato, nella prima viene in considerazione il diverso nesso che si stabilisce tra un
patrimonio ingiustificato e una persona nei cui confronti sia stata pronunciata
condanna o applicata la pena patteggiata per uno dei reati indicati nell'articolo
citato.
Ne consegue che, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai
sensi di tale articolo, è necessario accertare, quanto al
"fumus commissi della!i' ,
l'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato, di uno dei reati in esso
indicati e, quanto al
"periculum in mora",
la presenza di seri indizi di esistenza
delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la
sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del
soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita
provenienza dei beni stessi (sez. 1, n. 19516 del 1.4.2010, Barillari, rv. 247205;
conf. sez. 1, n. 15908 del 19.1.2007, Cortellino, rv. 236430; sez. 6, n. 27710 del
14.4.2008, Iorio e altro, rv. 240527; sez. 6, n. 36710 del 26.6.2008, Cappa, rv.
241511; sez. 1, n. 16207 dell'11.2.2010, Vendemini e altri, rv. 247237; sez. 1,
n. 9218 del 14.1.2009, Barrazzo, rv. 243544).
L'art. 12 sexies configura la confisca come una misura di sicurezza
patrimoniale atipica, disegnata secondo lo schema della misura di prevenzione
antimafia, dalla quale mutua la finalità preventiva (cfr. Cass., Sez. Un., 17 luglio
2001, Derouach, rv. 219221), che colpisce il denaro, i beni o le altre utilità di un
soggetto che abbia riportato condanna per gravi delitti, specificati nella stessa
disposizione e considerati riferibili alla criminalità organizzata, quando il
condannato non ne possa giustificare la provenienza e, anche per interposta
persona fisica o giuridica, ne risulta titolare o averne la disponibilità a qualsiasi
titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte
sul reddito, o alla propria attività economica.
Tale istituto è fondato, dunque, sulla condanna per uno dei reati
tassativamente indicati e su una presunzione relativa di illecita accumulazione
patrimoniale, superabile soltanto allorché il condannato giustifichi la legittima
provenienza dei beni.
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Il provvedimento ablatorio incide, cioè, su tutti i beni di valore non
proporzionato al reddito o all'attività economica del condannato e dei quali questi
non possa giustificare la provenienza: di talché, non essendo colpiti i soli beni
collegati al delitto "presupposto" quali profitto o provento dello stesso, dottrina e
giurisprudenza concordano nel riconoscere che, all'interno della disciplina dettata
dall'art. 12 sexies, non ha rilevanza il rapporto di pertinenza tra i beni sottoposti
a confisca e i reato per il quale è stata pronunciata condanna.
E' stato rilevato come dall'esistenza di un evidente nesso strumentale del
sequestro rispetto alla confisca, per cui il primo è diretto ad evitare che siano
sottratti o dispersi i beni oggetto del futuro provvedimento ablatorio, deriva che i
caratteri strutturali e funzionali della confisca ex art. 12sexies, profondamente
differenziati da quelli che sono propri della confisca ordinaria prevista dall'art.
240 c.p., si riflettono necessariamente sulle condizioni richieste per il sequestro
previsto dalla prima disposizione, dato che sequestro e confisca rappresentano
"istituti fra loro specularmente correlati sul piano dei presupposti" (Corte cost.,
29 gennaio 1996, n. 18).
Tale notazione consente di affermare che il sequestro preventivo
finalizzato alla confisca ex art. 12sexies postula una valutazione delibativa
diretta all'accertamento della confiscabilità dei beni sequestrati: e poiché la
confisca dipende dalla futura pronuncia di condanna per il delitto "presupposto" e
dalla sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o all'attività economica
esercitata dal condannato, nonché dalla mancata dimostrazione della loro
legittima provenienza, in tali specifiche condizioni devono essere identificati i
peculiari presupposti dei quali il giudice deve verificare l'esistenza al momento
dell'applicazione della cautela reale (cfr. sez. 1, n. 1415 del 16.12.2003, dep. il
20.1.2004,
PM
in proc. Marzocchella ed altro, rv. 226640; conf. sez. 5, n. 18708
del 26.1.2010, De Stefani, rv. 247134).
4.
Ancora, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che ai fini
dell'operatività della disciplina di cui all'art. 12-sexies D.L. n. 306 del 1992, la
distinzione tra interposizione reale ed interposizione fittizia è priva di rilievo,
potendo essere sottoposti a confisca sia i beni acquistati dall'interessato ma
fittiziamente intestati ad un terzo, sia i beni che l'interessato ha fiduciariamente
intestato al terzo ad ogni effetto di legge. (così sez. 2, n. 11804 del 20.12.2011,
dep. il
29.3.2012, Malgeri e altro, rv. 252808, in cui questa Corte ha precisato
che non è, pertanto, necessaria, ai fini della confisca, la prova della
partecipazione del terzo dante causa all'accordo simulatorio tra il soggetto
condannato - od indagato, nel caso di sequestro preventivo finalizzato alla
confisca - interponente ed il soggetto interposto).
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Le Sezioni Unite hanno chiarito che al fine di disporre la confisca
conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell'art. 12-sexies, commi 1 e
2, di. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto
1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e
provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) allorché sia provata
l'esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i
proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare
e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è
necessario, da un lato, che, ai fini della "sproporzione", i termini di raffronto
dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici
in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al
momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli
acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall'altro, che la
"giustificazione" credibile consista nella prova della positiva liceità della loro
provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui
è stata inflitta condanna (Sez. Unite, n. 920 del 17.12.2003, dep. il
19.1.2004,
Montella, nr. 226491; conf. sez. 6, n. 721 del 26.9.2006, Nettuno, rv. 235607).
Venendo ancora più da vicino ai principi applicabili al caso che ci occupa,
è stato anche chiarito che in tema di sequestro preventivo propedeutico alla
confisca di cui all'art. 12 "sexies" D.L. n. 306 del 192, conv. in I. n. 356 del
1992, sussiste a carico del titolare apparente di beni (nella specie la madre
dell'imputato Di Rosa Cristina e il fratello S'Anelli Sante) una presunzione di
illecita accumulazione patrimoniale in forza della quale è sufficiente
dimostrare che il titolare apparente non svolge un'attività tale da procurargli il
bene per invertire l'onere della prova ed imporre alla parte di dimostrare da
quale reddito legittimo proviene l'acquisto e la veritiera appartenenza del bene
medesimo (sez. 5, n. 26041 del 26.5.2011, Papa e altro, rv. 250922; conf.
sez.
6, n. 39529 del 4.7.2013, Purpo ed altri, rv. 257085).
L'interessato ha l'onere di fornire in ordine alla provenienza dei beni
suscettibili di confisca ~Oste «vena prova della liceità della loro provenienza e
non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta
condanna (sez. 1, n. 10756 del 18.2.2009, pelle e altri, rv. 242896).
Pacifico è anche il principio che la necessaria valutazione della
sproporzione tra í beni oggetto della misura cautelare e la situazione reddituale
dell'interessato, deve essere condotta avendo riguardo al reddito dichiarato o
alle attività economiche esercitate non al momento della applicazione della
misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio del soggetto, bensì a
quello dei singoli acquisti e al valore dei beni di volta in volta acquisiti (sez. 6, n.
5452 del 12.1.2010, Mancin e altro, n/. 246083).
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processuali.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2014.
5.
Se quelli suvvisti sono i principi cui deve necessariamente ispirarsi il
sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 12 sexies, tenuto conto del
limite di sindacabilità della sola violazione di legge possibile per questa Corte di
legittimità, va detto che nel provvedimento impugnato del Tribunale di L'Aquila
la motivazione non può dirsi inesistente o apparente.
Il provvedimento impugnato, infatti, dà conto della sproporzione di cui si
è detto laddove ricorda che dei due odierni ricorrenti nel periodo anteriore
all'acquisto solo Di Rosa Cristina denunciava redditi annui mediamente di circa
10.000 euro derivanti dalla pensione di invalidità e che un reddito mensile pro-
capite non superiore a 400 euro non lasciava evidentemente "residui impiegabili
in investimenti immobiliari, benché minimi".
Quanto alla data dell'acquisizione del cespite al patrimonio dei due odierni
ricorrenti, e nello specifico di DI ROSA CRISTINA, questa va individuata nel
26.9.2011, non avendo alcuna data certa e nessun requisito di certezza in ordine
alla sottoscrizione, con tutta evidenza, la copia della scrittura privata non
registrata a firma di SPINELU CLAUDIO che si assume esserne il preliminare. E
la stessa si colloca, pertanto, in anni immediatamente successivi all'attività
delittuosa contestata a SPINELLI CLAUDIO, apparendo logico che quest'ultimo vi
abbia contribuito con i proventi della stessa.
Del resto anche quella del venditore di avere operato la consegna
dell'immobile sin dal giugno 1997 è una mera dichiarazione di parte così come è
generica e non circostanziata la dichiarazione di averne ricevuto il prezzo in data
antecedente.
Non si vede, dunque, come correttamente motiva il provvedimento
impugnato, da quali proventi leciti possa avere attinto la DI ROSA CRISTINA (o
anche lo SPINELLI SANTE) per l'acquisto dell'immobile. L'onere di provare la
disponibilità di risorse finanziarie lecite incombeva, come visto, su di loro. Ma, al
di là di mere enunciazioni in ordine alla distanza temporale tra le acquisizioni e
l'imputazione, tale onere non risulta assolto.
6.
Al rigetto del ricorso consegue,
ex lege,
la condanna ai pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
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