Ordinanza Nº 17115 della Corte Suprema di Cassazione, 11-07-2017

Presiding JudgeAMOROSO GIOVANNI
ECLIECLI:IT:CASS:2017:17115CIV
Date11 Luglio 2017
Court Rule Number17115
CourtSezioni Unite (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
ORDINANZA
sul ricorso 6480-2017 proposto da:
PIOMBI LUCIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE
BELLE ARTI 7, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE AMBROSIO,
che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BERGAMO, PROCURA
DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BERGAMO, PROCURA
GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
r
.
Civile Ord. Sez. U Num. 17115 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: CHINDEMI DOMENICO
Data pubblicazione: 11/07/2017
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
MILANO, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA
CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 382/2016 del CONSIGLIO NAZIONALE
FORENSE, depositata il 30/12/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/06/2017 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona
dell'Avvocato Generale Dott. RICCARDO FUZIO, il quale esprime
parere contrario all'accoglimento dell'istanza.
Fatto
L'avv. Lucio Piombi impugna, deducendo quattro motivi e formulando
istanza di sospensione dell'esecutività del provvedimento, la
sentenza disciplinare del consiglio nazionale forense (CNF) che ha
rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza del Consiglio
dell'ordine degli avvocati di Bergamo (COA) che gli infliggeva la
sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività
professionale per la durata di mesi tre.
All'avvocato Piombi veniva contestata, a seguito di esposto del sig.
Valentino Ravasio la violazione degli artt. 6,8 e 36 canone 1, C.N.F.
poiché, senza aver ricevuto alcun specifico mandato, si sarebbe
occupato di questioni esorbitanti rispetto all'incarico professionale
effettivamente ricevuto (avente per oggetto soltanto la valutazione
delle eventuali iniziative da adottare al fine di addivenire alla divisione
di alcuni beni immobili attraverso l'impugnazione di due delibere
societarie), predisponendo una nota spese concernente onorari
asseritamente dovuti in relazione a tale attività.
Veniva anche contestata la violazione degli artt. 6,8 e 43 canone 2,
C.N.F. poiché, in relazione alla citata attività professionale, avrebbe
richiesto al cliente il pagamento di somme non soltanto non dovute,
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ma anche eccessive rispetto dei canoni legali, in quanto calcolate sul
valore dell'intero patrimonio immobiliare, oggetto di possibile
divisione e non -come invece avrebbe dovuto fare-sulla quota di
pertinenza del sig. Ravasio.
Ragioni della decisione
1.
Il ricorrente formula quattro motivi di doglianza: 1. violazione del
codice deontologico forense, codice abrogato nonché del nuovo codice
deontologico forense e la illogicità e contraddittorietà della decisione
del CNF nella parte in cui dichiara di condividere interamente le
conclusioni del COA di Bergamo e per aver considerato "non dovuto"
anche il compenso per l'attività svolta su incarico effettivamente
ricevuto e non come erroneamente annoverato "abusivo";
2.violazione di legge per illogicità e sviamento di potere con
riferimento ai principi richiamati nella sentenza impugnata in tema di
applicazione delle tariffe forensi, censurando il criterio di calcolo
applicato dal COA per valutare e sanzionare la condotta dell'incolpato;
3 violazione di legge in relazione al principio di tipicità degli illeciti e
sanzioni disciplinari ed ai criteri applicativi della nuova disciplina
prevista dal nuovo codice deontologico forense; 4. violazione di legge
in ordine alla proporzionalità della sanzione irrogata a suo carico dagli
organi disciplinari.
2.
Nessuno di tali motivi è dotato del presupposto della manifesta
fondatezza dei fini della concessione della sospensione dell'esecutività
del provvedimento.
I motivi che precedono sono inammissibili nella parte in cui censurano
sostanzialmente la sentenza, sia pure sotto il profilo formale della
violazione di legge, per un vizio motivazionale cancellato dall'art. 54,
d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modif. in I. 7 agosto 2012, n.
134, applicabile anche alle decisioni d'appello del CNF che come
quella all'esame sono state pubblicate dopo 1'11 settembre 2012
(Cass. sez. un. nn. 8053 s. del 2014) e, comunque, mancano del
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necessario fumus, ai fini della concessione della sospensione
richiesta.
In relazione al primo motivo non sussiste contraddittorietà della
motivazione della sentenza quando si parla di "competenze non
dovute", non avendo
il CNF confuso i piani delle diverse
contestazioni, nei due capi di incolpazione,
dei fatti
aventi ad
oggetto l'aver svolto attività professionale oltre i limiti del mandato
ed avere richiesto competenze, per l'attività intra-mandato, non
corrispondenti ai criteri delle tariffe forensi (cfr pag. 15 sentenza).
In relazione al secondo motivo va osservato che, nell'ottica della
sentenza, ha valore rafforzativo il richiamo alle tariffe e ai criteri di
cui al d.m. n. 127/2004 e alla relativa giurisprudenza, avendo il CNF
affermato l'eccessività delle competenze richieste mediante l'uso
scorretto dello scaglione corrispondente all'intero valore della
controversia, dovendo applicarsi altri criteri
ai fini della
determinazione del valore della causa (cfr pag. 21 sentenza)
In relazione al terzo e quarto motivo la giurisprudenza di questa corte
ha già affermato che i Consigli locali dell'ordine degli avvocati
esercitano funzioni amministrative e non giurisdizionali, svolgendo i
relativi compiti nei confronti dei professionisti appartenenti all'ordine
forense a livello locale e, quindi, all'interno del gruppo costituito dai
professionisti stessi e per la tutela degli interessi della classe
professionale rappresentata a quel livello. Pertanto, la funzione
disciplinare esercitata da tali organi, così in sede di promozione come
in sede di decisione del procedimento, risulta manifestazione d'un
potere amministrativo, attribuito dalla legge per l'attuazione del
rapporto che si instaura con l'appartenenza a quel medesimo ordine
dal quale sono legittimamente stabiliti i criteri di conformità o meno
dei comportamenti tenuti dai propri appartenenti rispetto ai fini che
l'associazionismo professionale intende perseguire per la più diretta
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ed immediata protezione di tali fini e soltanto di essi (Cass. ez. U,
Sentenza n. 9097 del 03/05/2005)
Anche nel nuovo codice deontologico, fondato sulla tendenziale
tipizzazione degli illeciti deontologici degli avvocati, tali principi
trovano applicazione, in quanto attraverso il sintagma " per quanto
possibile", previsto dall'articolo tre, comma tre, I. 247/2012 è
possibile contestare l'illecito anche sulla base della norma di chiusura
che prevede che " la professione forense deve essere esercitata con
indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e
competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e
rispettando i principi della corretta e leale concorrenza"
Il nuovo codice deontologico ha previsto, degli articoli 9 e 12 i doveri
fondamentali sanciti dalla I. n. 247/2012 legittimando la trasposizione
delle vecchie regole nel nuovo codice deontologico.
Anche con riferimento all'apparato sanzionatorio, ispirato alla
tendenziale tipizzazione delle sanzioni, è prevista nel nuovo codice
deontologico, entrato in vigore il 16 dicembre 2014, una disciplina
analiticamente strutturata negli art. 20 e 21 che consente di
rapportare la sanzione alle condizioni soggettive dell'incolpato e alle
circostanze in cui si sono realizzati i fatti contestati.
Il CNF, con riferimento al quarto motivo, ha graduato la pena, in
applicazione del criterio previsto dal citato articolo 21 cit., con
valutazione non soggetta a sindacato di legittimità non rivestendo
certamente la valutazione del CNF i caratteri di abnormità.
Le deliberazioni con le quali il Consiglio nazionale forense procede alla
determinazione dei principi di deontologia professionale e delle ipotesi
di violazione degli stessi costituiscono regolamenti adottati da
un'autorità non statuale in forza di autonomo potere in materia che
ripete la sua disciplina da leggi speciali, in conformità dell'art. 3,
secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale, onde,
trattandosi di legittima fonte secondaria di produzione giuridica, va
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esclusa qualsiasi lesione del principio di legalità, considerando altresì
non tanto le tipologie delle pene disciplinari quanto l'entità delle
stesse tra un minimo ed un massimo che ove graduabili, siano
prestabilite dalla normativa statuale (R.D.L. 27 novembre 1933, n.
1578) (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9097 del 03/05/2005)
Va conseguentemente rigettata la richiesta di sospensione del
provvedimento impugnato
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività
difensiva degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta l'istanza di sospensione della sentenza impugnata.
Così deciso nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili il 6
giugno 2017
V, President
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