Ordinanza Nº 24233 della Corte Suprema di Cassazione, 04-10-2018

Presiding JudgePETITTI STEFANO
ECLIECLI:IT:CASS:2018:24233CIV
Court Rule Number24233
Date04 Ottobre 2018
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
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- ricorrenti -
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24233 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO
Data pubblicazione: 04/10/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Rilevato:
che i signori Donato Di Leo, Giuseppe Incardona, Roberto Iodice,
Costantino Greco, Antonio Rebichini, Ettore Nassisi, Giuseppe Aleo,
Rosanna Antonella Laraia, Francesca Sarli, queste ultime quali eredi di
Carlo Giovanni Sani, Gabriella Sveldezza, Silvia Gison, Sabrina Gison,
queste ultime due quali eredi dell'ing. Sergio Gison, Ivlarco Borrelli,
Giuseppe Caligione, Angelo Maria Pomilla, Giulia Tagliavla, Alessandra
Cacciofera, queste ultime quali eredi di Renato Cacciofera, Luigi Brienza,
Giovanni Pizzo, Carlo Cani° Rosa, Umberto Le Piane, Antonino Casciolo e
Mario Serra - nonché l'avv. Carmine Cosentino, quale difensore
antistatario dei predetti nel giudizio di merito - ricorrono per la cassazione
del decreto n. 969 del 2016 con il quale la Corte d'appello di Perugia,
pronunciando a seguito di rinvio da parte dì questa Corte, ha accolto la
domanda di equa riparazione per eccessiva durata der processo proposta
dagli odierni ricorrenti ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, con
riferimento ad un giudizio amministrativo di ottemperanza protrattosi per
oltre sei anni (2001/2007);
che il ricorso si articola in quattro motivi;
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che il Ministero dell.a_GFuffig non ha spiegato attività difensive in
questo grado dì giudizio;
che la causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 22
marzo 2018, per fa quale non sono state presentate memorie;
considerato:
che preliminarmente va dichiarato inammissibile il ricorso in proprio
dell'avv. Cosentino, atteso il difetto di legittimazione a ricorrere del
medesimo; nessuno dei mezzi di ricorso attinge, infatti, la statuizione del
decreto impugnato relativa alla distrazione delle spese (cfr. Cass.
8428/17:
"Il procuratore antistatario, in cui favore siano state distratte le
spese di lite, non assume, nel successivo giudizio di impugnazione, la
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qualità di parte, salvo
che
si contro verta proprio sulla concessione della
distrazione").
che col primo mezzo di ricorso i ricorrenti censurano la violazione
dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001 e degli artt. 6 par.1 e 13 CEDU, in
relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.;
che col secondo mezzo si censura la violazione degli artt. 112 e 116
c.p,c. e dell'art. 111 Cost., nonché il vizio di omessa, insufficiente
motivazione e omesso e travisato esame degli atti di causa, in relazione
all'art. 360 n. 5;
che col terzo mezzo si censura la violazione dell'ad, 11 delle preleggi e
l'erronea sostanziale applicazione dell'art. 2-bis della legge n. 89 del
2001;
che con tali tre motivi, esposti con un unico sviluppo argomentativo, i
ricorrenti svolgono sostanzialmente due doglianze: con la prima si
censura la valutazione della corte di appello secondo cui la durata
ragionevole del giudizio di ottemperanza sarebbe di tre anni per il primo
grado e due anni per l'appello, giudicando eccessive tali durate in
relazione alla
specificità del giudizio di ottemperanza rispetto a quello di
cognizione; con la seconda si censura, assumendone l'insufficienza, la
misura - dì C 500 -
dell'indennizzo liquidato dalla corte territoriale per
ogni anno eccedente il limite di durata ragionevole sopra individuato;
che la prima censura va giudicata inammissibile per carenza di
specificità, in quanto si risolve nell'apodittica contrapposizione
dell'opinione della parte a quella del giudice sulla individuazione della
ragionevole durata del giudizio; può peraltro aggiungersi che la
valutazione operata dalla corte di appello risulta coerente con le
indicazioni desumibili dalla previsione - non direttamente applicabile nel
presente giudizio
ratione ternporis,
ma tuttavia valutabile sul piano
dell'inquadramento sistematico del tema - contenuta nel comma 2 bis
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n"
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dell'articolo 2 della legge
n.
89/2001 (introdotto dall'art. 55, comma 1,
lett. a), n. 2, del decreto legge n. 83/2012, convertito, con modificazioni,
dalla legge 134/2012), che fissa in tre anni la ragionevole durata del
processo esecutivo;
che la seconda censura è pur essa carente di specificità perché non
attinge adeguatamente il criterio della esiguità della posta in gioco,
espressamente richiamato nell'impugnato decreto e idoneo a sorreggere
autonomamente la decisione (cfr. Cass. 15117/15, dove si evidenzia come
la misura dell'indennizzo di C 500 all'anno risulti comunque ricompresa
nel campo di variazione elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel
rispetto dei precedenti della Corte EDU); cosicché sarebbe stato onere
dei ricorrenti, rimasto non assolto, illustrare quale fosse "la posta in
gioco", per consentire alla Corte di cassazione di apig
-
ezzare la censura
relativa alle valutazione di scarsa entità al riguardo svolta dalla corte di
appello;
che col quarto motivo i ricorrenti censurano la violazione dell'art. 2233
cornma 2 c.c,, degli artti 90 e 91 c.p.c., dell'art. 10, comma 2 c.p.c.,
dell'ad, 4 corrimi 2 e 5 e art. 28 D.rvl. 10.3.2014 n, 55, in relazione all'art.
360 n. 3 c_p,c., nonché il difetto di motivazione su un punto decisivo della
controversia, lamentando la violazione dei minimi tariffari previsti dal D,M,
n. 55/2014 computa dalla corte territoriale;
che il quarto motivo va giudicato fondato perché la liquidazione delle
spese di lite operata dalla corte territoriale in C 475 euro per ciascuno dei
due giudizi davanti alla corte di appello (in unico grado e in sede rinvio) è
inferiore ai minimi di cui al d.rn. 55/2014 (non così per quanto riguarda le
spese del primo giudizio di legittimità);
che pertanto il ricorso va accolto limitatamente al quarto motivo e il
decreto gravato deve essere cassato;
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che, sussistendone le condizioni, la causa va decisa nel merito,
dovendosi liquidare le spese di difesa degli odierni ricorrenti per ciascuno
dei due giudizi davanti alla corte di appello (in unico grado e in sede
rinvio) nel minimo risultante dalla massima percentuale di riduzione
applicabile ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del d.m. 55/2014;
che, ai fini di detta liquidazione si deve escludere la fase istruttoria
(insussistente, come riferito a pag,
19 del ricorso) e si deve considerare
lo scaglione da E 1.100 a C 5.200, corrispondente a quello che comprende
l'importo riconosciuto a ciascun ricorrente, senza sommare detti importi
(cfr. Cass. 26614/16) e
senza alcuna maggiorazione legata alla pluralità di
parti con la medesima posizione processuale (prevista come possibile ma
non necessaria dall'articolo 4, comma 2, d.m. 55/2014 e, in concreto, da
escludere per la perfetta identità delle posizioni dei ricorrenti assistiti
dall'avv. Cosentino);
che quindi in definitiva le spese di lite vanno liquidate, per ciascuno
dei
due giudizi di merito, in E (255 + 255 + 410 -) 920, oltre IVA,
rimborso
forfettarro spese generali e contributo ex art.
11 I.
n. 576/1980; con
distrazione in favore dell' avvocato Carmine Cosentino, che ne
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fatto richiesta, dichiarandosi antistatario;
considerato che le spese legali
del
giudizio di legittimità
vanno
dichiarate irripetibili, in ragione della soccombenza dei ricorrenti su tre dei
quattro motivi di ricorso;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso in proprio dell'avv. Carmine
Cosentino e, con riferimento agli altri ricorrenti, rigetta i primi tre motivi di
ricorso, accoglie il quarto, cassa il decreto impugnato in relazione al
motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese dei due giudizi
davanti alla corte di appello di Perugia, in unico grado e in sede di rinvio,
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in E 920, oltre spese generali, accessori e spese vive per C 8,00, per
ciascuno di tali giudizi, con distrazione in favore dell' avvocato Carmine
Cosentino; dichiara irdpetibili le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il giorno 22 marzo 201T.
IL
Presidente
Stefano Petitti
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DEPOSITATO N CANCEIERIA
Roma,
04 OTE 2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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