n. 26 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 maggio 2012 -

IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE All'esito della presentazione in cancelleria del ricorso per decreto ingiuntivo R.G. n. 4370/2011 vertente tra: APO Scaligera S.c. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t. e Marrazzo Lorenzo rappresentati e difesi come in atti, sciolta la riserva che precede;

letti gli atti processuali;

ha pronunciato la sotto estesa Ordinanza di sollevazione d'ufficio della questione non manifestamente infondata d'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma (comma 3°), della legge 24 marzo 2012, n. 27 (pubblicata sul Supplemento ordinario n. 53/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 24 marzo 2012 n. 71 ed entrata in vigore in pari data), di conversione, contenente modificazioni ed integrazioni normative, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (pubblicato sul Supplemento ordinario n. 18/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 24 gennaio 2012 n. 19 ed entrato in vigore in pari data), in applicazione delle disposizioni, di cui: 1. All'art. 1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, pubblicata nella G.U., 20 febbraio 1948, n. 43, e recante l'intestazione "Norme sui giudizi di legittimita' costituzionale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale", che recita: "La questione d'illegittimita' costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rilevata d'ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, e' rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione";

2. All'art. 23, secondo capoverso o terzo comma, della legge ordinaria 11 marzo 1953, n. 87, pubblicata nella G.U. 14 marzo 1953, n. 62, il cui testo normativo integrale recita: "Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorita' giurisdizionale una delle parti o il Pubblico Ministero possono sollevare questione di legittimita' costituzionale mediante apposita istanza, indicando: a) le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da illegittimita' costituzionale;

  1. le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate. L'autorita' giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. La questione di legittimita' costituzionale puo' essere sollevata, di ufficio, dall'autorita' giurisdizionale davanti alla quale verte il giudizio con ordinanza contenente le indicazioni previste alle lettere a) e b) del primo comma e le disposizioni di cui al comma precedente. L'autorita' giurisdizionale ordina che a cura della Cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa ed al Pubblico Ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri od al Presidente della Giunta regionale a seconda che sia in questione una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione. L'ordinanza viene comunicata dal cancelliere anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento o al Presidente del Consiglio regionale interessato. Motivazione Ad avviso del giudicante la controversia non puo' essere decisa allo stato degli atti. Ed, invero, questo giudice nutre seri dubbi circa la legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge 24 marzo 2012, n. 27 (pubblicata sul Supplemento ordinario n. 53/L alla G.U. - Serie Generale - 24 marzo 2012 n. 71 ed entrata in vigore in pari data), di conversione, contenente modificazioni ed integrazioni normative, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (pubblicato sul Supplemento ordinario n. 18/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 24 gennaio 2012 n. 19 ed entrato in vigore in pari data), in oggetto del seguente testo normativo. 3. Le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, sino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al comma 2 e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (1) La retroattivita' evidente della norma teste' cit., inesistente nel decreto legge convertito e volta a disporre l'ultrattivita' delle sole tariffe giudiziarie dalla data d'entrata in vigore di quest'ultimo e non da quella della legge di conversione, va sottoposta al vaglio preliminare della Consulta, dacche', essendo il giudice obbligato a liquidare le spese processuali, ove mai le disposizioni cit. fossero dichiarate incostituzionali, non potrebbe procedervi, ricreandosi quel "vuoto normativo" ammesso dallo stesso Ministro della Giustizia nell'intervista del 7 febbraio u.s. - successiva all'intervento parlamentare "ex art. 2233 c.c." del 31 gennaio precedente - per cui sono state varate le "norme transitorie" retroattive prefate. I. - Premessa. E' noto come il Tribunale di Cosenza, con ordinanza del 1° febbraio 2012, ha gia' rimesso al vaglio della Corte costituzionale l'art. 9, commi 1 e 2, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (pubblicato nel Supplemento ordinario n. 18/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 24 gennaio 2012 n. 19 ed entrato in vigore in pari data), sull'abolizione delle tariffe professionali, ritenendo che le nuove previsioni si pongono in contrasto con il principio costituzionale della ragionevolezza della legge, nella parte in cui non prevedono la disciplina transitoria limitata al periodo intercorrente tra l'entrata in vigore della norme e l'adozione da parte del Ministro competente di nuovi parametri per le liquidazioni giudiziali. Come sottolineato nell'ordinanza di rimessione della questione, il problema si pone proprio con riguardo alle liquidazioni da parte di un organo giurisdizionale, per le quali solamente il cd. decreto «Cresci Italia», dopo aver disposto l'abolizione di tutte le tariffe, minime e massime, ha previsto che il compenso del professionista va determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro della giustizia. Il cit. decreto legge n. 1/2012, abolendo le tariffe professionali e rimandando l'indicazione dei parametri a un decreto del ministero della Giustizia, lascia un vuoto normativo che investe le liquidazioni giudiziali, non essendo ancora intervenuto il decreto ministeriale. La questione ha aperto la strada a differenti correnti interpretative all'interno della stessa magistratura e se alcuni hanno ipotizzato, in assenza di parametri determinati, il ricorso all'equita' da parte del giudice, altri hanno invece rilevato come l'equita' giudiziale possa essere esercitata per determinare l'ammontare preciso degli onorari di difesa solo dopo l'adozione di appositi parametri da parte del Ministero, non anche prima, individuando autonomamente i criteri della liquidazione. Ne', come ancora riportato nell'ordinanza di rimessione, potrebbe sostenersi, nella vacanza del provvedimento, l'applicazione ultrattiva delle tariffe ormai abrogate, vigendo in materia di norme processuali il principio del "tempus regit actum", per cui si impone l'applicazione delle leggi vigenti, e dunque del decreto legge n. 1/2012, regolarmente entrato in vigore il 24 gennaio scorso. Il fenomeno non e' nuovo nell'ordinamento giuridico nazionale, ma non si e' mai verificato in dimensioni di' questa portata, perche':

    1. Il decreto legge n. 1 del 2012 ha sostituito un apparato tariffario con un sistema parametrale, affatto sconosciuto;

    B) In passato ogni intervento legislativo e' stato accompagnato da un decreto ministeriale contemporaneo e contestuale di determinazione delle tariffe professionali. Infatti, l'attuale testo unico sulle spese di giustizia, assicurando, a mezzo della previsione di cui agli articoli da 49 a 56, 275 e 299, 301 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 155, la permanenza in vigore dell'art. 4 della legge 8 luglio 1980, n. 319, e' stato preceduto dal decreto ministeriale 30 maggio 2002 - stessa data del D.P.R. teste' cit. - pubblicato nella G.U. in pari data n. 182, mentre il testo unico pure teste' cit. e' stato pubblicato sul Supplemento ordinario n. 126/L alla G.U. seguente 15 giugno 2002, n. 139. Nel caso di specie, invece, l'Italia e' stata condannata nel 2011 dalla Commissione dell'U.E. al pagamento di €

    500.000,00 (Euro cinquecentomila) al giorno dal 31 gennaio 2012 se non si fosse adeguata alla liberalizzazione dei corrispettivi nei contratti di prestazione professionale intellettuale, stabiliti dall'art. 2233 c.c., e delle spese di giustizia (e stragiudiziali, arbitrali ed amministrative connesse a liti in potenza od in atto coinvolgenti due o piu' parti), fissate, per gli avvocati, dal decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, pubblicato sul Supplemento ordinario n. 95/L alla G.U. 18 maggio 2004, n. 115, a titolo integrativo del rinvio recettizio, che si legge nell'art. 64, del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, pubblicato nella G.U. 5 dicembre 1933, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, a sua volta pubblicata nella G.U.30 gennaio 1934, n. 24 (ma ora abrogato dalle disposizioni, di cui ai commi 1 e 5 del 24 gennaio 2012, n. 1 [pubblicato nel Supplemento ordinario n. 18/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - 24 gennaio 2012 n. 19 ed entrato in vigore in pari data], convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 [pubblicata sul Supplemento ordinario n. 53/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - 24 marzo 2012 n. 71 ed entrata in vigore in pari data]). Le spese di giustizia, per...

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