N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 2011

IL TRIBUNALE Riunito in camera di consiglio, sciogliendo la riserva assunta il 21 giugno 2011, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di prevenzione nei confronti di Ginex Maria Giovanna, Messina Francesco, Messina Maria, Gucciardo Alfonso, Messina Giuseppina,

Burgio Calogero, Messina Giuseppe, Fuca' Rosalia, Messina Tiziana, successori a titolo universale di Messina Arturo, nato a Agrigento 1'8 dicembre 1945, deceduto il 13 aprile 2008, su proposta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione dell'8 aprile 2009 (pervenuta il 15 aprile 2010) di applicazione della misura di prevenzione della confisca dei beni gia' appartenuti al defunto e pervenuti per successione ereditaria;

Visto il decreto di sequestro n. 19/2010 del 5 luglio 2010, adottato da questo Tribunale a norma degli artt. 2-bis c. 6-bis e 2-ter c. 11 legge 31 maggio 1965, n. 575;

Esaminati gli atti;

Preso atto delle conclusioni formulate in udienza dalle parti in ordine alla misura di prevenzione richiesta: il P.M., riportandosi alla proposta, ha insistito per la confisca dei beni; la difesa ha chiesto il rigetto della proposta ed il dissequestro dei beni;

Dato atto che la difesa ha eccepito costituzionale dell'art.

2-bis c. 6-bis legge n. 575/1965;

Ritenuto necessario sospendere la deliberazione al fine di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2-bis c.

6-bis legge n. 575/1965 e dell'art. 2-ter c. 11 legge n. 575/1965;

Osserva

Il procedimento La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo Sezione Misure di Prevenzione, in data 8 aprile 2009, ha proposto a questo Tribunale l'adozione della misura di prevenzione patrimoniale (sequestro e successiva confisca) dei beni ritenuti gia' nella disponibilita' di Messina Arturo, nato ad Agrigento 1'8 dicembre 1945, deceduto il 13 aprile 2008. L'Autorita' proponente ha evidenziato la sussistenza della pericolosita' sociale di Messina, gia' positivamente riscontrata da questo Tribunale, che con decreto del 23 maggio 2000 (def. 10 luglio 2002) gli aveva applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni quattro, ritenendolo soggetto appartenente all'organizzazione criminale di stampo mafioso denominata 'Cosa Nostra'.

Sono stati, poi, evidenziati gli esiti di alcuni processi penali che si sono conclusi con altrettante condanne definitive di Messina e che hanno acclarato la sua affiliazione alla predetta organizzazione criminale ed, in particolare, alla sua articolazione territoriale ('famiglia') operante nel territorio di Agrigento-Villaseta, sino a raggiungervi il ruolo di vertice.

Si tratta, in particolare:

  1. della sentenza adottata dalla Corte d'Appello di Palermo il 20 giugno 1990, irrevocabile il 28 giugno 1991 (in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Agrigento del 23 luglio 1987), nella quale Messina Arturo e' stato condannato alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione per il reato di cui all'art. 416-bis c.p., commesso nel 1985;

  2. della sentenza adottata dalla Corte d'Appello di Palermo 1'8 febbraio 2001, irrevocabile il 12 aprile 2002 (in parziale riforma della sentenza del GIP del Tribunale di Palermo del 18 gennaio 2000), nella quale Messina Arturo e' stato condannato alla pena di anni 7 e mesi 4 di reclusione e £ 18.000.000 di multa, tra gli altri, per i reato di estorsione continuata e danneggiamento, commessi dal 3 febbraio 1994 al 9 marzo 1998;

  3. soprattutto, della sentenza adottata dalla Corte d'Assise d'Appello di Palermo il 22 marzo 2003, irrevocabile l'11 ottobre 2004 (in parziale riforma della sentenza della Corte d'Assise di Agrigento del 18 luglio 2001 cd. 'Akragas'), con la quale Messina e' stato condannato all'ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi, per associazione di stampo mafioso omicidio, porto e detenzione di armi;

    commessi tra il 1993 ed il 1999, sentenza nella quale e' stata esaminata la posizione di oltre 50 imputati ed e' stato ricostruito l'organigramma delle due associazioni di stampo mafioso (Cosa Nostra e Stidda) che, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, si sono fronteggiate in una sanguinosa guerra per il controllo delle attivita' criminali nella provincia di Agrigento. In tale sentenza, e' stata non solo accertato il ruolo di capo del mandamento mafioso di Agrigento e di vice capo della provincia mafiosa di Agrigento del proposto in quegli anni, ma anche il suo ruolo di mandante ed organizzatore di alcuni omicidi commessi nell'ambito della predetta guerra di mafia.

  4. Infine, la sentenza della Corte d'Appello di Palermo del 25 marzo 2005, irrevocabile il 10 novembre 2006, con la quale Messina Arturo e' stato condannato alla pena della reclusione per anni 11 e alla multa di € 2.000,00, per il delitto di estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso, commesso tra il 1997 ed il 1999.

    A fronte di tali emergenze, il Tribunale ha senz'altro ritenuto integrato il presupposto soggettivo della pericolosita' 'qualificata', richiesto per l'applicazione delle misure di prevenzione sia personali che patrimoniali.

    La Procura ha richiesto la misura patrimoniale sulla base del disposto dell'art. 2-ter c. 11 della legge n. 575/1965, introdotto dal d.l. 92/2008, che prevede che 'la confisca puo' essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso'.

    Conformemente a tale dettato normativo, sono stati individuati come eredi la moglie di Messina Arturo (Ginex Maria Giovanna) ed i figli (Messina Francesco, Messina Maria, Messina Giuseppina, Messina Giuseppe e Messina Tiziana) ed e' stato richiesto il sequestro anticipato di numerosi beni (immobili, mobili registrati, rapporti bancari ed assicurativi, nonche' un'azienda di panificazione) intestati ai predetti, pervenuti sia iure successionis, sia per donazione dal de cuius, sia, infine, acquistati in base ad altro titolo da terzi estranei.

    In tale modo, la proposta e' stata estesa anche a beni non rientranti nella successione ereditaria e acquistati dai figli di Messina autonomamente, alcuni dei quali cointestati ai rispettivi coniugi (Gucciardo Alfonso, marito di Messina Maria; Burgio Calogero, marito di Messina Giuseppina; Fuca' Rosalia, moglie di Messina Giuseppe).

    Il Tribunale ha parzialmente accolto la proposta di sequestro anticipato, escludendo i beni risultanti nella titolarita' esclusiva dei coniugi dei figli di Messina Arturo.

    Nel corso del procedimento camerale, piu' volte rinviato su richiesta della difesa, e' stata acquisita su supporto informatico la sentenza della Corte d'Assise di Agrigento del 18 luglio 2001 (cd.

    'Akragas').

    Inoltre, sono stati prodotti documenti solo con riferimento ad un immobile sequestrato a Messina Giuseppina ed a Burgio Calogero (cfr.

    istanza di dissequestro depositata il 27 luglio 2010), ancorche' piu' volte il difensore abbia rappresentato di avere in corso una ricerca documentale ed anticipato di voler produrre un elaborato tecnico.

    Nel corso dell'udienza di conclusione, i difensori degli eredi hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'intero comma 6-bis dell'art. 2-ter della legge n. 575/1965, per contrasto con gli artt. 24, 27, 42 e 111 della Costituzione, depositando memoria illustrativa delle ragioni della ritenuta illegittimita'.

    L'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla difesa con riferimento all'art. 2-bis c. 6-bis legge n. 575/1965.

    La difesa degli eredi di Messina Arturo ha sollevato l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'intero comma 6-bis dell'art.

    2-bis della legge n. 575/1965, per contrasto con gli artt. 24, 27, 42 e 111 della Costituzione.

    Ad avviso della difesa il sistema delle misure di prevenzione delineato a seguito delle riforme legislative dell'art. 2-bis legge n. 575/1965 (operate dalla legge 24 luglio 2008, n. 125 e dalla legge 15 luglio 2009, n. 94) si porrebbe, anzitutto, in netto contrasto con l'art. 111 Cost.

    Secondo il difensore, infatti, la separazione della misura patrimoniale da quella personale avrebbe modificato la natura della confisca di prevenzione: da misura di carattere preventivo o amministrativo, essa sarebbe divenuta una vera e propria sanzione penale, con conseguente necessita' di applicare i principi costituzionali del giusto processo e della parita' tra accusa e difesa.

    La difesa, dopo aver richiamato brevemente i recenti interventi della Corte di cassazione SS.UU. n. 13426 del 25 marzo 2010 (che ha sancito il principio della inutilizzabilita' anche nel procedimento di prevenzione delle intercettazioni disposte in violazione di legge) e della Corte costituzionale n. 93/2010 (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 legge n. 1423/1956 e dell'art. 2-ter legge n. 575/1965, nella parte in cui non consentono al proposto di richiedere che il procedimento di prevenzione si svolga con le forme della pubblica udienza), argomenta la violazione dell'art. 111 Cost. in base alla considerazione che il procedimento di prevenzione si basi 'su presunzioni atte ad intervenire su fatti sostanzialmente delittuosi dei quali non e' richiesta alcuna prova' ed, in particolare, con riferimento alla posizione degli eredi, sulla presunzione della illecita provenienza dei beni pervenuti iure successionis.

    L'esistenza di siffatta presunzione, che sino all'esistenza in vita del proposto determinerebbe solo una inversione dell'onere della prova (secondo la difesa, gia' di per se' violativa del principio di presunzione di non colpevolezza e del diritto di tacere del reo e, pertanto, in contrasto con l'art. 27 Cost.), si trasformerebbe, in caso di procedimento nei confronti degli eredi, in una vera e propria presunzione iuris et de iure, stante la difficolta' di dimostrare la legittima provenienza dei beni del de cuius dovute al decorso del tempo ed all'impossibilita'...

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