Ordinanza Nº 17671 della Corte Suprema di Cassazione, 25-08-2020

Presiding JudgeFRASCA RAFFAELE
ECLIECLI:IT:CASS:2020:17671CIV
Court Rule Number17671
Date25 Agosto 2020
CourtTerza Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
ORDINANZA
sul ricorso 30917-2018 proposto da:
CASTELLANO PAOLINA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MICHELE MERCATI, 51, presso lo studio dell'avvocato ROBERTA
SALVATORI, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE
AUGELLO;
- ricorrente -
nonchè contro
INA ASSITALIA SPA ;
- intimati
-
avverso la sentenza n. 496/2018 della CORTE D'APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 30/07/2018;
t$325
-
3.
53-
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17671 Anno 2020
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: MOSCARINI ANNA
Data pubblicazione: 25/08/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/06/2020 dal Consigliere Dott. ANNA
MOSCARINI;
Considerato che:
Paolina Castellano, con atto di citazione del 12/7/2005, convenne davanti
al Tribunale di Caltanissetta la ma Assitalia SpA attivando una polizza per
infortuni stipulata con la compagnia a seguito di un sinistro occorsole in
ospedale dove lei, medico, si era per errore punta con una siringa lasciata
incustodita, così contraendo l'epatite B e C. Attivata invano la polizza, la
dottoressa Castellano adì il Tribunale per sentir pronunciare la condanna
della compagnia al risarcimento del danno per violazione dell'art. 1375
c.c., parametrando la richiesta alla somma che la compagnia avrebbe
dovuto pagare, a titolo di indennizzo, ove si fosse comportata in buona
fede nell'esecuzione del contratto.
La compagnia, costituendosi in giudizio, eccepì l'avvenuta prescrizione
del diritto vantato e l'infondatezza della domanda.
Il Tribunale adito accolse l'eccezione di prescrizione breve e rigettò la
domanda. La sentenza fu confermata dalla Corte d'Appello di
Caltanissetta, con sentenza n. 496 del 30/7/2018, con cui venne rigettato
il motivo di appello con il quale la Castellano aveva censurato la
violazione dell'art. 112 c.p.c.: il Giudice ha ritenuto che la sentenza di
primo grado valesse a travolgere ogni pretesa della Castellano non
costituendo i principi di correttezza e buona fede obbligazioni autonome
ma mere modalità di comportamento delle parti nell'esecuzione del
contratto.
Avverso la sentenza, che ha condannato l'appellante alle spese del grado,
Paolina Castellano ha proposto ricorso per cassazione sulla base di
quattro motivi, illustrati anche da memoria. Generali Italia SpA (già INA
Assitalia s.p.a.) ha resistito con controricorso.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
4.
La trattazione del ricorso veniva fissata nell'adunanza camerale di
sensi dell'art. 380-bis c.p.c. del 9 marzo 2020, in vista della quale la
ricorrente depositava memoria. Il Collegio, in ragione della
sopravvenienza del d.l. n. 11 dell'8 marzo 2020, rinviava a nuovo ruolo.
La trattazione veniva fissata nuovamente nell'odierna adunanza
camerale.
Ritenuto che:
1.
Con il primo motivo di ricorso - deducente violazione e falsa
applicazione dell'art. 112 cpc in riferimento all'art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c.
- la ricorrente lamenta che il giudice d'appello abbia omesso di osservare
il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, avendo essa
ricorrente, con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, formulato
una domanda di risarcimento del danno per violazione dell'art. 1375 c.c.
per avere la compagnia di assicurazioni tenuto un comportamento del
tutto lesivo della buona fede contrattuale. A fronte di tale domanda il
Giudice sia di primo grado sia d'appello avrebbero omesso di valutare il
petitum,
interpretandolo quale azione contrattuale di pagamento
dell'indennizzo. Pur rientrando nel potere del giudice del merito la
qualificazione della domanda, la sua discrezionalità - sostiene la
ricorrente - trova un limite nell'omissione della valutazione del
petitum
e
della
causa petendi
azionati dalla parte. Qualora il giudice si fosse mosso
nell'ambito giuridico invocato dall'attrice, avrebbe certamente escluso, si
sostiene, l'applicazione della prescrizione breve di cui all'art. 2952 c.c. ed
avrebbe certamente applicato quella ordinaria del risarcimento del danno
da violazione dell'art. 1375 c.c.
1.1.
Il motivo è inammissibile, in quanto non si correla alla motivazione
della sentenza impugnata.
Essa ha motivato in questi termini dall'ottavo rigo della pagina 4 sino alle
prime due righe della pagina 5:a domanda proposta dalla Castellano è
stata correttamente interpretata dal giudice di primo grado il quale ha
tenuto conto della volontà effettiva espressa dalla parte ed al contenuto
sostanziale della pretesa avanzata con l'atto di citazione. Il giudice infatti,
dopo aver precisato che il diritto alla corresponsione dell'indennizzo era
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irrimediabilmente prescritto, ha ritenuto che detta prescrizione facesse
venir meno ogni pretesa fondata sul contratto e, dunque, non solo il
diritto alla corresponsione dell'indennizzo ma anche quello all'esecuzione
(I
in buona fede del rapporto negoziale.
Parte ricorrente, nell'illustrazione del motivo, a pagina 9 del ricorso,
riproduce la motivazione ora riportata, ma riferisce in modo infedele il
passo che inizia con l'espressione
"E
a comprova di ciò...", giacché, a
partire dalla parola "affermato", non solo omette di riprodurre il segno
dei due punti, ma, dopo l'espressione "e dunque", riproduce la seguente
proposizione: "quello del diritto alla corresponsione dell'indennizzo", che
risulta manifestamente non solo monca, ma infedele rispetto all'effettivo
tenore della motivazione sopra riportata.
Per tale ragione il motivo è inammissibile, in quanto la critica non si
correla alla motivazione della sentenza e, quindi, è inidonea allo scopo
cui deve assolvere il motivo di ricorso, il quale necessariamente deve
svolgere la critica con riferimento al tenore della motivazione.
Peraltro, dall'effettiva motivazione resa dalla corte territoriale emerge in
modo manifesto che sia il primo giudice che la corte territoriale hanno
esaminato proprio la domanda nei termini in cui essa era stata proposta.
2.
Con il secondo motivo di ricorso si prospetta violazione e/o falsa
applicazione dell'art. 1375 c.c. e dell'art. 2952, co. 2° c.c. in relazione
all'art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.
Si assume quale oggetto di critica - come emerge dalla pagina 11 del
ricorso - in primo luogo (in quanto fatta propria della sentenza che si
giudica) la parte della motivazione del primo giudice riprodotta nella
sentenza impugnata che si è riferita in modo infedele nel primo motivo,
peraltro - pur riproducendola fra virgolette - espungendo le parole "e,
dunque, non solo del diritto alla corresponsione dell'indennizzo ma,
comunque," e, in secondo luogo quella enunciata alla pagina 5 nei
seguenti termini :
'
il Tribunale ha correttamente motivato l'inammissibilità
della domanda fondata sull'art. 1375 c.c. rilevando come l'avvenuta
prescrizione del diritto abbia finito con il travolgere ogni altra pretesa
della Castellano tenuto conto che la buona fede attiene alla dinamica e
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non alla statica del rapporto negoziale. Peraltro il richiamo all'art. 1375
c.c. non appare pertinente perché i principi di correttezza e buona fede
non creano obbligazioni autonome ma rilevano soltanto come modalità
del generico comportamento delle parti volto alla concreta realizzazione
delle rispettive posizione di diritti ed obblighi
l
.
t
La critica a quanto riportato si può riassumere nell'assunto che la corte
territoriale avrebbe erroneamente ritenuto applicabile all'azione
risarcitoria da violazione del dovere di buona fede la prescrizione di cui
all'art. 2952 c.c. e non quella relativa all'azione di risarcimento del danno
da inadempimento. Per sostenere l'erroneità di tale presunta tesi
enunciata nella sentenza impugnata si svolgono considerazioni tendenti
ad evidenziare che l'azione di risarcimento del danno da inosservanza del
dovere di comportamento secondo buona fede dovrebbe giustificare
l'applicazione della prescrizione applicabile all'azione di risarcimento del
danno da inadempimento.
2.1.
Il motivo è nuovamente inammissibile, in quanto nella motivazione
che si è assunta ad oggetto di critica, ivi compresa quella a pagina 4
riconducibile al primo giudice e fatta propria dalla sentenza impugnata,
non si coglie in alcun modo l'affermazione supposta dalla ricorrente: la
corte territoriale, facendo proprio l'avviso del primo giudice, ha escluso
l'ammissibilità dell'azione risarcitoria da violazione del dovere di buona
fede assumendo che la prescrizione del diritto all'indennizzo,
evidentemente in quanto imputabile all'inerzia della ricorrente,
estinguendo il diritto in forza di essa, non rendeva configurabile la pretesa
risarcitoria nel senso prospettato dalla ricorrente. Tale valutazione,
peraltro, appare corretta, atteso che è palesemente contraddittorio che
chi abbia lasciato prescrivere il diritto all'adempimento con la sua inerzia
possa sostenere che la perdita del diritto è dipesa invece dalla violazione
da parte della controparte del dovere di cui all'art. 1375 c.c. Invero, la
violazione di tale dovere potrebbe assumere rilievo solo nel senso di
escludere la rilevanza dell'inerzia nel far valere il diritto e, dunque, quale
comportamento giustificante il non decorso del termine prescrizionale.
Palesemente contraddittorio è, invece, postulare che il diritto contrattuale
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si sia perso per prescrizione, cioè per inerzia, e contemporaneamente
invocare una pretesa risarcitoria per violazione dell'art. 1375 c.c., atteso
che il danno conseguente dovrebbe comunque essere rappresentato dalla
perdita del diritto e dall'apprezzamento di tale perdita come
inadempimento dell'obbligo contrattuale, sebbene derivante dalla
violazione del precetto dell'art. 1375 c.c.
Comunque, ripetesi, la sentenza impugnata non contiene l'affermazione
che al diritto risarcitorio dovesse applicarsi l'art. 2952 c.c.
3.
Con il terzo motivo - che fa valere violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, art. 2952 c.c. co. 2, difformità rispetto a Cass. n.
19998/2011 in relazione all'art. 360 n. 3 cpc. - si assume che la Corte di
merito, nel ritenere maturata la prescrizione del diritto all'indennizzo
sebbene agli effetti della condivisione della conseguenza trattane dal
Tribunale in ordine all'inammissibilità della domanda fondata sull'art.
1375 c.c., avrebbe errato, in quanto non avrebbe tenuto conto del fatto
che la ricorrente, in forza della clausola contrattuale di cui all'art. 30 della
polizza, che prevedeva una perizia contrattuale, aveva inutilmente
denunciato il sinistro ed anzi chiesto darvi corso senza che la società
assicuratrice rispondesse, con la conseguenza che, secondo la ricorrente
(che evoca genericamente un orientamento di questa Corte senza
specificare alcun riferimento alla decisioni citate, cioè Cass. n. 3961 del
2012, n. 19998 del 2011, n. 17022 del 2015 e n. 7531 del 2014, e
successivamente, di nuovo senza spiegarne la rilevanza, Cass. n. 7243
del 2011), "in assenza di una comunicazione di contestazione
dell'operatività della garanzia" si sarebbe verificata "una rinuncia a
rilevare la prescrizione".
Il motivo, in disparte il rilievo che non dà conto del come e del perché la
giurisprudenza evocata sarebbe stata pertinente e quello ulteriore che si
fonda su atti, citati a pagina 17, senza alcuna riproduzione diretta od
indiretta, con rinvio in questo secondo caso alla parte dell'atto
corrispondente all'indiretta riproduzione, con conseguente assoluta
mancanza di chiarezza sotto il primo profilo e di osservanza dell'art. 366
n. 6 c.p.c. sotto il secondo, riesce del tutto incomprensibile per la
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
seguente ragione: dalla sentenza impugnata emerge che:
a)
la ricorrente
aveva introdotto una prima azione con citazione del 12 luglio 2005, con
cui aveva chiesto la corresponsione dell'indennizzo di polizza e che il
relativo giudizio venne, però, dichiarato estinto dal giudice adìto con
ordinanza del 12 aprile 2007;
b)
successivamente la ricorrente introdusse
l'azione di risarcimento danni "dipendente dalla mancata
"esecuzione in
buona fede"del
contratto di assicurazione" con un nuovo atto di citazione
notificato il 7 novembre 2008, che è quello che ha dato corso al presente
giudizio. Ebbene, è palese che la prima azione aveva determinato
l'interruzione della prescrizione del diritto all'indennizzo e reso irrilevante
ogni atteggiamento in ordine alla perizia contrattuale della società
assicuratrice ai fini del corso della prescrizione. Tale corso subì l'effetto
interruttivo c.d. istantaneo e, nel contempo, a norma del secondo comma
dell'art. 2945 c.c., il c.d. effetto interruttivo permanente o sospensivo del
corso della prescrizione (altrimenti
ex novo iniziato dalla notifica della
citazione). Senonché, a norma del terzo comma di detta norma, tale
effetto interruttivo permanente o sospensivo venne meno per effetto
dell'estinzione e lasciò intatto solo l'effetto interruttivo istantaneo. Ne
segue che, allorquando venne introdotto il successivo giudizio con la
citazione del 7 novembre 2008, il decorso del termine prescrizionale di
cui al secondo comma dell'art. 2952 c.c. dal primo atto di citazione
risultava maturato. Sicché, la prospettazione del motivo - a prescindere
dai rilievi di inammissibilità - risulterebbe priva di fondamento.
Mette conto di rilevare che la mancanza di chiarezza dell'esposizione del
motivo e di osservanza dell'art. 366 n. 6 c.p.c. non consentono di
comprendere se il non meglio identificato comportamento della società
assicuratrice si sarebbe verificato nel corso del primo giudizio e
soprattutto nel lasso di tempo fra la sua estinzione e la nuova citazione.
4.
Con l'ultimo motivo - deducente violazione e falsa applicazione
dell'art. 132 cpc in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. - si censura la
sentenza per aver omesso di motivare adeguatamente sul merito della
domanda, fermandosi alla eccezione di prescrizione.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
4.1.
Si tratta di un motivo che, una volta consolidatasi la motivazione
enunciata dalla sentenza impugnata in ordine alla non proponibilità ed
inammissibilità della domanda risarcitoria, rimane assorbito, in quanto
afferisce alla mancata prova dell'infortunio, questione che evidentemente
diventa irrilevante.
5.
Il ricorso è rigettato. Per le particolari ragioni dedotte in giudizio si
dispone la compensazione delle spese. Sussistono i presupposti per il cd.
raddoppio del contributo unificato,-
-
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Ai sensi dell'art. 13
comma
1
quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dtauto per il ricorso
a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
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Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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