Ordinanza Nº 28766 della Corte Suprema di Cassazione, 30-11-2017
Presiding Judge | MATERA LINA |
ECLI | ECLI:IT:CASS:2017:28766CIV |
Date | 30 Novembre 2017 |
Court Rule Number | 28766 |
Court | Seconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia) |
Subject Matter | CIVILE |
ORDINANZA
sul ricorso 196-2014 proposto da:
SABBADIN
PAOLO
SBBPLA71E25L840F,
elettiva mente
domiciliato in ROMA, VIA LAZZARO SPALLANZANI 36, presso lo
studio dell'avvocato ALBERTO DELPINO, rappresentato e difeso
dall'avvocato GIOVANNI GOZZIi_
- ricorrente -
contro
BOTTARO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
RAFFAELE CAVERNI 16, presso lo studio dell'avvocato
ROBERTO GIANSANTE, rappresentato e difeso dagli avvocati
GIAMBATTISTA RANDO, FRANCESCA RANDO;
- controricorrente
avverso l'ordinanza del TRIBUNALE di PADOVA, depositata il
17/10/2013;
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1-
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Civile Ord. Sez. 2 Num. 28766 Anno 2017
Presidente: MATERA LINA
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 30/11/2017
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
FATTI DI CAUSA E RAGIONE DELLA DECISIONE
Il dottore commercialista Paolo Sabbadin ha proposto ricorso
per cassazione, articolato in tre motivi, avverso l'ordinanza del
Tribunale di Padova del 17 ottobre 2013, emessa
sull'opposizione avanzata dal medesimo ricorrente ex art. 170
del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall'art.
15 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, contro il decreto di
liquidazione del compenso reso il 25 novembre 2011 dal
giudice dell'esecuzione dello stesso Tribunale.
Francesco Bottaro si difende con controricorso.
Il ricorrente Paolo Sabbadin ha depositato memoria ai sensi
dell'art. 380 bis 1 c.p.c.
Paolo Sabbadin era stato nominato CTU e custode nel
procedimento esecutivo conseguente al pignoramento di quote
sociali promosso da Francesco Bottaro contro Andrea Bottaro e
Lavinia Ruggeri, con l'incarico di stimare le partecipazioni di
Andrea Bottaro e di Lavinia Ruggeri nella Bottaro s.r.l. in
liquidazione, nonché la partecipazione della Bottaro s.r.l. in
liquidazione nella Coopertessile s.r.I., e di custodire e gestire le
quote pignorate. Il Giudice dell'esecuzione aveva liquidato a
carico della parte esecutante il compenso di C 4.000,00 in
favore del Sabbadin. Il Tribunale di Padova accoglieva poi
parzialmente l'opposizione del CTU, liquidando in suo favore
l'importo di C 5.640,97, oltre IVA. Il giudice dell'opposizione
richiamava la consulenza tecnica d'ufficio che era stata
espletata proprio per accertare la congruità del compenso
accordato al dottore commercialista Paolo Sabbadin, e
affermava che a quest'ultimo spettasse l'onorario a percentuale
nell'importo massimo (C 5.128,16) per l'ultimo scaglione,
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ritenendo, tuttavia, che dovesse essere remunerata la sola
attività di stima della quota nella s.r.l. Bottaro in liquidazione,
tenuto conto che la stima riguardava valori superiori ad C
516.456,90, e che per determinare il valore della s.r.l. Bottaro
era stato necessario determinare anche il valore delle quote
possedute in altre società, in quanto compreso nel primo,
mentre la stima della partecipazione di Lavina Ruggeri si era
limitata ad applicare un valore percentuale alla complessiva
valutazione già operata della s.r.l. Bottaro. Infine, il Tribunale
di Padova affermava che l'attività di custode della quota
pignorata, in quanto inerente alla partecipazione a società in
liquidazione non operativa, non avesse comportato alcuna
ulteriore attività del CTU, se non la partecipazione ad
un'assemblea opportuna per la stima del valore della quota
stessa.
Il primo motivo di ricorso di Paolo Sabbadin deduce, ex art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c., la mancata valutazione della CTU
disposta nel procedimento di opposizione ed il conseguente
discostamento dagli esiti della stessa, avendo tale CTU
determinato i compensi spettanti al ricorrente in complessivi C
12.662,33.
Il secondo motivo di ricorso denuncia l'omesso esame del fatto
decisivo dell'esistenza di tre stime distinte (aventi ad oggetto
la partecipazione della Bottaro s.r.l. in liquidazione nella
Coopertessile s.r.I., e le partecipazioni di Andrea Bottaro e di
Lavinia Ruggeri nella Bottaro s.r.l. in liquidazione) e dell'attività
di custodia delle quote pignorate, nonché la
"violazione delle
tabelle di cui al d.m. 114 del 30 maggio 2002"
e del
"d.m. 140
del 20 luglio 2012".
Il terzo motivo di ricorso allega
"l'illegittima disapplicazione e
violazione della normativa d.m. 80 del 15 maggio 2009 sul
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compenso per la custodia",
non essendovi tra stima e custodia
alcun collegamento materiale, formale o funzionale, e giacchè
"dagli atti risulta che il dr. P. Sabbadin ha partecipato a più di
un'assemblea e che una certa attività - anche preparatoria alla
vendita - è stata compiuta".
Sull'eccezione del controricorrente, che contesta la ricorribilità
per cassazione dell'impugnato provvedimento, deve affermarsi
che avverso l'ordinanza che abbia deciso sull'opposizione
proposta, ai sensi dell'art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002,
contro il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario
del magistrato, nella disciplina introdotta dall'art. 15 del d.lgs.
n. 150 del 2011, è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi
dell'art. 111, comma 7, Cost., trattandosi di provvedimento
definitivo, non altrimenti impugnabile (art. 15, comma 6, cit.),
decisorio di questioni relative a diritti soggettivi.
Nella memoria dell'Il settembre 2017, il ricorrente Paolo
Sabbadin ha invece eccepito l'illegittimità costituzionale
dell'art. 380 bis 1 c.p.c. per contrasto con l'art. 24 Cost., in
quanto tale norma, a differenza dell'art. 380 bis c.p.c., non
consente ai difensori (ai quali viene letteralmente "tappata la
bocca") di conoscere le ragioni per cui sia stata fissata
l'adunanza in camera di consiglio, né quindi quali argomenti
convenga trattare nelle "note".
L'eccezione di incostituzionalità è manifestamente infondata.
L'art. 375 comma 2, c.p.c., aggiunto dall'art. 1-bis della I. n.
197 del 2016, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n.
168 del 2016, ha stabilito che la Corte di cassazione pronuncia
con ordinanza in camera di consiglio "in ogni altro caso"
rispetto a quelli per i quali sia già prevista la decisione
camerale nel comma 1, salvo che la particolare rilevanza della
questione di diritto sulla quale essa deve pronunciare renda
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opportuna la trattazione in pubblica udienza (e salva pure la
diversa eventualità che il ricorso sia stato rimesso dall'apposita
sezione di cui all'art. 376 c.p.c. in esito alla camera di consiglio
che non abbia definito il giudizio).
E'
quindi evidente che il
procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi
alla sezione semplice è stato previsto dal legislatore per quei
ricorsi che non siano stati ritenuti rientranti nei casi previsti
dall'art. 375, primo comma, numeri 1) e 5), c.p.c. e che, allo
stesso tempo, neppure abbiano ad oggetto una questione di
diritto di particolare rilevanza.
È dunque manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 24 Cost. -
dell'art. 380 bis 1 c.p.c. (nel testo introdotto dal d.l. n. 168 del
2016, conv., con modif., dalla I. n. 197 del 2016), costituendo
non irragionevole esercizio del potere legislativo di
conformazione degli istituti processuali la scelta di assicurare
un contraddittorio solo cartolare alla decisione, in sede di
legittimità, di questioni prive di rilievo nomofilattico, senza che,
peraltro, la fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi
alla sezione semplice ai sensi dell'art. 375, comma 2, c.p.c.
impedisca al collegio, in caso di rilevanza delle questioni da
trattare, la sua rimessione all'udienza pubblica in caso di
particolare rilevanza delle questioni da trattare, tenuto altresì
conto del contenuto delle eventuali conclusioni scritte del
pubblico ministero e delle memorie delle parti (arg. da Cass.
Sez. 2, 06/03/2017, n. 5533).
I tre motivi di ricorso possono poi essere esaminati
congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano tutti in
parte inammissibili e comunque infondati.
Sono inammissibili le doglianze di omesso esame degli esiti
della CTU, dell'esistenza di tre distinte stime e dell'attività di
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custodia, in quanto esse non si conformano al parametro
dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall'art.
54 del d.l. n. 83/2012, conv. in legge n. 134/2012, che ha
ormai riguardo al solo omesso esame di un fatto storico, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato,
avrebbe determinato un esito diverso della controversia), e che
venga denunciato dal ricorrente nel rispetto degli artt. 366,
comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. Ciò premesso,
l'omesso esame di elementi istruttori (quali, nella specie, le
considerazione svolte dalla CTU) non integra, di per sé, il vizio
di omesso esame di un fatto decisivo, tanto più quando il fatto
storico, rilevante in causa (nella specie, la pluralità delle stime
e l'attività di custodia), sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia
dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U,
07/04/2014, n. 8053). Anche nella denuncia contemporanea
che il ricorrente fa della violazione di norme di diritto e del
difetto di motivazione, egli, in realtà, auspica dalla Corte di
legittimità una diversa ricostruzione e una nuova valutazione
dei fatti, comunque esaminati dal giudice del merito.
Parimenti inammissibili (art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.) sono
le denunce di violazione di legge in relazione ad un intero corpo
di norme (nella specie, il d.m. 114 del 30 maggio 2002, il d.m.
140 del 20 luglio 2012, il d.m. 80 del 15 maggio 2009),
precludendo al collegio di individuare la norma che si assume
violata o falsamente applicata (Cass. Sez. U, 18/07/2013, n.
17555).
Inammissibile è il rinvio generico agli atti da cui risulterebbe
che il Sabbadin ha partecipato a più di un'assemblea e che una
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attività preparatoria alla vendita è stata compiuta, atteso che il
ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell'omessa o
erronea valutazione di un documento da parte del giudice di
merito, ha, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., l'onere
di indicare a quale documento prodotto nel giudizio di merito si
faccia riferimento, e di evidenziarne il contenuto, al fine di
consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del
motivo.
Quanto al resto, l'impugnata ordinanza del Tribunale di Padova
risulta aver fatto corretta applicazione dei principi più volti
affermati da questa Corte, in forza dei quali per la liquidazione
del compenso al consulente tecnico d'ufficio, cui debba essere
applicato l'art. 3 del decreto ministeriale 30 maggio 2002 (che,
appunto, si riferisce alla consulenza tecnica in materia di
valutazione di aziende, enti patrimoniali, situazioni aziendali,
patrimoni, ecc.), allorchè al CTU sia affidato il compito di
stimare il valore delle quote pignorate di una società, la cui
attività comprenda l'assunzione ed amministrazione di una
partecipazione in altra società, è legittima la determinazione di
un compenso unitario. La quota di partecipazione in una
società a responsabilità limitata esprime una posizione
contrattuale obiettivata, ed ha un suo valore patrimoniale
oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che
rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di
diritti, di tal che, nella valutazione della partecipazione ad una
società a responsabilità limitata oggetto di pignoramento, la
pluralità delle verifiche non esclude l'unicità dell'incarico né,
quindi, giustifica la liquidazione di un compenso distinto per
ogni stima compiuta, potendo, piuttosto, la molteplicità delle
operazioni rilevare nell'ambito dell'arco tra il minimo e il
massimo fissato dalla legge per lo scaglione di riferimento,
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come opportunamente disposto dal Tribunale di Padova (cfr.
Cass. Sez. 2, 11/02/1999, n. 1156; Cass. Sez. 2, 24/10/2013,
n. 24128). Appartiene invece all'apprezzamento di fatto del
giudice di merito, che il ricorrente intende sovvertire sulla base
di una sua personale opposta ricostruzione storica, l'esclusione
del diritto di un autonomo compenso per la custodia della
quota pignorata, esclusione che il Tribunale ha motivato
tenendo conto della attività svolta e della particolare natura
dell'opera prestata, spiegando la partecipazione del Sabbadin
ad un'unica assemblea della s.r.l. Bottaro con l'esigenza di
pervenire alla valutazione delle quote pignorate. Il principio di
onnicomprensività del compenso del consulente tecnico
d'ufficio, sancito dall'art. 29 del d.m. 30 maggio 2002,
riguarda, invero, tutte le attività complementari ed accessorie
che, pur non essendo specificamente previste in sede di
conferimento dell'incarico, risultano tuttavia strumentali
all'accertamento tecnico, e non trova applicazione unicamente
in presenza di pluralità di indagini non interdipendenti, che
presuppongono necessariamente una pluralità di incarichi di
natura differente (Cass. Sez. 3, 25/03/2010, n. 7174).
Consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di
cassazione vengono regolate secondo soccombenza in favore
del controricorrente.
Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da
parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente
rigettata.
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P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare
al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di
cassazione, che liquida in complessivi C 2.200,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di
legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21
settembre 2017.
Il Presidente
Doti. Lina Matera
n
\
inzionsT
DE P OS i TRIO
IN
CANCELLERIA
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