n. 283 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 ottobre 2013 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da: 1) Guidi Guido Andrea, nato a Milano il 24 novembre 1947;

2) Rubino Edoardo, nato a Latisana il 20 settembre 1941;

Avverso la sentenza del 2 maggio 2012 della Corte di appello di Roma;

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

Udita la relazione svolta dal consigliere Vincenzo Rotundo;

Udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Carlo Destro, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi, previa qualificazione della imputazione contestata come violazione dell'art. 377 cod. pen.;

Udito per gli imputati l'avv. Iolanda Campolo, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi. Ritenuto in fatto 1. - L'oggetto del processo e' costituito dalla condotta di alcuni soggetti che consegnavano ad un consulente tecnico del Pubblico Ministero una somma di denaro (da quello simulatamente accettata) allo scopo di fargli predisporre una consulenza falsa. In particolare, la vicenda processuale in esame trae origine da un incidente aereo, avvenuto il 1° giugno 2003, nello spazio sovrastante l'aeroporto di Milano Linate, che causo' la caduta di un aeromobile della compagnia Eurojet su un capannone industriale e la morte del pilota e del copilota. Durante le indagini preliminari che seguirono, il Pubblico Ministero nomino' un consulente tecnico, ex art. 359 cod. proc. pen., nella persona dei sig. Cimaglia, funzionario Enac. Nel corso degli accertamenti tecnici, il consulente citato fu avvicinato da un suo conoscente e collega, tale Corrado Sghinolfi, ispettore Enac a Milano ed addetto al controllo operativo di Eurojet, il quale gli prospetto' la possibilita' di ottenere una grossa somma di denaro in cambio di un elaborato tecnico favorevole alla compagnia aerea. Il Cimaglia finse di accettare ma avviso' immediatamente il Pubblico Ministero, che predispose attivita' investigativa che consentisse la prosecuzione della trattativa corruttiva, sia pure sotto il controllo della polizia giudiziaria, in modo che venissero individuate tutte le possibili responsabilita'. All'esito dell'indagine, emersero profili di responsabilita' nei confronti del citato Sghinolfi e di Guido Andrea Guidi ed Edoardo Rubino (soci della compagnia aerea ed il secondo anche legale rappresentante) nonche' dell'avv. Angelo Palermo, difensore di questi ultimi, il quale, secondo quanto emerso, avrebbe avuto il compito di indicare quale avrebbe dovuto essere il contenuto della consulenza tecnica per risultare favorevole ai suoi assistiti. Il Pubblico Ministero, con gli elementi acquisiti a carico dei citati indagati, chiese ed ottenne dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ordinanza cautelare per il delitto di corruzione in atti giudiziari, di cui all'art. 319-ter cod. pen. Gia' in sede di interrogatori di garanzia gli indagati ammisero la materialita' dei fatti storici, seppure cercando di giustificare l'offerta corruttiva con la finalita' di evitare una consulenza sfavorevole da parte del tecnico nominato dal Pubblico Ministero, ritenuto in qualche modo prevenuto nei confronti della societa' e dei suoi amministratori. L'ordinanza venne annullata dal Tribunale del riesame per erronea qualificazione del fatto: non essendosi conclusa la trattativa, il reato prospettabile era quello di istigazione alla corruzione, di cui all'art. 322 cod. pen. Avverso il provvedimento del controllo cautelare propose ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. La Corte di cassazione rigetto' il ricorso, confermando che la corruzione in atti giudiziari non si era consumata. In motivazione ritenne di poter sussumere il fatto storico nell'ipotesi delittuosa di tentativo di corruzione in atti giudiziari. A cio' giunse sul presupposto che, in base alla lettera dell'art. 322 cod. pen., l'istigazione non era assolutamente configurabile quando il reato corruttivo finale preordinato era quello di cui all'art. 319-ter cod. pen. In sede di indagini venne successivamente sollevata questione sulla competenza territoriale, rimessa al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, ex art. 54-quater cod. proc. pen. L'incidente venne risolto attribuendo la competenza alla Procura della Repubblica di Roma, sul presupposto che, qualificato come istigazione alla corruzione ex art. 322 cod. pen., il reato si era consumato in Roma. Il Pubblico Ministero a cui venne trasmesso il fascicolo, all'esito delle indagini, non ritenne pero' di contestare la fattispecie delittuosa individuata dal Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ed esercito' l'azione penale nei confronti dei quattro imputati per il delitto di intralcio alla giustizia, ex art. 377 cod. pen., ritenuto commesso a Roma il 2 giugno 2006. Avendo gli imputati Guidi e Rubino optato per il rito abbreviato, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma, con sentenza del 26 novembre 2008, concordando sulla qualificazione giuridica proposta dal Pubblico Ministero, condanno' gli imputati alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ciascuno, con la sospensione condizionale. Con successiva ordinanza, emessa il 23 gennaio 2009, stesso giorno in cui venne depositata la motivazione, il Giudice dell'udienza preliminare opero' una correzione del dispositivo, irrogando la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata della pena principale, anch'essa sospesa. In motivazione, il Giudice evidenzio' come la fattispecie di cui all'art. 377 cod. pen. era da considerarsi speciale rispetto a quella dell'art. 322 cod. pen. e che essa andava ritenuta sussistente, nel caso in contestazione, in quanto l'attivita' allettatrice, svolta nei confronti del collaboratore del Pubblico Ministero, era finalizzata ad ottenere una testimonianza favorevole nel futuro dibattimento;

il consulente tecnico, infatti, avrebbe dovuto essere considerato, nella prospettiva del processo, un testimone, giusta il disposto dell'art. 501 cod. proc. pen. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 2 maggio 2012 pronunciata a seguito di impugnazione degli imputati, in riforma della sentenza del primo giudice - riqualificata la condotta contestata ai sensi degli artt. 110 e 322 cod. pen. - determino' la pena, tenuto conto della diminuente del rito, in anni uno di reclusione ciascuno e revoco' la pena accessoria. Secondo la Corte di appello non era possibile qualificare il fatto in termini di intralcio alla giustizia, essendo questo delitto prospettabile solo nel caso in cui il soggetto avvicinato rivesta gia' la qualifica di teste, per essere stato citato con questo ruolo a partecipare al giudizio. Pur condividendo l'impostazione del primo giudice sul carattere speciale della fattispecie di cui all'art. 377 cod. pen. rispetto a quella punita nel capo dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, la Corte di appello di Roma ritenne, pero', per la ragione da ultimo indicata, inapplicabile la norma speciale. Confermo' quindi la declaratoria di responsabilita', previa modificazione del titolo del reato. A sostegno della propria tesi, la Corte distrettuale richiamo' anche l'unico arresto edito della Suprema Corte, che aveva qualificato la proposta corruttiva avanzata ad un consulente tecnico di un Pubblico Ministero proprio come istigazione alla corruzione. 2. - Contro la decisione della Corte di appello gli imputati hanno presentato, a mezzo del medesimo difensore, ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, con cui denunciano sia la violazione dell'art. 322 cod. pen. sia il vizio di motivazione. Dopo una lunga premessa in cui viene ricostruito il fatto ed operata una alquanto esaustiva rassegna della giurisprudenza in argomento, evidenziano come, alla luce dell'impostazione sistematica del codice, il reato commesso dal consulente tecnico non possa che essere inquadrato, in astratto, fra le ipotesi dei reati contro l'amministrazione della giustizia. Il legislatore, infatti, ha dimostrato, con le sue scelte, una volonta' inequivoca: concentrare in un'apposita sezione tutte le condotte relative a reati contro l'amministrazione della giustizia. In concreto, pero', non sarebbe ipotizzabile il delitto di cui all'art. 377 cod. pen. perche' mancherebbe il requisito soggettivo;

nel caso di specie, infatti, il consulente tecnico, non avendo ancora assunto la veste di testimone, non poteva essere annoverato fra i soggetti nei cui confronti ha rilevanza penale una attivita' subornatrice. Ravvisare, d'altro canto, nel fatto un'ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione (e quindi il delitto di cui all'art. 322 cod. pen.), oltre ad apparire una scelta in contrasto con le indicazioni del legislatore, incontrerebbe un ostacolo insormontabile, rappresentato dalla violazione degli artt. 3 e 25 Cost. Infatti, il tentativo di corruzione di un consulente tecnico di parte verrebbe punito piu' severamente del tentativo di corruzione nei confronti del perito o del consulente tecnico del giudice civile o del consulente tecnico del Pubblico Ministero gia' ammesso a deporre in dibattimento. Andrebbe, in conclusione, ravvisata, secondo i ricorrenti, la fattispecie di istigazione a commettere falsa consulenza (artt. 115, 380 cod. pen.), che, non essendo stata accolta, sarebbe non punibile ex art. 115 cod. pen. In subordine, i ricorrenti eccepiscono la incostituzionalita' dell'art. 322, comma secondo, cod. pen. per contrasto con l'art. 3 Cost. 3. - Con ordinanza del 14 marzo 2013, la Sesta Sezione penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, sul presupposto di un potenziale contrasto di giurisprudenza, la questione cosi' di seguito riassumibile: «se sia configurabile il reato di intralcio alla giustizia di cui all'art. 377 cod. pen. nel caso di offerta o di promessa di denaro o di altra utilita' al consulente tecnico del Pubblico Ministero al fine di influire sul contenuto della consulenza, qualora il consulente...

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