Ordinanza Nº 26721 della Corte Suprema di Cassazione, 21-10-2019

Presiding JudgeDI VIRGILIO ROSA MARIA
ECLIECLI:IT:CASS:2019:26721CIV
Date21 Ottobre 2019
Court Rule Number26721
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
sul ricorso 27204/2018 proposto da:
Adama Dembele, elettivamente domiciliato in Roma Viale
Manzoni,81 presso lo studio dell'avvocato Giudice Emanuele che lo
rappresenta e difende
-ricorrente -
contro
Ministero dell'Interno
- intimato -
1
W t
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26721 Anno 2019
Presidente: DI VIRGILIO ROSA MARIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA
Data pubblicazione: 21/10/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
avverso la sentenza n. 982/2018 della CORTE D'APPELLO di TORINO,
depositata il 21/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/07/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA
FATTI DI CAUSA
La Corte d'Appello di Torino, con sentenza depositata il 21.5.2018, ha
confermato il provvedimento di primo grado, che ha rigettato la
domanda di Adama Dembele, cittadino della Costa d'Avorio, volta ad
ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in
subordine, della protezione umanitaria.
E' stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il
riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non
essendo le sue dichiarazioni state ritenute attendibili (costui aveva
riferito di essere fuggito dalla Costa d'Avorio nel 2011 a seguito
dell'uccisione del padre, presunto sostenitore dell'allora Presidente
Gbagbo, e delle minacce dallo stesso subite, e di essersi poi rifugiato in
Mali fino al 2014, anno in cui veniva venduto da uno dei suoi fratellastri
ad un trafficante che lo aveva portato in Libia).
Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, la Corte
d'Appello di Torino ha evidenziato l'insussistenza del pericolo del
ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese
d'origine.
Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del
permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica
situazione di vulnerabilità personale.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Ha proposto ricorso per cassazione Adama Dembele affidandolo a tre
motivi. Il Ministero dell'Interno non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 360 comma 1° n. 3 cod. proc. civ. in relazione
all'art. 3 comma 5
0
dlgs n. 251/2007.
Lamenta il ricorrente che la Corte d'Appello ha confermato il giudizio di
inverosimiglianza del suo racconto senza, tuttavia, indicare i criteri
ermeneutici utilizzati per pervenire ad una tale conclusione.
Non è stato svolto dal giudice di merito un filtro della storia personale
del richiedente attraverso i criteri sanciti dalla norma sopra citata.
2.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 360 comma
10
n. 3 cod. proc. civ. in relazione
agli artt. 3 comma
10
d.lgs n. 251/2007 e comma 2° e 3° d.lgs n.
25/2008.
Lamenta il ricorrente che la Corte di merito ha omesso di dare rilevanza
a quanto accadutogli in Mali , esperienza che era alla base dei veri
motivi di migrazione del ricorrente.
3.
I primi due motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla
stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
Non vi è dubbio che il ricorrente non abbia colto la ratio decidendi del
provvedimento impugnato.
Se è pur vero che la Corte di merito non ha ritenuto credibile il racconto
del richiedente, la stessa ha fondato la propria decisione non solo sulla
inverosimiglianza del suo racconto, ma su una pluralità di rationes
decidendi.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Infatti, dopo aver ritenuto che il timore del ricorrente di subire
persecuzioni non era fondato, non avendo lo stesso svolto mai attività
politica (con ciò dimostrando di non ritenere attendibile il suo narrato), il
giudice di secondo grado ha evidenziato che la situazione prospettata
dal ricorrente a fondamento della sua fuga dalla Costa d'Avorio era
ormai superata in relazione al nuovo corso della situazione socio-politica
della Costa d'Avorio. In particolare, il nuovo Presidente Quattara, in
occasione del primo discorso dal suo insediamento, aveva rimarcato
l'importanza che i giovani, le forze più produttive, rientrassero nel Paese
per dare un nuovo slancio all'economia.
Quanto all'esperienza asseritamente vissuta dal ricorrente in Mali, la
sentenza impugnata ne ha coerentemente sottolineato l'irrilevanza ai fini
del decidere e ciò per la considerazione assorbente che, non risultando
da nessuna documentazione che il ricorrente avesse anche la
cittadinanza maliana, in alcun modo lo stesso avrebbe potuto essere
rimpatriato in quel paese.
Infine, la Corte d'Appello di Torino, in punto situazione paese, ha
osservato alla luce degli aggiornati report del 2016 e 2017 che in Costa
d'Avorio non risulta una situazione di conflitto armato, con la
conseguenza che - al di là della valutazione di non credibilità del
richiedente - lo stesso non risulta esposto ad alcun rischio di subire un
grave danno in caso di rimpatrio.
Il ricorrente non si è in alcun modo confrontato e non ha censurato le
sopra esposte argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi ad
invocare l'erroneità del giudizio di non credibilità formulato dalla Corte e
reiterando l'assunto della rilevanza della sua triste esperienza in Mali,
sul rilievo che la stessa sarebbe stata all'origine della sua decisione di
emigrare.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Orbene, è orientamento consolidato di questa Corte che ove la sentenza
sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna
delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la
decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende
inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la
quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non
impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della
sentenza. (Cass. n. 18641 del 27/07/2017).
4.
Con il terzo motivo
è stata dedotta la violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 360 comma
10
n. 3 cod. proc. civ. in relazione
agli artt. 32 comma 3
0
d.lgs n. 25/2008 e 5 comma 6° d.lgs n.
286/1998.
Il ricorrente, nel ribadire la credibilità della propria storia personale,
rileva di non essere fuggito dalla povertà, ma da una condizione di
estrema vulnerabilità che lo aveva portato a subire trattamenti contrari
al senso di umanità e dignità.
Evidenzia l'integrazione sociale dallo stesso raggiunta nel paese
d'accoglienza e lamenta che la Corte d'Appello ha omesso di compiere la
valutazione comparativa tra il livello di benessere ottenuto in Italia e le
sue condizioni nel paese d'origine, oltre alla rilevante sproporzione nella
titolarità e nell'esercizio dei diritti fondamentali.
5.
Il motivo è inammissibile.
Va preliminarmente osservato che sebbene con l'entrata in vigore del
D.L. 113 del 2018 sia stato soppresso l'istituto della protezione
umanitaria (residuando per alcune ipotesi speciali), questa Sezione, con
sentenza n. 4890/2019, ha elaborato il seguente principio di diritto:
"La
normativa introdotta con il d.l. n. 113 del 2018, convertito nella I. n. 132
del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del
permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall'art. 5, c.6, del
5
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
d.lgs. n. 286 del 1998 e dalle altre disposizioni consequenziali,
sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno,
non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un
permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata
in vigore (5/10/2018) della nuova legge, le quali saranno pertanto
scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro
presentazione...".
Se è pur vero che tale indirizzo è stato messo in dubbio dall'ordinanza
interlocutoria di questa Corte n. 11749/19, che ha, peraltro, rimesso
alle Sezioni Civili non solo la valutazione della retroattività o meno del
D.L. 113/2008, ma anche lo scrutinio sui principi elaborati da questa
Corte con la sentenza n. 4455/2018, tuttavia, nel caso di specie, non è
necessario attendere la decisione del Supremo Collegio, palesandosi il
motivo inammissibile per aspecificità.
In primo luogo, il ricorrente ha genericamente fondato la sua domanda
di protezione umanitaria su una condizione di vulnerabilità non legata
alla sua vicenda personale, ma derivante da quella situazione socio-
politica del paese d'origine che, come già evidenziato, è stata comunque
ritenuta superata dalla sentenza impugnata, non avendo neppure
prospettato il richiedente recenti episodi di violazione, in generale, di
diritti fondamentali nel suo paese d'origine (che, peraltro, comunque
non rileverebbero in difetto di un coinvolgimento personale).
Infine, come già messo in luce dalla sentenza impugnata, non può
neppure rilevare in via esclusiva il livello di integrazione raggiunto
dall'odierno ricorrente nel paese d'accoglienza, elemento che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, può essere sì considerato in una
valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della
situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il
contenuto (vedi sempre Cass. n. 4455 del 23/02/2018).
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
L'accertata declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non
essendo il Ministero dell'Interno costituito in giudizio.
Non si applica il doppio contributo di cui all'art. 13 comma 1° quater
D.P.R. n. 115 del 2002, essendo il ricorrente stato ammesso al
patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso Roma il 12.7.2019
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